Manifesto del Partito Comunista: differenze tra le versioni

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=== Borghesi e proletari ===
Karl Marx e Friedrich Engels analizzano la storia come lotta di classe, sempre esistita e combattuta tra oppressi ed oppressori. I due sottolineano come questo contrasto non solo sia ancora presente nella moderna società borghese, ma che piuttosto si sia addirittura inasprito, poiché, in seguito a grandi trasformazioni sociali connesse alla trasformazione del modello produttivo, esso è animato da solo due grandi classi: la borghesia e il proletariato. La prima, classe rivoluzionaria nel Basso Medioevo e allinizuo dell' età moderna, dopo aver annientato la struttura economica e politica allora esistente, ormai inadeguata ed obsoleta, si consacrò come classe dominante a tutti gli effetti durante la rivoluzione industriali. La seconda, nata in seguito alla nascita del modello economico capitalistico, risulta essere quella oppressa ma potenzialmente dominante.
 
La base su cui la borghesia ha costruito la propria forza è sostanzialmente lo sfruttamento del proletariato, tutelato dai governi, definiti da Marx ed Engels ''un comitato che amministra gli affari comuni di tutta la classe borghese''.<ref>''Manifesto del Partito Comunista'', [[s:Il Manifesto del Partito Comunista/I#Il governo moderno|cap. I]]</ref> Tuttavia con lo sviluppo dell'industria la classe operaia, le cui file tendono ad ingrossarsi sempre di più anche di parti della piccola-media borghesia e di borghesia declassata, è destinata a crescere in numero e in forza. La compressione dei salari tende a far sì che le condizioni di vita dei lavoratori diventino man mano sempre più simili, così che essi tendono ad organizzarsi in associazioni permanenti, per difendere i loro diritti. Alla luce di tali premesse, il [[proletariato]] risulta essere destinato ad abbattere la classe borghese insieme con il modello economico da essa introdotto: il capitalismo.
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In seguito alla [[rivoluzione]] in cui il proletariato conquisterà il potere politico, dovrà esserci necessariamente una fase di transizione, definita "dittatura del proletariato", durante cui verranno utilizzati dalle associazioni operaie i mezzi di produzione borghese, messi a disposizione dallo [[Stato]], per trasformare radicalmente la società: a uno Stato borghese si sostituirà quindi uno Stato proletario, a una dittatura della borghesia una [[dittatura del proletariato]]. E' necessario specificare però che Marx ha usato il termine "dittatura del proletariato", per l'attuazione successiva del comunismo, solo successivamente al ''Manifesto'', ossia nel 1852,<ref>(da ''Il contributo di Marx alla teoria delle classi'', in ''Protagonisti e testi della filosofia, volume C'', [[Nicola Abbagnano|N. Abbagnano]] e [[Giovanni Fornero|G. Fornero]], Paravia, 2000, pag. 356).</ref> nella lettera a [[Joseph Weydemeyer|Weydemeyer]], e nel 1875, nella ''[[Critica del Programma di Gotha]]'').
 
Sebbene già nel ''Manifesto'' si parli di "interventi dispotici nel diritto di proprietà e nei rapporti borghesi di produzione", il termine preciso di dittatura del proletariato appare solo nella già citata lettera a Weydemeyer, in cui si afferma che "la lotta delle classi necessariamente conduce alla dittatura del proletariato". L'espressione "classica" di questa teoria la si trova poi nella ''Critica del Programma di Gotha'' (1875) in cui Marx scrive che « tra la società capitalistica e la società comunista vi è il periodo della trasformazione rivoluzionaria dell'una nell'altra. Ad esso corrisponde anche un periodo di transizione, il cui Stato non può essere altro che ''la dittatura rivoluzionaria del proletariato'' ».
 
Secondo Marx la dittatura del proletariato è solo una misura storica di transizione (sia pure a lungo termine), che mira tuttavia al superamento di sé medesima e di ogni forma di Stato.<ref>''Protagonisti e testi della filosofia, volume C'', N. Abbagnano e G. Fornero, Paravia, 2000, pag. 365-66.</ref> Solo dopo questa fase transitoria si potrà attuare il [[comunismo]], che creerà una società senza classi, senza sfruttatori e sfruttati, in cui i mezzi di produzione sono gestiti dai lavoratori. Sparita la lotta di classe, sparirà anche il piano sul quale essa si sviluppava: lo Stato. Il potere pubblico infatti, che per Marx ed Engels non è altro che ''il potere di una classe organizzato per opprimerne un'altra'',<ref>''Manifesto del Partito Comunista'', [[s:Il Manifesto del Partito Comunista/II#Il potere politico|cap. II]]</ref> non sarà più politico.
 
=== Il progetto politico dei comunisti ===
Vengono proposti anche [[10 punti]], che, all'epoca della stesura del Manifesto, avevano valore di programma rivoluzionario per i paesi più progrediti. Attraverso queste dieci misure si attuarebbe quella che in seguito Marx avrebbe denominato [[Dittatura del proletariato|Dittatura del proletariato.]]. Gli stessi autori però ammettono la limitatezza di questi "principi", in quanto sono ben consci che essi sono storicamente determinati e quindi non applicabili in ogni circostanza storica.<ref>''Manifesto del Partito Comunista'', [[s:Il Manifesto del Partito Comunista/II#Punti|cap. II]]</ref><ref>''Manifesto del Partito Comunista'', [[s:Il Manifesto del Partito Comunista/Prefazione all'edizione tedesca del 1872]]</ref>
 
I dieci punti sono:
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5) Accentramento del [[mercato finanziario|credito]] in mano dello Stato mediante una [[banca]] nazionale con capitale dello Stato e [[monopolio]] esclusivo.
 
6) Accentramento di tutti i [[mezzi di trasporto]] in mano allo Stato.
 
7) Moltiplicazione delle fabbriche nazionali, degli strumenti di produzione, dissodamento e miglioramento dei terreni secondo un [[piano (strategia)|piano]] collettivo.
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10) [[pubblica istruzione|Istruzione]] pubblica e gratuita di tutti i fanciulli. Eliminazione del lavoro dei fanciulli nelle fabbriche nella sua forma attuale. Combinazione dell'istruzione con la produzione materiale e così via.
 
C'è da rilevare però che i regimi comunisti del '900 (Unione Sovietica e paesi satelliti, Cina, Corea del Nord, Cuba, etc.) hanno preso alla lettera questi dieci punti, ritenendoli una sorta di dogma, e hanno cercato di applicarli. Forse essi costituiscono ancora oggigiorno i principi più importanti del comunismo per la maggior parte delle persone di media cultura del Mondo Occidentale. Quando si parla di "statalizzazione dei mezzi di produzione" si allude pertanto da parte di molti intellettuali (soprattutto fra gli avversari del Marxismo) implicitamente a questa sorta di "decalogo del comunismo", che è considerato come "statalismo". Inoltre una certa parte della critica, influenzata dal neo-liberismo, a partire dal XXI secolo ha trovato in questa "statalizzazione dei mezzi di produzione", intesa come dominio e intervento dello Stato (sia dal punto di vista politico, sia economico) un'eco della concezione dello [[Stato etico]] di Hegel. Questo "statalismo" avrebbe caratterizzato soprattutto l'Unione Sovietica, dopo la morte di Lenin, con l'avvento di Stalin e in seguito (1963-1982) ''negli anni della grande stagnazione" con Breznev.
 
=== Critica del socialismo ===