Manifesto del Partito Comunista: differenze tra le versioni

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La base su cui la borghesia ha costruito la propria forza è sostanzialmente lo sfruttamento del proletariato, tutelato dai governi, definiti da Marx ed Engels ''un comitato che amministra gli affari comuni di tutta la classe borghese''.<ref>''Manifesto del Partito Comunista'', [[s:Il Manifesto del Partito Comunista/I#Il governo moderno|cap. I]]</ref> Tuttavia con lo sviluppo dell'industria la classe operaia, le cui file tendono ad ingrossarsi sempre di più anche di parti della piccola-media borghesia e di borghesia declassata, è destinata a crescere in numero e in forza. La compressione dei salari tende a far sì che le condizioni di vita dei lavoratori diventino man mano sempre più simili, così che essi tendono ad organizzarsi in associazioni permanenti, per difendere i loro diritti. Alla luce di tali premesse, il [[proletariato]] risulta essere destinato ad abbattere la classe borghese insieme con il modello economico da essa introdotto: il capitalismo.
 
In seguito alla [[rivoluzione]] in cui il proletariato conquisterà il potere politico, dovrà esserci necessariamente una fase di transizione, definita "dittatura del proletariato", durante cui verranno utilizzati dalle associazioni operaie i mezzi di produzione borghese, messi a disposizione dallo [[Stato]], per trasformare radicalmente la società: a uno Stato borghese si sostituirà quindi uno Stato proletario, a una dittatura della borghesia una [[dittatura del proletariato]]. E'È necessario specificare però che Marx ha usato il termine "dittatura del proletariato", per l'attuazione successiva del comunismo, solo successivamente al ''Manifesto'', ossia nel 1852,<ref>(da ''Il contributo di Marx alla teoria delle classi'', in ''Protagonisti e testi della filosofia, volume C'', [[Nicola Abbagnano|N. Abbagnano]] e [[Giovanni Fornero|G. Fornero]], Paravia, 2000, pag. 356).</ref> nella lettera a [[Joseph Weydemeyer|Weydemeyer]], e nel 1875, nella ''[[Critica del Programma di Gotha]]'').
 
Sebbene già nel ''Manifesto'' si parli di "interventi dispotici nel diritto di proprietà e nei rapporti borghesi di produzione", il termine preciso di dittatura del proletariato appare solo nella già citata lettera a Weydemeyer, in cui si afferma che "la lotta delle classi necessariamente conduce alla dittatura del proletariato". L'espressione "classica" di questa teoria la si trova poi nella ''Critica del Programma di Gotha'' (1875) in cui Marx scrive che « tra la società capitalistica e la società comunista vi è il periodo della trasformazione rivoluzionaria dell'una nell'altra. Ad esso corrisponde anche un periodo di transizione, il cui Stato non può essere altro che ''la dittatura rivoluzionaria del proletariato'' ».