Rabindranath Tagore: differenze tra le versioni

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==Il pensiero di Tagore==
Partendo dalla contemplazione della Natura, Tagore giunge ad una concezione monistica, al credo nell'Assoluto, l'Uno onnivadente che si trova nell'immensità dei cieli, nella varietà della natura, nella profondità della coscienza, come espresso anche dai testi filosofico-religiosi [[Upanishad]]. La visione cosmica di Tagore si configura nell'oscillazione tipicamente indiana fra [[panteismo]] e [[teismo]], lanella ricerca sospirosa di Dio e lnell'accettazione della vita in ogni suo aspetto, come testimoniato dai testi filosofico-religiosi [[Upanishad]].<ref>Tagore fu il poeta del panteismo [[Upanishad|upanisadico]] ([[Giuseppe Faggin]], ''Storia della filosofia'', Principato editore, Milano, 1983, vol. 3, pag. 320).</ref> Tagore è sempre colpito dallo spettacolo della natura, sia essa benevola o in trepidante attesa dell'imminente [[monsone]], o sconvolta dal "cupo amore" delle nubi, per cui "geme la foresta / e trema il fiore" (''Gitanjali'', 35). E il Sole nel cielo appare al poeta come l'immagine della potenza cosmica: "Al Sole / generatore del mondo, / nella cui gloriosa luce / l'uomo primieramente vide la verace forma di Dio". <ref>R. Tagore, ''Le ali della morte'', Guanda editore, Parma, 1961, p. 73.</ref>
Per il poeta ogni creatura vale in quanto è tale, senza le inique distinzioni di casta o di classe che sono negative. Ne è un esempio l'amicizia tra la piccola bengalese Mini e il rude afghano ceche vede nella bambina la propria figlioletta lontana, conferendofatto che conferisce al racconto ''Kabuliwalla'' (nel volume ''Il malefizio delle pietre'') un valore morale universale.
 
Il nonno di Tagore, principe Dvarkanath, aveva fondato nel [[1828]] insieme con Rammohan Roy il ''Brahmo samaj'', "la congregazione di Dio", il movimento teistico, ispirato da idee cristiane e islamiche, del quale il padre del poeta fu uno dei capi. E Tagore risentì dell'influsso di questa corrente di pensiero.
Il poeta fu molto attento anche agli umili e ai derelitti, nei quali vedeva la presenza di Dio: "dove sta il più disprezzabile di tutti, / il più povero dei poveri / Tu regni" (''Gitanjali'' 107).<ref>Introduzione di Carlo Della Casa, Rabindranath Tagore, ''Ghitangioli'', Guanda editore, Parma, 1964.</ref>