Unni: differenze tra le versioni

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Gli Unni erano un popolo bellicoso, probabilmente di origine mongola, sebbene la loro identificazione con gli Hsiung-Nu non sia certa. Lo storico romano [[Ammiano Marcellino]], scrivendo intorno al 390, in una digressione della sua opera dipinge gli Unni come un popolo rozzo e incivile:
{{Citazione|Il popolo degli Unni… supera ogni limite di barbarie. Siccome hanno l'abitudine di solcare profondamente con un coltello i bambini appena nati, affinché il vigore della barba, quando spunta al momento debito, si indebolisca a causa delle rughe delle cicatrici, invecchiano imberbi, senz'alcuna bellezza e simili ad eunuchi. Hanno membra robuste e salde, grosso collo e sono stranamente brutti e curvi, tanto che si potrebbero ritenere animali bipedi o simili a quei tronchi grossolanamente scolpiti che si trovano sui parapetti dei ponti. …sono così rozzi nel tenore di vita da non aver bisogno né di fuoco né di cibi conditi, ma si nutrono di radici di erbe selvatiche e di carne cruda di qualsiasi animale, che riscaldano per un po' di tempo tra le loro cosce e il dorso dei cavalli. … Adoperano vesti di lino oppure fatte di topi selvatici, né dispongono di una veste di casa e di un'altra per fuori. Ma una volta che abbiano fermato al collo una tunica di colore sbiadito, non la depongono né la mutano finché, logorata dal lungo uso, non sia ridotta a brandelli. … E nelle assemblee…, tutti in questo medesimo atteggiamento discutono degli interessi comuni. … Nessuno di loro ara né tocca mai la stiva di un aratro. Infatti tutti vagano senza aver sedi fisse, senza una casa o una legge o uno stabile tenore di vita. Assomigliano a gente in continua fuga sui carri che fungono loro da abitazione. Quivi le mogli tessono loro le orribili vesti, qui si accoppiano ai figli sino alla pubertà… Sono infidi e incostanti nelle tregue, mobilissimi ad ogni soffio di una nuova speranza e sacrificano ogni sentimento ad un violentissimo furore. Ignorano profondamente, come animali privi di ragione, il bene ed il male, sono ambigui ed oscuri quando parlano, né mai sono legati dal rispetto per una religione o superstizione, ma ardono di un'immensa avidità di oro. A tal punto sono mutevoli di temperamento e facili all'ira, che spesso in un sol giorno, senza alcuna provocazione, più volte tradiscono gli amici e nello stesso modo, senza bisogno che alcuno li plachi, si rappacificano.|Ammiano, XXXI,2.}}
La descrizione di Ammiano, secondo lo storico revisionista [[Christopher Kelly]] non è del tutto attendibile, in quanto influenzata dal topos letterario della contrapposizione tra lo straniero percepito come "rozzo" e "incivile" e i "civilizzati" Romani. A detta dello storico australiano, tutti i popoli al di fuori del confine romano, erano considerati razze inferiori e senza leggi, e venivano caratterizzati dunque come brutali, disonesti, irrazionali, feroci, incolti, senza una buona forma di governo o una vera religione.<ref name=Kel17-36/> Inoltre la descrizione di Ammiano è influenzata dai suoi modelli letterari (in primis [[Erodoto]] quando descrive gli Sciti), ed è improbabile, secondo il suddetto storico, che Ammiano abbia mai fatto personalmente conoscenza con un unno, a differenza dello storico del V secolo [[Prisco di Panion]] che visitò la corte di Attila e fa una descrizione più attendibile e positiva, e meno stereotipata degli Unni.<ref name=Kel17-36/> Evidenti errori nella descrizione di Ammiano sono ad esempio l'affermazione che vivessero sempre sui carri, perché, come attesta ad esempio Prisco, essi facevano uso delle tende, oppure l'affermazione secondo cui gli Unni non avevano "bisogno né di fuoco né di cibi conditi": infatti rinvenimenti archeologici attestano l'uso da parte degli Unni di calderoni di rame per cucinare e cuocere la carne.<ref name=Kel17-36/> Ciò, comunque, non vuol dire che la descrizione di Ammiano non contenga informazioni vere: la descrizione degli Unni come "stranamente brutti e curvi" e dunque deformi potrebbe essere motivata dalla loro usanza di appiattirsi artificialmente la zona frontale del cranio; oppure l'affermazione secondo cui non si cambiassero le vesti e non le lavassero potrebbe avere qualche fondamento per analogia con i [[Mongoli]] di [[Gengis Khan]], che imponeva ai suoi di non levarsi i propri indumenti e di non lavarli finché non fossero consunti.<ref name=Kel17-36/>
 
Giordane scrisse che gli Unni "si procuravano ferite sulle guance come segno di lutto per i guerrieri più valorosi, piangendoli non con lacrime di donne ma con il sangue degli uomini". Inoltre gli Unni praticavano la deformazione cranica, allungandosi le teste probabilmente a imitazione dei nomadi [[sarmati]] di origine indoiranica. La deformazione cranica fu una pratica molto comune nel corso della storia. Il procedimento veniva applicato sin dalla più tenera infanzia e consisteva nello stringere la testa del bambino con un bendaggio, approfittando del fatto che a quell'età il cranio era ancora molle e in crescita. Nel caso di alcuni popoli, questa pratica serviva a indicare che il ragazzo era destinato al sacerdozio, ma nel caso degli Unni se ne ignora il significato. Le scoperte archeologiche dimostrano che gli Unni fasciavano le teste di alcuni bambini, che nella vita adulta continuavano, naturalmente, ad avere la testa deformata. Per questa ragione, è sorprendente che nessuna fonte greco-romana menzioni il fenomeno; ma forse, come suggerisce lo storico John Man, "gli uomini con la testa allungata costituivano un'élite".