Battaglia del Monte Algido: differenze tra le versioni

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==Equi==
In mezzo a questo marasma politico, nel [[459 a.C.]] gli Equi attaccarono [[Tusculum]] e ne conquistarono la rocca. La riconoscenza dei romani per il determinante aiuto dato dai Tuscolani nella appena conclusa guerra servile fece muovere il console Lucio Cornelio Maluginese e le [[legione romana|legioni]] di Roma]] in aiuto della città attaccata.
Per alcuni mesi [[Quinto Fabio Vibulano]] si divise fra l'assedio di Anzio contro i Volsci e le colline di Tusculum e proprio durante una delle assenze del console i tuscolani riuscirono a scacciare, dopo averli affamati, i nemici dalla rocca. Gli Equi furono letteralmente denudati, fatti passare sotto il giogo e rimandati alle loro terre; il console, che stava tornando verso Tusculum li massacrò tutti alle falde del [[Monte Artemisio|monte Algido]].
L'anno successivo, il [[458 a.C.]], gli Equi, rotto il patto stipulato pochi mesi prima con Roma, conferirono il comando a [[Gracco Clelio]], il loro personaggio più in vista. E ricominciò il saccheggio.
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Roma inviò ambasciatori - Quinto Fabio, Publio Volumnio e Aulo Postumio - per chiedere il rispetto dell'accordo. Gracco li trattò in modo sprezzante. Il senato ordinò che un console portasse l'esercito sul monte Algido contro Gracco e che l'altro console saccheggiasse il territorio degli Equi.
 
I tribuni della plebe cercarono ancora una volta di fermare la leva ma, "provvidenzialmente" per i consoli e - stranamente - come ogni volta che i tribuni della plebe cercavano di portare avanti la discussione di una legge, addirittura un esercito di Sabini si mise a devastare l'agro romano fin sotto le mura della città. La plebe prese le armi senza discussione e furono formati due grandi eserciti. I consoli [[Gaio Nauzio Rutilo]] fu mandato nelle terre degli Equi mentre [[Lucio Minucio Esquilino Augurino]] partì con le sue legioni verso il monte Algido.
 
{{Citazione|Minucio [...] aveva posto gli accampamenti non lontano dal nemico e, pur senza aver subito gravi sconfitte, si teneva pavidamente dentro le fortificazioni. I nemici se ne accorsero e, come succede, la paura del nemico fece correre l'ardimento: di notte aggredirono il campo, ma poiché l'assalto non aveva sortito effetto, il giorno dopo presero a costruire fortificazioni tutto attorno.|''ibid'', III, 26.|Minucius [...] nam cum haud procul ab hoste castra posuisset, nulla magnopere clade accepta castris se pavidus tenebat. Quod ubi senserant hostes, crevit ex metu alieno, ut fit, audacia, et nocte adorti castra postquam parum vis aperta profecerat, munitiones postero die circumdant.|lingua=la}}