Alessandro Scarlatti: differenze tra le versioni

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==Biografia==
Nacque a Palermo il 2 maggio 1660 da Pietro Scarlatti (o Scarlata), originario di Trapani, ed Eleonora Amato. Fu battezzato il giorno seguente nella parrocchia di S. Antonio abate.<ref>L'atto di battesimo è riprodotto e trascritto in R. Pagano - L. Bianchi, ''Alessandro Scarlatti'', Torino, ERI, 1972, p. 16.</ref> Fu fratello maggiore del musicista [[Francesco Scarlatti]] edella cantante Anna Maria Scarlatti.
 
 
 
{{Citazione|Alessandro Scarlatti è un grand'uomo, e per essere così buono, riesce cattivo perché le compositioni sue sono difficilissime e cose da stanza, che in teatro non riescono, in primis chi s'intende di contrapunto le stimarà; ma in un'udienza d'un teatro di mille persone, non ve ne sono venti che l'intendono.}}
Così, il conte [[Francesco Maria Zambeccari]], acuto indagatore dei costumi musicali e attento interprete dei gusti del pubblico contemporaneo, individuò per primo ([[1709]]) uno dei principali motivi che contribuiranno alla progressiva e inesorabile scomparsa dal repertorio della quasi totalità della sterminata opera di Alessandro Scarlatti, ossia l'estrema complessità formale che contraddistingue il linguaggio d'un autore votato ad uno stile severo e rigoroso, sostenuto dalla più solida dottrina contrappuntistica, appresa inizialmente a [[Palermo]], e successivamente affinata a [[Roma]].
Con la sorella Anna Maria si trasferì a Roma nel 1672. Non è noto con chi abbia studiato in questi primi anni in cui visse nella città. Non ci sono documenti né indizi che comprovino un supposto apprendistato con l'ormai anziano compositore [[Giacomo Carissimi]] morto nel 1674.
 
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Nel febbraio 1684, grazie all'appoggio del viceré poté subentrare al defunto [[Pietro Andrea Ziani]] come maestro della Real cappella di Napoli.
 
PuurPur risiedendo a Napoli, poté mantenere i rapporti con alcuni importanti mecenati romani. Tra questi, il cardinale Benedetto Pamphilj, di cui mise in musica l'oratorio a tre voci ''Il trionfo della grazia ovvero la conversione di Maddalena'' (1685), il III atto dell'opera ''La Santa Dimna'' (1687), e il secondo atto dell'opera ''La Santa Genuinda'' (1694); il cardinale [[Pietro Ottoboni]], di cui mise in musica l'oratorio a cinque voci ''La Giuditta'' (1695) e il dramma ''La Statira'' (1690).
 
Negli anni '80 si colloca l'inizio dei rapporti con il principe Ferdinando de' Medici, che si avvalse della collaborazione di Scarlatti sia per le opere destinate al teatro della villa medicea di Pratolino e altri teatri del granducato di Toscana, sia per la composizione di musiche sacre destinate a particolari solennità di corte. Dopo la ripresa delle opere, già rappresentate a Roma, ''Tutto il mal non vien per nuocere'' a Firenze e ''Il Pompeo'' a Livorno, nel 1689 venne eseguita la prima opera commissionata da Ferdinando a Scarlatti, da identificare forse con la perduta ''La serva favorita'', andata in scena nel teatro di Pratolino.<ref>M. Fabbri, ''Alessandro Scarlatti e il principe Ferdinando de' Medici'', Firenze, Olschki, 1961, pp. 34-39.</ref>
 
 
 
 
Nel 1716, presso il teatro San Bartolomeo di Napoli, vi fu la prima rappresentazione dell'opera seria di Alessandro Scarlatti "Carlo re d'Alemagna", Negli intervalli dell'opera vennero inoltre rappresentati i tre intermezzi tra Palandrana vecchia vedova e Zamberlucco giovine da bravo, anch'essi musicati da Scarlatti. La partitura di questi intermezzi è rimasta inedita fino al 2013, archiviata nella Biblioteca Universitaria di Bologna (MS Musicale 646 Vol V CC 171-197) ove giunse nel 1749 per donazione testamentaria del conte Francesco Maria Zambeccari. Nell'aprile 2013 il gruppo editoriale Viator ne ha dato stampa con un'edizione critica curata da Sandro Volta e da Marco Bellussi il quale ne ha anche diretto la prima esecuzione scenica in tempi moderni presso il teatro comunale di Panicale.
 
Nella Stagione del Carnevale del 1718, Alessandro Scarlatti rappresentò nel Teatro Capranica di Roma un importante Dramma per Musica ''[[Telemaco (Scarlatti)|Telemaco]]'', su libretto di Carlo Sigismondo Capeci, dedicato al Conte di Gallas, ambasciatore dell'Imperatore d'Austria presso la Santa Sede.
Nel ruolo del protagonista, "Telemaco", Scarlatti fece esibire [[Domenico Gizzi]] (1687-1758), illustre musico soprano della Real Cappella di Napoli.
 
A Napoli Scarlatti conduce gli ultimi anni della sua vita, stimato e venerato ma ormai fatalmente ai margini della vita culturale. Il plauso dei maggiori teorici e dei più apprezzati musicisti contemporanei (tra cui [[Georg Friedrich Haendel]], [[Johann Adolph Hasse]], e il severissimo [[Johann Joachim Quantz]]) incoraggia il compositore a proseguire nella sua raffinata ricerca formale, che culmina in due capolavori della maturità, ''[[Il trionfo dell'onore]]'' ([[1718]]) e ''[[Griselda (Alessandro Scarlatti)|Griselda]]'' ([[1721]]), partiture ancora una volta di incantevole fattura che incontrarono all'epoca i gusti del pubblico (soprattutto la prima, replicata per ben diciotto volte) senza tuttavia riuscire ad imporsi successivamente in repertorio.
Sempre nel 1721 avviene la prima assoluta della cantata ''La gloria di primavera'' con [[Margherita Durastanti]] al [[Her Majesty's Theatre]] di Londra.
 
Morì a Napoli il 22 ottobre [[1725]] e fu sepolto nella chiesa di Santa Maria a Montesanto.
 
 
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{{Citazione|Che sia musica soave<br />spirti rei negar nol ponno<br />Se negli occhi a chi non l'have –<br />introduce un dolce sonno.}}
 
È l'inizio dell'incomprensione che accompagnerà il genio di Scarlatti fino alla tomba e che farà sparire le sue opere dal repertorio, con una significativa eccezione: la musica strumentale licenziata da Alessandro Scarlatti occupa una posizione marginale rispetto all'enorme mole della musica vocale, ed è normale per un autore che – come si è visto – mostra una naturale predisposizione nel mettersi al servizio della voce umana.
 
Ciò che stupisce è che – dimenticata quasi completamente l'opera vocale (sacra, profana e operistica), l'Ottocento e anche il Novecento si siano dedicati con una certa assiduità solo alla diffusione e all'esecuzione del repertorio strumentale. Se le composizioni per tastiera, abbastanza numerose e generalmente di alto livello stilistico risentono ancora dell'assurdo paragone con quelle del figlio Domenico e vengono eseguite con spirito "pionieristico", le ''Dodici Sinfonie di Concerto Grosso'' sono entrate a far parte stabilmente del bagaglio di molte compagini specializzate nell'esecuzione di musica antica.
 
Anche questi brani hanno faticato non poco ad affrancarsi dalla patente di corellismo un po' troppo semplicisticamente cucita loro addosso, ma sono infine riusciti ad imporsi in virtù del perfetto dominio del contrappunto (esplicitato nel fantasioso e libero uso di arcaici ritmi di danza) e soprattutto grazie alla bellezza delle melodie, soavemente venate da un sentimento di sottile e sublime malinconia che è il tratto caratteristico e originale di tutta l'opera di uno dei più alti ingegni del barocco italiano.
 
Nel 1716, presso il teatro San Bartolomeo di Napoli, vi fu la prima rappresentazione dell'opera seria di Alessandro Scarlatti "Carlo re d'Alemagna", Negli intervalli dell'opera vennero inoltre rappresentati i tre intermezzi tra Palandrana vecchia vedova e Zamberlucco giovine da bravo, anch'essi musicati da Scarlatti. La partitura di questi intermezzi è rimasta inedita fino al 2013, archiviata nella Biblioteca Universitaria di Bologna (MS Musicale 646 Vol V CC 171-197) ove giunse nel 1749 per donazione testamentaria del conte Francesco Maria Zambeccari. Nell'aprile 2013 il gruppo editoriale Viator ne ha dato stampa con un'edizione critica curata da Sandro Volta e da Marco Bellussi il quale ne ha anche diretto la prima esecuzione scenica in tempi moderni presso il teatro comunale di Panicale.
 
Il conte [[Francesco Maria Zambeccari]], acuto osservatore dei costumi musicali e attento interprete dei gusti del pubblico contemporaneo, segnalò per primo nel [[1709]] uno dei principali motivi che contribuirono alla progressiva e inevitabile uscita di scena dal repertorio teatrale delle opere di Alessandro Scarlatti
Nella Stagione del Carnevale del 1718, Alessandro Scarlatti rappresentò nel Teatro Capranica di Roma un importante Dramma per Musica ''[[Telemaco (Scarlatti)|Telemaco]]'', su libretto di Carlo Sigismondo Capeci, dedicato al Conte di Gallas, ambasciatore dell'Imperatore d'Austria presso la Santa Sede.
 
Nel ruolo del protagonista, "Telemaco", Scarlatti fece esibire [[Domenico Gizzi]] (1687-1758), illustre musico soprano della Real Cappella di Napoli.
{{Citazione|Alessandro Scarlatti è un grand'uomo, e per essere così buono, riesce cattivo perché le compositioni sue sono difficilissime e cose da stanza, che in teatro non riescono, in primis chi s'intende di contrapunto le stimarà; ma in un'udienza d'un teatro di mille persone, non ve ne sono venti che l'intendono.}}
 
Zambeccari osservò l'estrema complessità formale che contraddistingueva il linguaggio d'un compositore, più incline a uno stile severo e rigoroso, nutrito da una solida dottrina contrappuntistica, appresa inizialmente a [[Palermo]] ma successivamente e definitivamente affinata a [[Roma]].
 
Ciò che stupisce è che – dimenticata quasi completamente l'opera vocale (sacra, profana e operistica), l'Ottocento e anche il Novecento si siano dedicati con una certa assiduità solo alla diffusione e all'esecuzione del repertorio strumentale. Se le composizioni per tastiera, abbastanza numerose e generalmente di alto livello stilistico, risentono ancora dell'assurdoimproponibile paragoneconfronto con quelle del figlio Domenico e vengono eseguite con spirito "pionieristico", le ''Dodici Sinfonie di Concerto Grosso'' sono entrate a far parte stabilmente del bagaglio di molte compaginigruppi specializzatestrumentali specializzati nell'esecuzione di musica antica. Pur avendo faticato a liberarsi dal marchio di corellianità, le ''Sinfonie di concerto grosso'' sono riuscite a imporsi grazie al perfetto uso del contrappunto e soprattutto grazie alla bellezza delle melodie, venate da sottile e sublime malinconia, che è il tratto caratteristico e originale di tutta l'opera scarlattiana.
 
A Napoli Scarlatti conduce gli ultimi anni della sua vita, stimato e venerato ma ormai fatalmente ai margini della vita culturale. Il plauso dei maggiori teorici e dei più apprezzati musicisti contemporanei (tra cui [[Georg Friedrich Haendel]], [[Johann Adolph Hasse]], e il severissimo [[Johann Joachim Quantz]]) incoraggia il compositore a proseguire nella sua raffinata ricerca formale, che culmina in due capolavori della maturità, ''[[Il trionfo dell'onore]]'' ([[1718]]) e ''[[Griselda (Alessandro Scarlatti)|Griselda]]'' ([[1721]]), partiture ancora una volta di incantevole fattura che incontrarono all'epoca i gusti del pubblico (soprattutto la prima, replicata per ben diciotto volte) senza tuttavia riuscire ad imporsi successivamente in repertorio.
Sempre nel 1721 avviene la prima assoluta della cantata ''La gloria di primavera'' con [[Margherita Durastanti]] al [[Her Majesty's Theatre]] di Londra.
 
Morì a Napoli il 22 ottobre [[1725]] e fu sepolto nella chiesa di Santa Maria a Montesanto.
 
== Composizioni ==