Scetticismo (filosofia): differenze tra le versioni

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Lo scettico è dunque colui che nega la possibilità di conoscere la verità. Più in dettaglio sul piano gnoseologico, pur non negando di possedere l'[[idea]] della cosa pensata, lo scettico dubita che il pensiero della realtà sia una rappresentazione attendibile della realtà stessa, poiché la conoscenza si basa sui [[Organi di senso|sensi]], che danno percezioni ingannevoli e mutabili nel tempo.
 
La presenza dello scetticismo segna tutta la storia della [[filosofia occidentale.]], [[filosofia antica|antica]] e [[filosofia moderna|moderna]]. Esso, infatti, esprime un'istanza tipica dell'essere umano: la sua perenne insoddisfazione di fronte al proprio conoscere. Lo scetticismo può essere definito - in modo molto generico - come il momento di dissoluzione di un dogmatismo: in quanto atteggiamento di risposta, perciò, l'ipotesi scettica di volta in volta si adegua al dogmatismo cui fa riferimento. La storia del pensiero occidentale è continuamente segnata da questa oscillazione tra affermazione dogmatica e reazione scettica: <ref>Secondo alcuni interpreti vi è una continuità ideale tra gli scettici e i [[sofismo|sofisti]] sostenitori del "[[nihilismo]]" [[gorgia]]no, ed anche un legame con il [[Socrate|socratismo]] originario che esalta il "sapere di non sapere" come la più alta sapienza, e con alcune [[scuole socratiche minori]]. Gli stessi studiosi vedono anche un rapporto dello scettismo con l'atteggiamento etico dei [[Cirenaici]], e con l'etica di [[Epicuro]] e la sua ricerca del "piacere stabile" (''catastematico'') fondato sulla [[atarassia]], sulla rinuncia all'eccesso dei desideri e delle passioni. (Cfr. Giovanni Reale, ''Storia della filosofia greca e romana'', Bompiani, 2004 e Emanuele Severino, ''La filosofia dai greci al nostro tempo - La filosofia antica e medioevale'', Bur 2004)</ref>
 
* [[Parmenide]] → [[sofisti]],