Shari'a: differenze tra le versioni

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→‎Natura della sharī‘a: traduzione di ulamà
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Sebbene in alcuni stati a maggioranza musulmana la sharī‘a venga considerata come una fonte di diritto positivo, nell'Islam delle origini e per molti studiosi attuali (tra i quali [[Tariq Ramadan]]) essa è più propriamente un codice di comportamento etico che dovrebbe essere privo di potere coercitivo.
 
Secondo gli ''ʿulamāʾ'' (studiosi delle discipline giuridiche), la shariʿa consentirebbe la [[pena di morte]] in quattro casi: [[omicidio]] ingiusto di una persona, [[adulterio]] (sia per l'uomo che per la donna), [[bestemmia]] contro Dio (da parte di persone di qualunque fede) e [[apostasia]] (''ridda''). Tutte le altre sentenze di morte, quali ad esempio le condanne capitali per [[omosessualità]] in stati come l'[[Iran]], la [[Nigeria]] o l'[[Arabia Saudita]], sono quindi la conseguenza del disposto di legislazioni extra-sciaraitiche.
 
L'islam riconosce l'Antico e il Nuovo Testamento della Bibbia come testi religiosi sacri, secondi per importanza al Corano che chiarisce e completa la Rivelazione di Allah ai profeti. Le fonti normative del Corano prevalgono pertanto su tutta la tradizione biblica precedente. Nel caso dell'adulterio, il Corano non prevede testualmente la pena della lapidazione, prevista invece nella [[Torah]] ([[Deuteronomio]]).