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Anche senza tenere conto delle successive evoluzioni narrative, già la Lettera di Aristea potrebbe contenere elementi leggendari: la congruenza tra i 72 traduttori e i 72 giorni impiegati per tradurre appare forzosa; poco verosimile sembra soprattutto la possibilità di reperire, in data così tarda, scribi esperti e bilingui fra tutte le dodici tribù (dieci delle tribù risultano difficili da tracciare già dopo la caduta del [[Regno d'Israele]] nel 722 a.C. e la conseguente deportazione degli abitanti in Mesopotamia).
 
È perciò più probabile che la Lettera sia stata composta nella seconda metà del II sec. a.C. quando potrebbe avere cominciato ad affermarsi un testo stabile all'interno dei circoli farisaici, verosimilmente a causa della distruzione dei libri sacri avvenuta durante la ribellione provocata da [[Antioco IV]] Epifane in [[Palestina]]. Sarebbe per contrastare questa tendenza e la conseguente insoddisfazione con la versione greca che la Lettera sarebbe stata scritta. Essa sarebbe perciò preziosa per cogliere l'alta considerazione che la versione godeva presso una parte del [[giudaismo]] del Secondo Tempio. Si è costituito un certo consenso tra gli studiosi contemporanei, riguardo a una traduzione del [[Pentateuco]] in Alessandria d'[[Egitto]] sotto Tolomeo Filadelfo. La richiesta del re ellenistico e il contributo 'dall'alto' del tempio di Gerusalemme potrebbero essere una leggenda volta a conferire autorevolezza al testo. I Greci normalmente non erano interessati ai testi degli altri popoli, ed anche il caso parallelo e contemporaneo dell'egizio [[Manetone]] non pare essere stato suscitato dall'interessamento di Tolomeo. Tuttavia, la città di Alessandria ospitava un intero quartiere giudaico e non è del tutto inverosimile che il sovrano fosse interessato a conoscere la Legge che gli Ebrei seguivano. In tal caso il lavoro potrebbe essere stato realizzato da ebrei autoctoni di lingua greca per l'uso liturgico della nutrita comunità giudaica, ormai ellenofona, come per lo più confermato dalle coeve iscrizioni giudaiche in lingua greca reperite ''in situ''. Secondo questa interpretazione, la traduzione sarebbe stata solo in seguito accolta nella celebre biblioteca.
 
Per la traduzione dei restanti libri, l'opera fu realizzata da una scuola di traduttori che si occupò del [[salterio (liturgia)|salterio]], sempre ad Alessandria, verso il [[185 a.C.]]; in seguito furono tradotti [[Libro di Ezechiele|Ezechiele]], i Dodici [[Profeti Minori]] e [[Libro di Geremia|Geremia]]. Dopodiché vennero fatte le versioni dei [[libri storici]] ([[Libro di Giosuè|Giosuè]], [[Libro dei Giudici|Giudici]] e i quattro libri dei [[Libri dei Re|Regni]]) e infine [[Libro di Isaia|Isaia]]. Altri libri, [[Libro di Daniele|Daniele]], [[Libro di Giobbe|Giobbe]] e [[Siracide]] furono tradotti entro il 132 a.C. A parte il Pentateuco e il Salterio, di origine appunto alessandrina, vi sono incertezze sulla località in cui vennero tradotti gli altri libri. Si situa invece in Palestina nel I secolo a.C. la versione del [[Cantico dei Cantici]], delle [[Libro delle Lamentazioni|Lamentazioni]], di [[Libro di Rut|Rut]] e [[Libro di Ester|Ester]], poi quella dell'[[Qoelet|Ecclesiaste]], certamente tardi nel I secolo d.C., in quanto più prossima alla tecnica di traduzione poi esibita da Aquila.