Provincia (Italia): differenze tra le versioni

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Nel [[1889]], con il [[Testo Unico della legge comunale e provinciale del 1889|primo testo unico degli enti locali]], venne introdotto il principio elettivo nella nomina annuale del presidente della [[Deputazione provinciale]], separandone la figura da quella del prefetto. Veniva inoltre allargato il suffragio amministrativo per censo, includendovi il [[ceto medio]].<ref>[http://augusto.digitpa.gov.it/gazzette/index/download/id/1888306_PM Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 1888]</ref> Nel [[1894]], nell'intento di dare maggiore stabilità, la durata del Consiglio veniva portata a sei anni, con rinnovo triennale di metà dei consiglieri scelti per sorteggio. La Deputazione si rinnovava invece per intero ogni tre anni, e a tale termine venne coordinata la carica del presidente.<ref>[http://augusto.digitpa.gov.it/gazzette/index/download/id/1894163_PM Gazzetta Ufficiale del 12 luglio 1894]</ref> Un'ulteriore espansione delle cariche esecutive fu deliberata nel [[1904]], facendo diventare quadriennale il mandato della Deputazione, mentre per il Consiglio si scelse il rinnovo biennale per terzi.<ref>[http://augusto.digitpa.gov.it/gazzette/index/download/id/1904043_PM Gazzetta Ufficiale del 22 febbraio 1904]</ref>
[[File:Giolitti1.jpg|thumb|left|[[Giovanni Giolitti]] portò la democrazia nelle elezioni provinciali.]]
 
Un nuovo ammodernamento dell'istituto della Provincia fu operato del [[Governo Giolitti IV|governo Giolitti]] che, con la sua [[Legge amministrativa giolittiana|legge sul suffragio universale]], deliberò che anche il Consiglio venisse da allora eletto integralmente ogni quattro anni e, soprattutto, che il suffragio universale, già previsto alle elezioni politiche, venisse esteso alle elezioni amministrative. L'elettorato attivo venne concesso a tutti i cittadini maschi ultratrentenni, mentre per i ventunenni permanevano condizioni di censo, istruzione e servizio militare. Per recepire questi storici cambiamenti, vennero indette elezioni amministrative generali per il [[1914]], mentre poi il testo unico del [[1915]] raccolse in un unico documento un'evoluzione trentennale che aveva visto il sistema amministrativo italiano distaccarsi dallo schema francese napoleonico nell'intento di fornire maggiore democrazia. La configurazione dell'istituzione provinciale veniva così regolata nei suoi organi costitutivi, nei suoi compiti, nei proventi e nelle spese a essa attribuite.<ref>[http://augusto.digitpa.gov.it/gazzette/index/download/id/1913167_PM Gazzetta Ufficiale del 18 luglio 1913]</ref>
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Le province vennero lentamente ricostituite in senso democratico a guerra ancora in corso: nell'aprile del [[1944]] il [[governo]] decretò, ovviamente solo per i territori liberati, il ripristino delle deputazioni e del relativo presidente, affidandone la nomina al [[prefetto]].<ref>[http://augusto.digitpa.gov.it/gazzette/index/download/id/1944021_P1S R.D.L. 4 aprile 1944 n. 111 su Gazzetta Ufficiale n. 21 del 22 aprile]</ref> Le deputazioni erano tutte di 6 membri, sia per effetto dell'[[Riforma della legge comunale e provinciale del 1923|ultimo disposto precedente la svolta autoritaria]], sia perché tanti erano i partiti membri del [[CLN]] che dovevano essere tutti rappresentati.<ref>Ossia la [[Democrazia Cristiana|DC]], il [[Partito Socialista Italiano|PSI]], il [[Partito Comunista Italiano|PCI]], il [[Partito Liberale Italiano|PLI]], gli [[Partito d'Azione|azionisti]] e i [[Democrazia del Lavoro|demolaburisti]].</ref> Tale regime provvisorio, in cui le deputazioni godevano anche delle attribuzioni consiliari, venne poi prolungato per ben sette anni in attesa di concludere il dibattito sull'attivazione dell'istituzione [[regioni italiane|regionale]].
 
La ricomparsa dei [[Consiglio provinciale|consigli provinciali]], per la prima volta supportati dal [[suffragio femminile]],<ref>Frutto del decreto legislativo luogotenenziale n. 23 del 1º febbraio 1945 che valeva per tutti i livelli istituzionali.</ref> fu il portato della [[Leggelegge 8 marzo 1951, n. 122|legge 8 marzo 1951 n. 122]], che fissò a 45 il numero massimo dei consiglieri provinciali e a 8 quello dei membri della [[Giunta provinciale]], consesso che sostituì la Deputazione come organo esecutivo. Con un'innovazione rispetto al passato prefascista, il [[presidente della Provincia]], eletto dal Consiglio tra i suoi componenti, fu messo a capo sia dello stesso Consiglio sia della Giunta.<ref>[http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1951-03-08;122 Legge n. 122/1951]</ref> In questa prima fase, il sistema elettorale fu un meccanismo misto a prevalenza [[maggioritario|maggioritaria]], ma nel [[1960]] anche per le province venne introdotto [[Legge elettorale provinciale proporzionale|un puro suffragio proporzionale]] come per tutti gli altri livelli istituzionali. Il mandato delle amministrazioni provinciali fu inizialmente stabilito in quattro anni, ma vari decreti resero tale termine molto irregolare finché non si passò a un termine quinquennale, anche qui per armonizzarsi al resto del panorama politico.<ref>[http://www.edizionieuropee.it/data/html/18/zn41_01_01c.html#_ftn1 Legge n. 962/1960]</ref>
 
La creazione delle regioni autonome, tuttavia, introdusse per la prima volta una disarmonia fra gli organi provinciali presenti sul territorio. In [[Sicilia]] lo [[statuto speciale]] del [[1946]] con l'art. 15 soppresse le province.
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Dopo decenni di immobilismo, il primo importante intervento legislativo di riforma degli enti locali fu operato della legge n. 142/1990, con la quali i comuni e le province furono autorizzati ad adottare un proprio statuto e istituire regolamenti concernenti le norme fondamentali di organizzazione dell'ente, l'ordinamento degli uffici e delle società partecipate, le forme di partecipazione popolare, di decentramento, di accesso dei cittadini alle informazioni e ai provvedimenti amministrativi. La legge incominciò a preoccuparsi del tema della governabilità, introducendo la [[sfiducia costruttiva]] per proteggere le giunte in carica. Infine, la normativa prefigurò un nuovo istituto per le aree urbane più dense, la [[città metropolitana]], che tuttavia rimase una pura teoria poiché non vennero emanate le necessarie leggi regionali di attuazione.<ref>[http://www.ancitoscana.it/allegati/relazioni-istituzionali/Progetto%20Unioni/Legge_142_90.pdf Legge 8 giugno 1990 n. 142]</ref>
 
Il vero cambiamento storico fu però il risultato della [[Legge 25 marzo 1993, n. 81|legge del 25 marzo 1993, n. 81]], che stabilì l'elezione diretta a [[suffragio universale]] dei presidenti delle province, cui veniva demandato il potere di nominare la [[Giunta provinciale]] ora composta da [[assessore|assessori]] esterni al Consiglio, per il quale veniva ricreata la separata figura di un suo presidente. Era possibile la nomina ad assessore di un consigliere, ma costui perdeva immediatamente il seggio all'accettazione della carica superiore. La durata delle amministrazioni fu ridotta a quattro anni con, sul modello [[statunitense]], non più di due mandati presidenziali consecutivi, mentre la [[legge elettorale]] venne modificata con un premio di maggioranza per garantire la coalizione vincitrice.<ref>[http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1993-03-25;81@originale *** Normattiva ***<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref><ref>La Sicilia, che nell'agosto [[1992]] con la legge regionale n.7/92 aveva approvato l'elezione diretta dei sindaci, si adeguò al nuovo corso sei mesi dopo con [http://www.regione.sicilia.it/famiglia/elettorale/leggi/LEGGE%20REGIONALE%201%20settembre%201993,%20n.%2026.pdf legge regionale 1º settembre 1993, n. 26.]</ref>
 
L'ulteriore evoluzione delle norme amministrative fu riassunta nel nuovo [[Testo Unico degli Enti Locali|Testo unico sull'ordinamento delle autonomie locali]], emanato con decreto legislativo n. 267 del [[2000]], che riportò a cinque anni la durata dei mandati elettivi.<ref>[http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2000-08-18;267!vig= Testo unico degli enti locali]</ref>
[[File:Italian regions provinces.svg|upright=1.6|thumb|Mappa d'Italia con le province]]
 
Il secondo decennio del [[XXI secolo]] portò un ampio dibattito sul ruolo e la gestione delle province. Il [[governo Monti]] recepì le pressioni [[CEE|comunitarie]] in tema di risparmi di bilancio emanando il decreto -legge 4 dicembre [[2011]], che prevedeva nelle regioni a statuto ordinario la spoliazione dei poteri delle province, e la nomina dei loro organi da parte degli amministratori comunali, abolendo le giunte. Il provvedimento comportò il rinvio degli appuntamenti elettorali del [[2012]] e del [[2013]], offrendo ai presidenti uscenti la permanenza in carica come [[commissario straordinario|commissari]]. Le iniziative nazionali trovarono accoglimento in [[Sicilia]] dopo la vittoria di [[Rosario Crocetta]], che con un provvedimento più radicale licenziò tutte le autorità provinciali a far data dal 30 giugno [[2013]] sostituendole con commissari da lui stesso nominati, ma vennero fermate proprio a [[Roma]] dalla [[Corte costituzionale della Repubblica Italiana|Corte Costituzionale]] che il 3 luglio cassò la riforma Monti, giudicandola incostituzionale a causa dell'uso di un decreto per riformare un ente costituzionalmente garantito quale la provincia. La reazione dei nuovi governi di [[centrosinistra]] si concretizzò quindi il 3 aprile [[2014]] con l'approvazione della legge proposta dal ministro [[Graziano Delrio]], che confermò la trasformazione delle province in enti amministrativi di secondo livello, e la mutazione di dieci di esse in [[città metropolitane]]. La nuova normativa cancellò anche le elezioni previste nel [[2014]], sostituendole con consultazioni a [[suffragio ristretto]] celebrate in autunno, e abolì le giunte redistribuendo le deleghe ai consiglieri provinciali ridotti in numero.<ref>[http://www.lagazzettadeglientilocali.it/quotidiano/2014/080414/gu1.htm Legge Delrio]</ref>
 
L'attuazione della riforma fu posticipata all'inizio del [[2015]] per le realtà metropolitane, a capo della quali fu posto per principio e di diritto il [[sindaco]] del capoluogo, e fu recepita in forma modificata dal [[Friuli-Venezia Giulia]], mentre al [[Parlamento siciliano]] il dibattito subì una brusca frenata, obbligando a continue proroghe o nomine di nuovi commissari, mantenendo nel frattempo comunque in vita gli enti e garantendo il relativo personale impiegatizio.<ref>[http://www.liberautopia.it/art_appr.php?cod=1362495680&titolo=Abolizione%20province:%20varato%20il%20Ddl,%20oggi%20in%20commissione Abolizione province: varato il Ddl, oggi in commissione - liberautopia.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref> Per quanto riguarda la [[Sardegna]],<ref name="RAS2012">{{cita web|url=http://www.regione.sardegna.it/j/v/13?s=196067&v=2&c=392&t=1|titolo=Referendum Sardegna: 100% sezioni scrutinate, netta prevalenza si|editore=Regione Autonoma della Sardegna|data=7 maggio 2012|accesso=13 maggio 2012}}</ref> in seguito all'esito dei [[referendum del 2012 in Sardegna|referendum del 2012]] si tentò di avviare un processo di riorganizzazione amministrativa, ma la delibera del Consiglio regionale del 24 maggio [[2012]] rimase disattesa,<ref name="firma">{{cita web|url=http://www.consregsardegna.it/XIVLegislatura/Leggi%20approvate/lr2012-11.asp|titolo=Legge Regionale 25 maggio 2012, N. 11|editore=Consiglio Regionale della Sardegna|accesso=8 giugno 2012}}</ref> mentre la successiva del 27 febbraio [[2013]] portò solo al commissariamento delle quattro nuove province a far data dal 30 giugno [[2013]].<ref>{{cita web|url=http://www.regione.sardegna.it/j/v/1270?s=224129&v=2&c=&t=1&anno=|titolo=Legge Regionale 27 febbraio 2013, N. 5|editore=Consiglio Regionale della Sardegna|accesso=30 maggio 2013}}</ref> L'amministrazione regionale ha poi annullato le [[elezioni]] provinciali previste nel [[2015]], prevedendo una gestione [[commissario straordinario|commissariale]] fino alla fine dell'anno.<ref>[http://consiglio.regione.sardegna.it/XVLegislatura/Leggi%20approvate/lr2015-07.asp Legge regionale sarda n°7/2015]</ref> In Sicilia solo con la legge regionale n.15 del 4 agosto 2015 si approva l'eliminazione delle Province e la loro sostituzione con sei [[libero consorzio comunale|Liberi consorzi comunali]] e le tre città metropolitane di Palermo, Catania e Messina, che mantengono territorio e funzioni della vecchie province regionali, mentre i commissari nel novembre 2015 sono ulteriormente prorogati fino al giugno [[2016]]<ref>http://livesicilia.it/2015/11/10/province-verso-il-rinvio-delle-elezioni-la-diretta-la-prima-allars-del-crocetta-quater_683925/</ref>.
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== Assetto istituzionale ==
La legge nº. 81 del 25 marzo [[1993]] aveva stabilito l'elezione popolare diretta dei presidenti delle province italiane, ricorrendo a un eventuale turno di [[ballottaggio]] qualora nessun candidato avesse raggiunto la maggioranza assoluta dei consensi. La durata in carica del presidente, originariamente fissata in quattro anni, fu prolungata a cinque, e l'intero sistema normativo venne consolidato nel [[Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali]], il dD. lgsLgs. nº. 267 del [[2000]]. In qualunque caso di morte, dimissioni, sospensione, sfiducia o decadenza del presidente, si procedeva all'indizione di nuove elezioni provinciali e, nel caso di crisi politica, alla gestione provvisoria dell'ente da parte di un [[commissario]] nominato dal [[prefetto]]. Contestualmente alla scelta del presidente, si tenevano le elezioni del Consiglio Provinciale, sul principio del ''governo di legislatura''.
 
I consiglieri, in numero variabile da 24 a 45 secondo l'entità della popolazione, erano eletti con un particolare [[sistema elettorale]] proporzionale con ''premio di maggioranza''. L'elettore poteva tracciare sulla scheda elettorale, di colore giallo, un segno su un candidato presidente e su un candidato consigliere che lo sosteneva. Alla coalizione collegata al presidente eletto veniva comunque garantito almeno il 60% dei seggi consiliari; tenuta presente questa clausola, i seggi venivano ripartiti in maniera proporzionale con [[metodo D'Hondt]] sulla base dei voti conseguiti dalle varie coalizioni, e in seconda istanza dalle singole liste, nella circoscrizione unica provinciale. I candidati si presentavano però in ''collegi uninominali'' e, determinato il numero di seggi assegnati a ciascuna lista, venivano dichiarati eletti coloro che, all'interno della stessa, avessero ottenuto le maggiori percentuali di voto nel proprio collegio.