Tieste: differenze tra le versioni

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[[File:Stern3-24-4-1-.jpg|180px|thumb|''Tieste e Atreo'', dipinto di [[Giovanni Francesco Bezzi]]]]
'''Tieste''' ({{lang-grc|Θυέστης}}, ''Thyestes'', pronuncia: {{IPA|tʰyéstɛːs}}) è un personaggio della [[mitologia greca]] figlio di [[Pelope]] e di [[Ippodamia (figlia di Enomao)|Ippodamia]] e fratello gemello di [[Atreo]].
 
== Il mito ==
La vita di Tieste è contrassegnata dai rapporti di ostilità con Atreo. Alla morte di [[Pelope]], sovrano di [[Micene]], la popolazione fu chiamata a scegliere tra i due fratelli il successore. Tieste riuscì con l'inganno a farsi eleggere: Atreo, infatti, aveva adempiuto un vecchio voto sacrificando ad [[Artemide]] « il più bel capo del suo gregge » ma, siccome si trattava di un « agnello cornuto dal vello d'oro », uccise l'animale e fece impagliare il vello, pavoneggiandosi poi di un simile gioiello sulla piazza del mercato. Tieste, in preda alla gelosia, decise di accondiscendere all'interesse di [[Erope (figlia di Catreo)|Erope]], moglie di Atreo, e la sedusse con lo scopo di ottenere il tesoro.<ref>R. Graves, ''I miti greci'', Milano, Longanesi, 1955, p. 506</ref>
 
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Così, quando di fronte ai micenei Atreo rivendicò il regno per il proprietario del vello, Tieste lo esibì, conquistando il trono.<ref>Pseudo-Apollodoro, ''Epitome'', II, 11</ref> Tuttavia, siccome [[Zeus]] preferiva Atreo, gli mandò [[Ermes]] con una precisa consegna: farsi promettere dal fratello che avrebbe ceduto il regno qualora il sole avesse mutato il proprio corso. Il sovrano acconsentì e cadde nella trappola, perché il padre degli dèi, aiutato da [[Eris (mitologia)|Eris]], invertì il tragitto del sole. Tieste dovette lasciare la città, mentre Atreo prendeva il suo posto.<ref>''Epitome'', II, 12</ref>
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Accecato dalla brama di vendetta, consultò l'[[oracolo di Delfi]], che gli disse di generare un bambino dalla propria figlia.<ref>Pseudo-Apollodoro, ''Epitome'', II, 13-14; Igino, ''Fabulae'' 87 e 88</ref> Si rifugiò presso il re [[Tesproto]] a [[Sicione]], dove [[Pelopia]], figlia di Tieste, era sacerdotessa di [[Atena]]. Una notte, la spiò mentre compieva per Atena Colocasia il sacrificio di una pecora nera. Durante il rituale, Pelopia scivolò nel sangue sgorgato dalla gola della vittima; siccome la tunica si era macchiata, si recò ad uno stagno vicino per lavarsi. Qui il padre le balzò addosso mascherato e la violentò, dopodiché la fanciulla riuscì a sfilargli la spada dal fodero. Accortosi di aver smarrito l'arma, il Pelopide riparò in [[Lidia]], la terra dei suoi padri.<ref>''Epitome'' II, 14</ref>
 
Nel contempo anche Atreo viveva con preoccupazione i giorni seguiti ai suoi atroci misfatti, temendo una punizione. Anch'egli si rivolse all'oracolo delfico, che gli consigliò di far tornare Tieste a Micene. Giunse a Sicione, ma il fratello non c'era già più; conobbe invece Pelopia, che credette figlia del re Tesproto, se ne innamorò e la sposò, conducendola nella propria città assiemedove partorì alil piccolo [[Egisto]], frutto dell'unione incenstuosa tra Tieste e sua figlia. Siccome quest'ultimo era nato dopo il matrimonio con Pelopia, pensò dovesse essere figlio suo. Quando Egisto ebbe sette anni, Atreo volle completare la sua vendetta; lo incaricò così di uccidere Tieste nel sonno<ref>Atreo aveva mandato i figli Agamennone e Menelao sulle tracce del fratello, che trovarono mentre tornava da Delfi. Tieste fu ricondotto a Micene, dove il sovrano lo fece incarcerare</ref>, ma questi se ne accorse mentre la spada stava per colpirlo. Riconosciuta l'arma di un tempo, intimò a Egisto di chiamare la madre, cui confessò di essere il proprietario della spada. Pelopia, allora, capì da chi era stata violentata e si trafisse con la sua lama.<ref>R. Graves, cit., pp. 509-510</ref>
 
A questo punto, Tieste ordinò a Egisto di consegnare la spada nelle mani del patrigno, il quale si convinse del felice esito del suo piano. Come gli era stato chiesto, l'infante tornò poi in carcere, dove il padre gli rivelò la sua vera identità e gli assegnò l'ultimo compito: uccidere Atreo. Egisto obbedì, e Tieste si riprese il trono.<ref>Igino, ''Fabulae'' 87 e 88; Pseudo-Apollodoro, ''Epitome'' II, 14</ref>