Settimana rossa: differenze tra le versioni

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{{Citazione|Furono sette giorni di febbre, durante i quali la rivoluzione sembrò prendere consistenza di realtà, più per la vigliaccheria dei poteri centrali e dei conservatori che per l'urto che saliva dal basso... Per la prima volta forse in Italia colla adesione dei ferrovieri allo sciopero, tutta la vita della nazione era paralizzata.|Pietro Nenni, ''Lo spettro del comunismo, 1914-1921'', [[1921]]}}
 
Lo storico comunista [[Enzo Santarelli]] così ha giudicato il pragmatismo di Nenni al momento della cessazione dello sciopero ad Ancona: {{Citazione|… nell’epicentro del movimento, quando si riscontra che non esistono sbocchi politici, che la repubblica è di là da venire e che l’apparato dello stato ha retto, è lo stesso Nenni a presentare ad una assemblea convocata presso la Camera del lavoro un ordine del giorno per la cessazione dello sciopero. Indipendentemente dalle critiche molto acerbe da parte di Mussolini, degli anarchici e dei sindacalisti rivoluzionari, c’è da osservare che è proprio l'agitatore repubblicano unitamente ad altri dirigenti locali, a proporre la desistenza della lotta, dopo il ritiro della CGdL e un sopraluogo in Romagna. Questo comportamento è già la spia di un maturo realismo e, nel momento della sconfitta, di una notevole dose di sangue freddo.}}
 
Lo storico socialista [[Gaetano Arfé]], dopo aver rilevato che il carattere della rivolta ebbe una impronta anarchica e repubblicana, scrisse<ref>Cfr. [[Gaetano Arfé]], ''Storia del socialismo italiano 1892-1926'', Einaudi, Torino, [[1965]]</ref>: