Palazzo Orsini di Gravina: differenze tra le versioni

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Dopo questi passaggi di proprietà immobiliare a vari esponenti della casata ([[1672]]), il palazzo arrivò nelle mani di Domenico Orsini, che lo ebbe solamente dopo la rinuncia del fratello [[papa Benedetto XIII]]; costui, al secolo si chiamò Pietro Francesco Orsini e vestiva con abiti religiosi domenicani.
 
Successivamente, nel [[1742]], un ulteriore protagonista entrava a far parte nelle vicende del palazzo, ergo, [[Benedetto Orsini]]. Egli, cardinale e ambasciatore del Re in [[Stato Pontificio|Vaticano]], fece realizzare alcuni restauri-abbellimenti, il tutto, affidato all'architetto [[Mario Gioffredo]]. Questo venne incaricato di realizzare il pregevole portale d'ingresso; mentre, le sale furono affrescate da pittori come [[Francesco De Mura]], [[Giuseppe Bonito]] e [[Fedele Fischetti]]. Nel [[1799]] il palazzo venne requisito dai [[Francia|francesi]] per farne l'abitazione del generale Thiebault.
 
Il [[XIX secolo]] fu un periodo poco felice per l'edificio, poiché venne espropriato ed acquistato dal conte dei Camaldoli [[Giulio Cesare Ricciardi]]. Lui affidò la ristrutturazione quasi completa del fabbricato all'architetto [[Nicola d'Apuzzo]]; questo architetto trasformò radicalmente la struttura, tanto da subire le critiche degli intellettuali dell'epoca, ma, nonostante tutto, il Ricciardi e il suo addetto ai lavori continuarono a perseguire il proprio obiettivo, avendo anche il nulla osta da [[Ferdinando II delle Due Sicilie]] e dal Consiglio Edilizio. In questa serie di trasformazioni furono aperte delle botteghe nella facciata principale, rompendone così la continuità originale, vennero eliminati i busti sulle finestre per realizzare balconi ed il complesso venne appesantito con la realizzazione del secondo piano.
[[File:Napoli_-_CortilePalazzo_Gravina.jpg|thumb|Il cortile interno del palazzo]]
 
Il 15 maggio [[1848]] venne distrutto da un incendio che creò non pochi danni alle strutture.
Il 15 maggio [[1848]] venne distrutto da un incendio che creò non pochi danni alle strutture: l'anno successivo fu necessario ricostruirlo affidando i progetti a [[Gaetano Genovese]] e all'ingegnere del regno [[Benedetto Lopez-Suarez]]. L'intervento mirava ad un utilizzo pubblico, infatti, il Genovese alterò definitivamente la planimetria aggiungendo il quarto lato e rivestì in [[Piperno (roccia)|piperno]] i basamenti delle facciate laterali, inoltre vennero ricostruite le scale, ecc.
 
Prima dell'[[Risorgimento|Unità d'Italia]] divenne sede dell'ufficio delle Tasse. Dopo l'unificazione fu adibito ad [[Posta|ufficio postale]]. In quel periodo vi lavorarono due grandi personalità del primo [[XX secolo|Novecento]] napoletano: la scrittrice [[Matilde Serao]] come telegrafista, prima di diventare un'importante scrittrice e giornalista a fianco di [[Eduardo Scarfoglio]]; [[E. A. Mario]], che lavorava presso lo sportello delle raccomandate prima di diventare un notissimo paroliere in [[Italia]] e fuori, scrivendo tra l'altro ''[[La canzone del Piave]]''.
 
Nel [[1936]] fu nuovamente restaurato da [[Camillo Guerra (ingegnere)|Camillo Guerra]] che provvide al rinforzo delle fondamenta realizzando sottofondamenta in [[calcestruzzo armato]]; in più, venne eliminato il secondo piano.
 
== Il palazzo ==