Martin Heidegger: differenze tra le versioni

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== Biografia ==
=== Formazione ===
Di umili origini, nacque il 26 settembre del 1889 a Meßkirch, piccolo centro nel Baden meridionale, da Friedrich Heidegger (1851-1924), un mastro bottaio di Meßkirch che al contempo ricopriva l'incarico di sacrestano della chiesa St. Martin a Meßkirch, e da Johanna Kempf (1858-1927). Compie i primi studi dapprima nel ginnasio "Heinrich Suso" di [[Costanza (Germania)|Costanza]] (1903-1906), grazie a una borsa di studio di una fondazione locale, ottenuta per intervento del parroco del paese, Camillo Brandhuber (1860-1931) e del suo futuro padre spirituale, Conrad Gröber (1872-1948)<ref>Gröber era all'epoca rettore del convitto di Costanza "Konradihaus".</ref>, e poi in quello di Friburgo (1906-1909, Berthold Gymnasium) presso i gesuiti.
[[File:Erzbischof Conrad Gröber.jpg|thumb|Conrad Gröber (1872-1948), padre spirituale del quattordicenne Heidegger, futuro arcivescovo di Friburgo.<ref>Di nuovo a lui Heidegger si rivolgerà nella primavera del 1946 quando subirà un crollo fisico e nervoso.</ref>]]
Nel 1907 Gröber lo invita alla lettura di ''[[Sui molteplici significati dell'essere secondo Aristotele]]'' (''Von der mannigfachen Bedeutung des Seienden nach Aristoteles''), dissertazione di [[Franz Brentano]] del 1862<ref>L'opera è stata pubblicata in italiano a Milano, da Vita e Pensiero, 1995.</ref>. Dal 30 settembre 1909 al 13 ottobre dello stesso anno, Heidegger è novizio presso il collegio dei gesuiti di [[Tisis]] (nei pressi della cittadina di [[Feldkirch]], in [[Austria]])<ref>.
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Dopo una convinta adesione al sistema di valori del cattolicesimo, Heidegger comunicherà nella lettera del 9 gennaio 1919 a Engelbert Krebs l'abbandono della fede cattolica: «convinzioni gnoseologiche coinvolgenti la teoria del conoscere storico hanno reso per me problematico ed inaccettabile il sistema del cattolicesimo, non però il Cristianesimo»<ref>Cfr. Nota a partire da B. Casper, ''Martin Heidegger und die Theologische Fakultät Freiburg'' (1909-1923), « Freiburger Diözesan-Archiv », C (3ª serie, xxii), 1980, pp. 534-541. La lettera è citata in Hugo Ott, ''Martin Heidegger: sentieri biografici'', Milano, Sugarco 1990 (''Unterwegs zu seiner Biographie'', Campus Verlag, Frankfurt 1988), p. 97 nella traduzione di F. Cassinari.</ref><ref>In una lettera datata 5 marzo 1919 Edmund Husserl lo indica a Rudolf Otto come un "protestante adogmatico".</ref>.
 
=== Assistente di Husserl, i "primi corsi friburghesi" (1919-1923) ===
[[File:Edmund Husserl 1900.jpg|thumb|Edmund Husserl, il padre della fenomenologia. Il 17 gennaio 1919 Heidegger viene nominato suo assistente]]
Quando, il 7 gennaio 1919 Heidegger diviene assistente di Husserl<ref>Husserl fu chiamato nel 1916 a sostituire Heinrich Rickert, mentre Heidegger era impegnato nel servizio militare. Husserl ebbe come assistente Edith Stein (1891-1942) dall'ottobre 1916 a febbraio 1918.</ref> ha già affrontato<ref>Su questo Volpi, Heidegger in EF, p.5211.</ref>, oltre gli studi già citati di Brentano e di Braig, anche i due volumi delle ''Logische Untersuchungen'' (1900-1901)<ref>In italiano ''Ricerche logiche'', a cura di Giovanni Piana, 2 volumi, Milano: Il Saggiatore, 1968</ref> del padre della fenomenologia.
 
È in questo periodo, tuttavia, che Heidegger inizia a maturare una propria visione dell'"ermeneutica della fatticità", così nei suoi "primi corsi friburghesi" (1919-1923) inizia ad emergere una certa originalità di pensiero<ref>Volpi, ''Heidegger'', in EF, p. 5212.</ref>. Partendo dal principio husserliano dell'andare alle "cose stesse" Heidegger pone al centro della sua ricerca il problema della vita umana, volendo comprenderla all'interno della sua "fatticità e storicità". Quindi Heidegger non intende porre la "vita umana" tra gli oggetti da osservare, non intende "sospendere la vita" (''ent-leben''), ma muoversi con essa alla ricerca della sua "autenticità" ovvero dell'ambito che le è proprio.
{{Citazione|Heidegger intende e pratica la filosofia non come un'attività teoretica tra le altre, come un sistema di teorie e dottrine indifferente alla vita, ma come comprensione della vita che implica una forma di vita e dà forma alla vita. La filosofia non è solo sapere, ma anche scelta di vita: è salvezza e redenzione.|Franco Volpi, ''Heidegger'' in "Enciclopedia filosofica" vol.6. Milano, Bompiani, 2006, p. 5212}}
 
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{{Citazione|Chi è stato ospite nella baita di Heidegger a Todtnauberg si ricorderà della sentenza incisa sulla corteccia sopra l'architrave della porta: τὰ δὲ πάντα οἰακίζει Κεραυνός "Il fulmine governa ogni cosa" (fr. 64). Queste parole sono allo stesso tempo una sentenza oracolare e un paradosso. Perché certamente in questa sentenza non viene inteso l'attributo del signore del cielo, attraverso cui egli fa tuonare le sue decisioni sulla terra, piuttosto l'improvviso e lampeggiante rischiararsi che rende di colpo ogni cosa visibile, ma in modo tale da essere di nuovo inghiottito dall'oscurità. Così almeno Heidegger legò le sue domande al senso profondo delle parole di Eraclito. Poiché l'oscuro compito che Heidegger attribuiva al suo pensiero non era come per Hegel l'onnipresenza del suo autosapersi dello spirito che in sé unisce l'identità dello scambio e l'unità speculativa degli opposti, ma proprio quell'insolubile unità e dualità di svelamento e nascondimento, di luce e oscurità, in cui il pensiero dell'uomo si trova avvolto. Unità e dualità che si infiamma nel fulmine, che certo non rappresenta il "fuoco eterno" come pensava Ippolito.|Hans-Georg Gadamer, ''Eraclito- Ermeneutica e mondo antico'' (titolo originale ''Heraklit Studien'' e ''Hegel und Heraklit''). Roma, Donzelli, 2004, pp.85-6}}
 
=== A Marburgo: ''Essere e tempo'' e Hannah Arendt, i "corsi marburghesi" (1923-1928) ===
[[File:Marburg Alte Universität.jpg|thumb|La Philipps-Universität di Marburgo, dove Heidegger insegnò dal 1923 al 1928.<ref>Nello stesso periodo questa università era anche la sede della "Fachbereich Evangelische Theologie" (Dipartimento di teologia evangelica), quindi anche della scuola di "fenomenologia della religione" di Marburgo fondata da Rudolf Otto (1866-1931).</ref>]]
Dopo aver compendiato le sue interpretazioni di Aristotele sviluppate lungo i "primi corsi friburghesi", Heidegger invia lo scritto (''Phänomenologische Interpretationen zu Aristoteles (Anzeige der hermeneutischen Situation)'', noto anche come ''Natorp-Bericht'')<ref>In GA 62, ''Phänomenologische Interpretation ausgewählter Abhandlungen des Aristoteles zu Ontologie und Logik'', pp. 341-419; ed.it. ''Interpretazioni fenomenologiche di Aristotele (Indicazione della situazione ermeneutica)'', traduzione di V. Vitiello, in ''Filosofia e teologia'', IV, 1990, pp.489-532.</ref> a Paul Natorp (1854-1924) e a Georg Misch (1878-1965) allo scopo di concorrere per l'insegnamento rispettivamente a Marburgo e a Gottinga. Natorp resta colpito dalla interpretazione di Aristotele promossa da Heidegger e nel 1923 lo nomina professore straordinario (''Extraordinarius'') all'Università di Marburgo.
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[[File:Kollegiengebaeude I Seite.JPG|thumb|La Albert-Ludwigs-Universität di Friburgo. Dal 21 aprile 1933 al 27 aprile del 1934, Heidegger ricoprì l'incarico di rettore di questa prestigiosa università operando attivamente per la sua "nazificazione".]]
Nell'autunno del 1928 Husserl si adopera affinché il suo allievo Martin Heidegger gli subentri nella cattedra della Albert-Ludwigs-Universität di Friburgo che il padre della fenomenologia deve lasciare per raggiunti limiti di età. Il 14 aprile 1933, Husserl viene definitivamente congedato dall'insegnamento. A partire dal varo della ''Reichsbürgergesetz'', datata 15 settembre 1935, Husserl perde, in quanto "ebreo", la cittadinanza tedesca. Husserl muore il 26 aprile del 1938. I contatti tra Husserl e Heidegger furono, dopo il congedo universitario di Husserl, sporadici, per lo più mediati dal filosofo Max Müller (1906-1994), il quale ricorderà: {{Citazione|Aveva per me l'aspetto di un "saggio"; non gli interessavano le questioni del quotidiano, anche se era proprio la politica quotidiana a minacciare costantemente lui e sua moglie perché ebrei. Era come se non sapesse nulla di questa minaccia, o semplicemente non volesse prenderne atto|Cit. in Safranski p. 313}} Dopo un primo sdegno occorso nel 1933, l'opinione di Husserl nei confronti di Heidegger tornò ad essere positiva. Ricorda, Müller, come lo considerasse ancora «il più dotato di tutti coloro che abbiano fatto parte della mia cerchia». Al funerale di Husserl, Heidegger non parteciperà. Nel 1940, su pressione dell'editore Max Niemeyer, Heidegger farà omettere la dedica a Husserl nella riedizione di ''Sein und Zeit'', ma il ringraziamento celato nelle note, a p.&nbsp;38, verrà comunque conservato.
==== Hannah Arendt ====
{{vedi anche|Hannah Arendt e Martin Heidegger}}
{{...||filosofia}}
 
Nell'autunno del 1924 avviene l'incontro con la studentessa diciottenne [[Hannah Arendt]], giunta a Marburgo con l'intenzione di partecipare ai seminari di Heidegger, allora trentacinquenne, il quale la nota e rimane colpito dal suo sguardo, come ricorderà in seguito. {{vedi anche|Hannah Arendt e Martin Heidegger}}
==== La pubblicazione di ''Essere e tempo'' e la nomina alla cattedra di filosofia a Marburgo ====
 
==== Pubblicazione di ''Essere e tempo'' ====
I contenuti dei seminari universitari di Marburgo (a partire da quello invernale del 1923-1924)<ref>In GA da 17 a 24.</ref> rappresentano un cammino verso la pubblicazione principale del filosofo tedesco, ''Sein und Zeit'' (Essere e tempo)<ref>In GA 2; di questa opera fondamentale di Heidegger disponiamo in lingua italiana di una prima traduzione di Pietro Chiodi pubblicata dalla Edizioni Bocca nel 1953, poi, rivista, dalla UTET nel 1969 e infine, sempre rivista, dalla Longanesi nel 1970; una successiva traduzione di Alfredo Marini è stata pubblicata nei Meridiani della Mondadori nel 2006.</ref> che uscirà nell'aprile del 1927.
 
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Nel dicembre 1926, in concomitanza di una visita di Jaspers, Heidegger decide di lasciare incompiuto, alla seconda sezione della prima parte, ''Sein und Zeit''. Il 3 maggio 1927 muore Johanna Kempf, la madre del filosofo. A pubblicazione avvenuta di ''Sein und Zeit'' (aprile 1927), il 19 ottobre 1927 Heidegger è nominato alla I cattedra di filosofia dell'Università di Marburgo. Nel frattempo, l'8 luglio dello stesso anno tiene una importante conferenza su ''Phänomenologie und Theologie'' (Fenomenologia e teologia)<ref>In GA 9; la traduzione italiana, di Franco Volpi, è in ''Segnavia'', pubblicato dalla Adelphi di Milano nel 1987</ref> presso la facoltà di teologia dell'Università di Tubinga.
 
=== Rientro a Friburgo; il coinvolgimento con il nazismo; i "corsi friburghesi" (1928-1944) ===
La collaborazione tra Heidegger e Husserl continua, nel 1928 preparano insieme la voce "Phenomenology" per la ''Encyclopaedia Britannica'', curando l'edizione di '' Vorlesungen zur Phänomenologie des inneren Zeitbewusstseins]''<ref>[https://www.freidok.uni-freiburg.de/fedora/objects/freidok:5974/datastreams/FILE1/content]</ref> ("Lezioni sulla fenomenologia della coscienza interna del tempo") a suo tempo predisposta da Edith Stein (1891-1942). In autunno viene chiamato dall'Università di Friburgo, la Albert-Ludwigs-Universität, a succedere alla cattedra di Husserl il quale la lasciava per raggiunti limiti di età<ref>Cfr. Elio Franzini ''Husserl'' in Enciclopedia filosofica, vol. 6, p. 5395.</ref>. Fu lo stesso Husserl a volere Heidegger come suo successore<ref>Safranski, p. 215</ref>.
 
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La fama di Heidegger si diffonde per tutto il contesto accademico tedesco, viene invitato quindi a ricoprire una cattedra significativa come quella di Ernst Troeltsch (1856-1923) a Berlino che rifiuta il 3 maggio 1930; l'anno successivo rifiuterà ancora un medesima offerta della stessa università e anche una analoga di quella di Monaco. Per giustificare il suo gesto terrà un discorso alla radio di Berlino che sarà raccolto nello scritto ''Warum bleiben wir in der Provinz?'' ("Perché restiamo in provincia")<ref>In GA 13: ''Aus der Erfahrung des Denkens''; la traduzione italiana di questo volume è di Nicola Curcio, pubblicata dalla casa editrice Il melangolo di Genova con il titolo ''Dall'esperienza del pensiero'' nel 2011</ref>.
 
Da luglio a dicembre del 1930 tiene diverse conferenze a Karlsruhe, Brema, Marburgo, Friburgo e Dresda (estate 1932), sul tema del ''Vom Wesen der Wahrheit'' ("Dell'essenza della verità")<ref>In GA 9: ''Wegmarken''; l'edizione italiana di questo volume, curata e tradotta da Franco Volpi, è ''Segnavia'', pubblicato dalla Adelphi di Milano nel 1987</ref>. Il 26 ottobre dello stesso anno tiene la conferenza nell'[[arciabbazia di Beuron|abbazia benedettina di Beuron]] su ''Augustinus: Quid est tempus?''<ref>In GA 80 volume in attesa di pubblicazione.</ref>.
 
==== Adesione al nazismo ====
==== Elezione a rettore a Friburgo, iscrizione allo NSDAP e posizioni antisemite ====
{{vedi anche|Heidegger e il nazionalsocialismo}}
{{W|filosofi|settembre 2013|Mancano tutti i wikilink.}}
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Nel settembre 1933 vengono offerte a Heidegger due ambiziose candidature alle cattedre delle prestigiose università di Berlino e di Monaco. L'opposizione al suo nome proviene da due fronti: da una parte i professori conservatori, dall'altra diversi professori nazisti che non riconoscevano nella sua filosofia la ''Weltanschauung'' propria del partito<ref>Alla fine l'offerta a Heidegger venne effettivamente fatta, ma lui la rifiutò motivandola che c'era bisogno di lui a Friburgo.</ref>. In questa circostanza inizia a circolare un documento stilato dal filosofo e psicologo nazista Erich Rudolf Ferdinand Jaensch (1883-1940), già collega di Heidegger nel periodo di Marburgo, il quale lo descrive come «pericoloso schizofrenico», propugnatore di pensiero ebraico di genere «avvocatesco-talmudico» che, per questa ragione, secondo Jaensch, avrebbe attratto così tanti ebrei ai suoi corsi. In realtà, secondo lo psicologo nazista, la condotta di Heidegger era solo un abile adattamento della sua filosofia al nazionalsocialismo<ref>Safranski, p. 325.</ref>. L'anno successivo Heidegger torna ad essere in predicato per un incarico molto ambizioso: la direzione del costituendo ''Nationalsozialistischer Deutscher Dozentenbund'' ("Lega dei docenti nazionalsocialisti").
 
In quella occasione Jaensch rincara la dose con una nuova relazione indicando le idee di Heidegger come «ciance schizofreniche», «banalità con le sembianze di cose significative», idee di un autore pronto a cambiare nuovamente bandiera qualora la rivoluzione nazista si dovesse arrestare. In quella stessa circostanza, il filosofo nazista Ernst Krieck (1882-1947), già nominato dai nazisti rettore della Johann Wolfgang Goethe-Universität di Francoforte, il quale mirava alla medesima posizione di filosofo del partito, esce allo scoperto e, sulla "prestigiosa" rivista di pedagogia nazista, da lui curata, ''Volk im Werden'', appare un articolo del seguente tenore:
{{Citazione|Il tono fondamentale della visione del mondo sottesa alla lezione di Heidegger si caratterizza con i concetti di cura e di angoscia, i quali si riferiscono entrambi al nulla. La cifra di questa filosofia è un aperto ateismo e un nichilismo metafisico, equivalente a quello sostenuto in modo particolare da vari autori Ebrei: essa è perciò un motivo di disgregazione e fiaccamento del popolo tedesco. In Essere e tempo Heidegger filosofeggia esplicitamente e volutamente a proposito della “quotidianità”; ma non vi è neanche un accenno in merito al popolo e allo Stato, alla razza, e al blocco valoriale della nostra immagine nazionalsocialista del mondo.|citato in ''Guida a Heidegger'' (a cura di Franco Volpi), Bari, Laterza, 2012, p. 37}}
[[File:Bundesarchiv Bild 146-2007-0118, Walter Gross.jpg|thumb|Walter Groß (1904-1945), direttore dell'Ufficio razziale dello NSDAP.<ref>Sarà lui (Safranski, p. 327) a segnalare agli uffici di Joseph Goebbels l'inopportunità di prendere in considerazione Heidegger, citando nell'occasione i rapporti dello psicologo nazista Erich Rudolf Ferdinand Jaensch (1883-1940) e gli articoli della rivista pedagogica ''Volk im Werden'', curata dal filosofo nazista Ernst Krieck (1882-1947), in cui la filosofia di Heidegger veniva accusata di essere nichilista e analoga a quelle di tipo "ebraico".</ref>]]
In analogo modo si mosse Walter Groß (1904-1945), astro nascente del partito nazista<ref>Il 15 maggio 1934 Walter Groß fu nominato, su indicazione del vice di Hitler, Rudolf Hess, nel "prestigioso" incarico di direttore del ''Rassenpolitisches Amt der NSDAP'' ("Ufficio per la politica razziale dello Nsdap"), cfr. Max Weinreich, ''I professori di Hitler'', 2003, Milano, Il Saggiatore, p. 98.</ref>, il quale, citando le relazioni di Jaensch e gli articoli di Krieck, avvertì l'ufficio di Joseph Goebbels dell'inopportunità di nominare a tale prezioso incarico Heidegger. Groß suggerisce a Goebbels anche di mettere fine alla politicizzazione delle università di modo che si possa mettere fine agli «sforzi penosi» dei docenti «di recitare la parte del nazionalsocialismo», riservando la cura ideologica alle predisposte sezioni di partito, lasciando alle università il solo ambito tecnico, economico e scientifico<ref>Safranski, p. 327.</ref>.
{{Approfondimento|larghezza = 350px|contenuto=[[File:Jaspers-Heidegger.JPG|300px|center]]<br />Jaspers e Heidegger si incontrano per la prima volta l'8 aprile del 1920, alla festa di compleanno di Edmund Husserl. Jaspers è già un professore affermato, insegna filosofia presso la Ruprecht-Karls-Universität di Heidelberg, mentre Heidegger è l'assistente di Husserl. Ambedue condividono l'esigenza di riformare l'insegnamento accademico, ma il sodalizio ha un arresto quando Heidegger, dopo aver inviato una copia della sua opera capitale, ''Essere e tempo'' all'amico, che considera insieme a Rudolf Bultmann (1884-1976) l'unico in grado di comprenderne appieno i contenuti, scopre che questi si è limitato ad affidare a Dolf Sternberger (1907-1989) e a Hans Jonas (1903-1993) l'esecuzione di due seminari. In realtà sappiamo dagli appunti personali di Jaspers che il filosofo non lesse mai del tutto l'opera di Heidegger non essendosene appassionato. Il rapporto tra i due riprende comunque con entusiasmo quando Jaspers invia a Heidegger le sue due opere del 1931 ''Philosophie'' ("Filosofia") e ''Die geistige Situation der Zeit'' ("La situazione spirituale del nostro tempo").
Nel giugno del 1933, divenuto rettore a Friburgo e aderente al Partito nazista, Heidegger si reca a Heidelberg per una conferenza sull'università nel III Reich. In questa circostanza incontra, per l'ultima volta, Jaspers. Nelle sue memorie Jaspers ricorda questo incontro con Heidegger che affronta il tema del "complotto ebraico mondiale". Jaspers, sposato con Gertrud Mayer (1879-1974) di origini ebraiche, è decisamente preoccupato per il suo avvenire e per l'avvenire della Germania in mano ai nazisti. Ciononostante Jaspers rimane dell'idea di poter mantenere un contatto filosofico con Heidegger, questo almeno fino all'ultima sua lettera, datata 16 maggio 1936. Nel 1937 Jaspers viene costretto al pensionamento e, a partire dal 1938, gli viene impedito di pubblicare le sue opere. Il professore di Heidelberg si prepara quindi a un eventuale arresto da parte della Gestapo meditando, in questo caso, di avvelenarsi insieme alla moglie. I contatti tra i due riprendono solo nell'autunno del 1945 quando Jaspers invia a Heidegger una copia della rivista "Wandlung" di cui è collaboratore. Heidegger non gli risponde, ma sollecita la ''Commission d'Epuration'' che si sta occupando della denazificazione delle università tedesche e quindi del suo caso, di prendere contatto con Jaspers. La Commissione è inizialmente intenzionata a dare il via libera alla docenza per Heidegger, ma il duro intervento di Jaspers contro Heidegger, dove questi viene denunciato come nazista e dove viene auspicato il suo allontanamento dall'insegnamento, gli fa cambiare idea. Nel 1949 il rettore della Albert-Ludwigs-Universität di Friburgo, Gerd Tellenbach (1903-1999), si rivolge tuttavia nuovamente a Jaspers per un parere su un eventuale ritorno di Heidegger all'insegnamento. Questa la risposta di Jaspers: {{Citazione|Magnifico Rettore, Con quel che ha fatto in filosofia, Heidegger è riconosciuto in tutto il mondo come uno dei filosofi più importanti del nostro tempo. In Germania non c'è nessuno che lo superi. Il suo modo di fare filosofia, sensibile alle questioni più profonde e riconoscibile solo indirettamente nei suoi scritti, fa di lui oggi, in un mondo filosoficamente povero, una figura unica. [...]| In M. Heidegger-K. Jaspers, ''Briefwechsel 1920-1963'' (a cura di W. Biemel e H. Saner) Francoforte, Monaco, Zurigo, Klostermann, Piper, 1990, p.p. 275.6; Cit. in Volpi ''Guida a Heidegger'', p.43}} La relazione tra i due filosofi riprende, ma il rifiuto di Heidegger di fare autocritica sul suo trascorso nazista fa nuovamente sprofondare il rapporto. Nella sua lettera del 22 settembre 1959 Jaspers chiarisce ad Heidegger che «Dal 1933 in poi si è interposto tra noi un deserto che, dopo quanto è accaduto ed è stato detto in seguito, appare sempre più inattraversabile».<br />
Il 26 febbraio 1969 Karl Jaspers muore, sul suo scrittoio rimane aperto un faldone di 300 pagine manoscritte il cui ultimo appunto è un addio a Heidegger:
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La studiosa Francesca Brencio, considerando che la prospettiva ermeneutica di tali affermazioni sia ancora di fatto assente, avanza invece l'ipotesi che tale antisemitismo sia piuttosto legato «alla spietata critica che Heidegger muove al cristianesimo»<ref>Francesca Brencio, ''Heidegger, una patata bollente'', in ''La pietà del pensiero. Heidegger e i Quaderni Neri'', Passignano sul Trasimento, Aguaplano, 2015, p.139</ref>. Di tutt'altro avviso il figlio di Heidegger, Hermann Heidegger, storico e curatore testamentario delle opere del filosofo tedesco, nonché diretto curatore di alcuni volumi della ''Martin Heidegger Gesamtausgabe'' che, in un suo articolo del 6 agosto 2015 pubblicato dallo ''Die Zeit'' di Amburgo, sostiene che il filosofo non è mai stato antisemita<ref>Cfr. [http://www.zeit.de/2015/32/martin-heidegger-antisemitismus-sohn-hermann-heidegger qui]</ref>. Allo stesso modo, il principale curatore della ''[[Martin Heidegger Gesamtausgabe]]'', Friedrich-Wilhelm von Herrmann, in un articolo a sua firma pubblicato il 4 ottobre 2015 sul quotidiano italiano il ''Corriere della Sera''<ref>[http://rassegna.be.unipi.it/20151005/SID1045.pdf Cfr. p. 39].</ref> respinge l'accusa di antisemitismo rivolta al filosofo tedesco, evidenziando come un'analisi strettamente filologica dei termini usati negli ''Schwarze Hefte'' conduca a delle conclusioni assolutamente diverse rispetto a quelle finora considerate dai suoi critici e da lui considerate "improvvisate".
 
==== RitornoDimissioni allada filosofia, Hölderlinrettore ====
Dimessosi da rettore e rifiutato come direttore della Lega dei docenti nazionalsocialisti, nel maggio 1934 Heidegger diviene componente della Commissione di filosofia del diritto dell'<nowiki></nowiki>''Akademie für deutsches Recht'' ("Accademia per il diritto tedesco"). Nello stesso mese si reca a Weimar dove visita l'"Archivio Nietzsche" e dove incontra Elisabeth Nietzsche (1846-1935). In questo periodo il coinvolgimento di Heidegger con la politica si va allentando anche se nutre ancora fede in Hitler e nella rivoluzione nazionalsocialista<ref>Safranski, 342.</ref>. Significativo in tal senso è il corso del semestre estivo del 1934<ref>In GA 38 con il titolo ''Logik als die Frage nach dem Wesen der Sprache''.</ref> che previsto con il titolo "Stato e scienza", aveva attirato numerose personalità naziste curiose anche di conoscere cosa avrebbe sostenuto Heidegger rispetto alle sue dimissioni da rettore. Entrato in aula il filosofo comunica l'intenzione di mutare l'argomento del corso in "Logica" intesa come interrogazione sui fondamenti dell'essere, luogo della problematicità: alla seconda ora di lezione la sala si svuota, solo gli interessati alla filosofia sono presenti<ref>Safranski, pp. 342-3.</ref>.
 
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{{Citazione|il poeta fonda ciò che resta|GA 39, p. 214|Was bleibet aber, stiften die Dichter|lingua=DE}}
 
Per meglio significare questo valore, Heidegger introduce una modifica grafica al termine ''Sein'' che diventa ''Seyn'': all'"essere" (''Sein'') si aggiunge, nella terminologia heideggeriana, l'Essere (''Seyn''):
{{Citazione|Il poeta è il fondatore dell'Essere|GA 39, p. 214|Der Dichter ist der Stifter des Seyns|lingua=DE}}
 
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{{Citazione|Il domandare dell'Essere secondo la sua storia non è rovesciamento della metafisica, bensì de-cisione in quanto progetto del fondamento di quella distinzione in cui anche il rovesciamento deve continuare a mantenersi. Con tale progetto questo domandare giunge assolutamente al di fuori della distinzione tra essere ed ente ed è per tale ragione che essa scrive ora il nome dell'essere (''Sein'') nella forma di "Essere" (''Seyn''). Ciò deve indicare che qui l'essere non è più pensato nel senso della metafisica.|GA 65, p.436; traduzione di Franco Volpi in ''Contributi alla filosofia (Dall'Evento)''; Milano, Mondadori, 2010, pp. 782-3 |Das seynsgeschichtliche Erfragen des Seyns ist nicht Umkehrung der Metaphysik, sondern Ent-scheidung als Entwurf des Grundes jener Unterscheidung, in der sich auch noch die Umkehrung halten muß. Mit solchem Entwurf kommt dieses Fragen überhaupt ins Außerhalb jener Unterscheidimg von Seiendem und Sein; und sie schreibt deshalb auch das Sein jetzt als »Seyn«. Dieses soll anzeigen, daß das Sein hier nicht mehr metaphysisch gedacht wird. |lingua=DE}}
 
=== La "Svoltasvolta" e gli ultimi anni ===
Dimessosi dal rettorato, ed evitando ogni coinvolgimento politico diretto, Heidegger aveva continuato a tenere i suoi corsi accademici, ma senza pubblicare più alcuna opera fino al [[1942]]. Fra i corsi di questo periodo troviamo soprattutto quelli su [[Nietzsche]], poi editi nel [[1961]], mentre del [[1935]] è la conferenza su ''L'origine dell'opera d'arte'',<ref>[http://www.filosofico.net/esteticaheideggerrr.htm Martin Heidegger: opera d'arte e verità dell'essere], a cura di Claudia Bianco.</ref> e dell'anno seguente quella tenuta a [[Roma]] dedicata a ''Hölderlin e l'essenza della poesia''.
 
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== Pensiero ==
{{Citazione|Il filosofo deve restare solitario, perché lo ''è'' nella sua essenza. La sua solitudine non può essere ''discussa''. L'isolamento non è qualcosa che si può volere. Proprio per questo egli deve esserci sempre nei momenti decisivi e non può farsi da parte. Egli non fraintenderà la solitudine interpretandola nel senso esteriore di un ritirarsi e di un lasciar-correre le cose.|M. Heidegger, ''L'essenza della verità. Sul mito della caverna e sul «Teeteto» di Platone'' [1931-32], a cura di H. Mörchen [1988], edizione italiana a cura di [[Franco Volpi (filosofo)|F. Volpi]], Adelphi, Milano 2009³, p. 112<ref>Cfr.{{cita libro|autore=M. Heidegger|titolo=Vom Wesen der Wahrheit. Zu Platons Höhlengleichnis und Theätet|curatore=H. Mörchen|opera=Martin Heidegger Gesamtausgabe|volume=34|editore=Verlag Vittorio Klostermann|città=Frankfurt am Main|annooriginale=1988|anno=1997|ed=2|isbn=978-3-465-02924-3|p=86|url=https://books.google.it/books?hl=it&id=AGVAAQAAIAAJ&dq=Vom+Wesen+der+Wahrheit&focus=searchwithinvolume&q=Einsamkeit|citazione=Der Philosoph muẞ einsam bleiben, weil er es seinem Wesen nach ''ist''. Seine Einsamkeit ist nicht zu ''bereden''. Vereinzelung ist nichts, was zu wollen wäre. Gerade deshalb muẞ er immer wieder in entscheidenden Augenblicken da sein und nicht weichen|lingua=tedesco|accesso=7 luglio 2016}}</ref>.}}
=== OntologiaL'ontologia esistenzialista di ''Essere e tempo'' ===
[[File:Heideggerrundweg0009part..JPG|thumb|La baita dove Heidegger scrisse ''Essere e tempo'', situata nei pressi di Todtnauberg, nella Foresta Nera.<ref>La baita fu fatta costruire dalla moglie del filosofo, Elfride, nel corso del 1922. Sull'architrave della porta, nella corteccia, Heidegger fece incidere il detto eracliteo «τὰ δὲ πάντα οἰακίζει Κεραυνός» («il fulmine governa ogni cosa», Eraclito, fr. 64).</ref>]]
{{vedi anche|Essere e tempo}}
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Nel costruire la sua ontologia, ossia la scienza che descrive l'[[essere]] e le sue strutture fondamentali, Heidegger ritiene si debba partire dal soggetto che pone la domanda su che cosa sia l'essere, cioè l'[[uomo]]. L'uomo ha avuto un rapporto problematico con la definizione di essere, finendo per concepirlo come "[[oggetto (filosofia)|oggettività]]", come ''semplice presenza'', come la qualità per cui diversi oggetti o entità sono ''posti'' davanti a me (''ob-jecta'' in [[lingua latina|latino]]). Questa definizione non tiene conto dell'uomo stesso, al quale gli oggetti sono bensì presenti, ma che non è una semplice presenza nel mondo, bensì un prendersi «cura» di esso, un agire rivolto al [[futuro]] continuamente operando in vista di uno scopo. Recependo infatti l'insegnamento fenomenologico, secondo Heidegger l'esistenza umana significa essenzialmente ''[[trascendenza]]'', protesa però allo stesso tempo verso il mondo, al fine di modellarlo e progettarlo. L'uomo quindi non è presenza ma ''progetto'', o alternativamente ''esser-ci'' (''[[Dasein]]''),<ref>Il termine tedesco ''Dasein'', composto dalla preposizione ''Da'' + il verbo ''Sein'', significa appunto ''essere qui'', ''esserci''.</ref> ''essere nel mondo'', in quanto nodo inestricabile di situazioni nel quale si trova calato.<ref name="Abbagnano">[[Nicola Abbagnano]], ''Linee di storia della filosofia'', III vol., Torino, Paravia, 1960, pag. 187.</ref>
 
==== UomoL'uomo come progetto ====
Se si intende l'essere come progettare, si modifica anche la concezione dell'essere degli oggetti, o degli «enti intramondani»: questi non sono più presenze che sussistono in maniera indipendente da noi, come induce a credere il [[metodo scientifico]], ma vengono visti come strumenti in funzione del nostro progetto. Un progetto che consiste appunto nel «preoccuparsi» di tali strumenti, averne ''cura'' nel senso latino del termine, un compito che l'uomo, per sua natura, ha nei confronti di essi. Del resto, anche la presunta oggettività con cui la [[tecnica]] dice di guardare loro, è in realtà in funzione della loro strumentalità o utilizzabilità.<ref>Nicola Abbagnano, ''ibidem''.</ref>
 
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Il sentimento che mantiene aperta sull'uomo la minaccia della morte è l'[[angoscia]], che non è da intendere come timore, altrimenti foriero di debolezza e di desiderio di fuga dal proprio destino, ma va vista come il momento di comprensione emotiva della propria nullità. Di fronte all'angoscia, infatti, «l'uomo si sente in presenza del niente, dell'impossibilità possibile della sua esistenza».<ref>Cit. di Heidegger tratta da Abbagnano, ''op. cit.'', pag. 188.</ref> Solo l'angoscia, mostrando ogni situazione alla luce della morte, gli consente di realizzare la storicità dell'esistenza, evitando di cristallizzarla su possibilità già verificatesi; e d'altro lato, vivendo per la morte, l'uomo riesce ad accettare più liberamente anche quelle circostanze che tendono a ripetersi, per poter restare fedele al [[destino]] suo e della comunità cui appartiene.<ref name="Abbagnano"/> L'essere-per-la-morte (''SeinZumTode''), facendogli prendere coscienza del significato della storia, costituisce quindi il progetto dell'esserci in quanto tale.
 
==== OrizzonteL'orizzonte temporale del progetto ====
Poiché ogni progetto è limitato dalla morte, esso si ritrova calato in una dimensione temporale, crocevia di passato, presente e futuro. E dal momento che, come si è visto, gli oggetti intramondani vengono all'essere attraverso quel progetto storico-temporale che è l'uomo, si può dire che l'essere si dà nel [[tempo]]; un concetto, questo, già di derivazione [[neoplatonica]] e [[agostinismo|agostiniana]],<ref>Perone, ''op.cit.'', pag. 370.</ref> per il quale l'Essere non solo «è», ma appunto «si dà», «avviene», rivelandosi entro l'orizzonte della storia, dove ''ciò che sarà'' è destinato a cadere in ''ciò che è stato'', e al cui destino l'uomo è chiamato a prestare fedeltà.<ref>«L'essere accade ''[ereignet]'', e al tempo stesso fa accadere, istituisce, l'essere è ''evento''. L'essere, nel consegnare all'orizzonte della temporalità l'uomo come progetto-gettato, "accade" esso stesso, nella misura in cui tale progetto istituisce un'apertura che è la libertà del rapporto tra l'uomo e il suo mondo; così che il rapporto tra l'uomo e l'essere si manifesta come reciproca appropriazione: l'uomo è ''appropriato'', potremmo dire, all'essere; l'essere da parte sua è ''consegnato'' all'uomo» (Martin Heidegger, cit. in ''Martin Heidegger e Hannah Arendt. Lettera mai scritta'', a cura di Pio Colonnello, Guida, Napoli, 2009, pag. 50 ISBN 978-88-6042-693-2).</ref> Heidegger dirà più tardi: «L'avvenire è l'origine della storia. [...] L'Inizio è ancora. Non è alle nostre spalle, come un evento da lungo tempo passato, ma ci sta di fronte, davanti a noi. L'inizio, in quanto è ciò che vi è di più grande, precede tutto ciò che è sul punto di accadere e così è già passato oltre di noi, al di sopra di noi».<ref>Cit. di Heidegger tratta dalle Lezioni del semestre invernale 1937-38.</ref> Le ulteriori riflessioni di Heidegger sulle consonanze tra ''Essere e tempo'' sono incompiute per l'impossibilità di disporre di una terminologia linguistica adeguata, che non fosse ereditata dalla metafisica tradizionale.
 
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Non a caso il suo metodo di indagine si basò sempre più spesso sulla rilettura di testi poetici o filosofici ed in particolar modo di frammenti di [[filosofia greca arcaica|pensatori greci arcaici]].<ref>F. Volpi, ''Pensiero, poesia e linguaggio'', in ''Guida a Heidegger'', ''op. cit.''</ref>
 
==== La ''Lettera sull'"umanismo"'' ====
Con la pubblicazione della ''Lettera sull'"umanismo"'' Heidegger rese note le tematiche dell'evoluzione del suo pensiero, rispondendo anche alla pressante richiesta di un'[[etica]] che completasse la sua ontologia.<ref>J-L. Nancy, ''L'etica originaria di Heidegger'', Napoli, Cronopio, 1996.</ref> Risalendo al detto di [[Eraclito]], secondo cui «''Ethos anthròpo [[daimon (religione e filosofia)|daimon]]''» («il carattere proprio dell'uomo è il suo [[destino]]»),<ref>«Ηθος Ανθρωπῳ Δαιμων» (Eraclito, frammento 119 [[Diels-Kranz]]).</ref> Heidegger lo analizza interpretando etimologicamente la parola ''ethos'' come soggiorno, dimora: ed il linguaggio viene ad essere considerato appunto come il luogo aperto, la finestra, attraverso cui l'Essere si può manifestare all'uomo nella sua [[verità]]. In un celebre passaggio della ''lettera'', Heidegger afferma che:
 
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Nella stessa "lettera" Heidegger respinge pertanto ogni forma [[umanismo|umanistica]] di etica, cioè che riconduca l'etica alla volontà e soggettività di «un'umanità che, come ''subiectum'',<ref>Il termine latino sta a indicare quella soggettività di cui l'uomo si è appropriato ma che non gli apparteneva: «Dobbiamo senz'altro intendere questa parola ''subjectum'' come la traduzione del greco ''hypokeìmenon''. La parola indica ciò che-sta-prima, ciò che raccoglie tutto in sé come fondamento. Questo significato metafisico del concetto di soggetto non ha originariamente alcun particolare riferimento all'uomo, o meno ancora all'Io. Ma il costituirsi dell'uomo a primo e autentico ''subjectum'' porta con sé quanto segue: l'uomo diviene quell'ente in cui ogni ente si fonda nel suo modo di essere e nella sua verità» (Heidegger, ''L'epoca dell'immagine del mondo'' [1938], in ''Sentieri interrotti'', La Nuova Italia, 1968).</ref> è a fondamento di tutto l'ente»,<ref>''Ibid.'', pag. 125.</ref> facendone qualcosa di intrinsecamente nichilista. L'unica etica possibile è quella che viene prima di ogni etica, che tenga conto di quella [[differenza ontologica]] che consente all'uomo di esperire la [[trascendenza]] dell'essere rispetto all'ente, e quindi di abbandonare la pretesa di impossessarsi dell'ente e di manipolarlo riducendolo a mero strumento della propria tecnica.
 
==== ''Il destinoDestino dell'essere''Essere ====
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