Zuavi pontifici: differenze tra le versioni

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Il '''battaglione degli Zuavi pontifici''' fu un corpo militare dello [[Stato Pontificio]].
 
Creato il 1º gennaio [[1861]] sul modello dei corpi di [[Zuavi]] dell'[[esercito francese]], era costituito da volontari, in maggioranza francesi, belgi e olandesi, giunti nello Statostato, per difenderlo dagliin caso di attacchi militari del [[Regno d'Italia]] che premeva per la [[presa di Roma]], al fine di completare l'[[unità d'Italia]]. La sua storia si identifica con l'ultimo decennio di vita dello Stato della Chiesa (1860-1870). Il reggimento fu licenziato il 21 settembre [[1870]], dopo la [[presa di Roma]].
 
== Storia ==
=== La creazione ===
[[File:Demerode.jpg|thumb|De Merode, proministro alle armi (1860-1865).]]
Nel [[1860]] la sorte dello Stato pontificio appariva assai critica, nel disinteressedisimpegno delle potenze cattoliche d'Europa. Fu allora che il [[cameriere pontificio|cameriere personale]] del [[papa Pio IX]] monsignor [[Francesco Saverio de Mérode]], ex militare della [[Legione straniera francese]] divenuto proministro delle Armi della Santa Sede, decise di fare appello al generale [[Christophe Louis Léon Juchault de Lamoricière|de Lamoricière]] perché riorganizzasse l'[[esercito pontificio]] e ne prendesse il comando. De Lamoricière accettò la proposta di comandare l'esercito pontificio, {{Citazione necessaria|rispondendo che «un figlio non può non rispondere alla chiamata di un padre».}}
 
Per aumentare gli effettivi, Lamoricière ricorse all'arruolamento volontario, facendo appello ai cattolici presenti negli stati europei. Belgi e francesi costituirono un battaglione di tiratori franco-belgi agli ordini del visconte [[Louis de Becdelièvre]], al quale si deve l'uniforme del corpo, ispirata a quella degli [[zuavi]], ma adattata alla temperatura di [[Roma]]<ref>L'uniforme degli zuavi pontifici non entusiasmò la curia, dove un cardinale ebbe a dire, considerando i calzoni a sbuffo, - "È proprio un'idea da francesi, vestire i soldati del papa da musulmani." - ma l'idea piacque a Pio IX.</ref>. L'idea trovò il sostegno di monsignor de Merode e del papa in persona, sicché questi tiratori furono chiamati «Zuavi pontifici» ancora prima della creazione ufficiale del corpo<ref>Questa affluenza di truppe straniere creò anche non pochi problemi. Si veda in [http://books.google.it/books?id=2JIpAAAAYAAJ&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=false Carlo Belviglieri, ''Storia d'Italia dal 1814 al 1866'', vol. V, Milano 1868], p. 228: {{citazione|Lamoricière fece levare ad Antonelli il portafogli della guerra e conferirlo al De Mérode (con che cominciò l'antagonismo tra il cardinale italiano ed il prelato belga); dispose i quadri, gli armamenti, istituì i zuavi pontifici, ed infine cimentossi a stabilire la militar disciplina; difficile impresa tra le antiche truppe pontificie, difficilissima tra i nuovi venuti, perché quelli di gran nome aveano tutti i pregiudizi, le pretensioni, l'arroganza aristocratica; gli altri, e massime gli irlandesi, erano un'affamata bordaglia e ad ogni istante commettevano scandali, risse, ruberie, tanto che si dovette venire alla risoluzione di rinviare i più riottosi, ed infine di fucilarne. Ciò nondimeno il fermo volere ottenne più di quanto era sembrato possibile.}}</ref>.
 
Con la sconfitta delle truppe pontificie alla [[battaglia di Castelfidardo]], il 18 settembre [[1860]], lo Stato pontificio si trovò ridotto al solo [[Lazio]]. Il disastro fece allora affluire i volontari a Roma: il battaglione degli zuavi pontifici fu costituito inizialmente dai tiratori franco-belgi e dagli irlandesi del [[Battaglione san Patrizio]]. Ad essi si erano aggregati, prima della battaglia, i pochi "crociati" di [[Henri de Cathelineau]].<ref>Henri comte de Cathelineau (1813-1891) fu un generale di brigata francese al seguito del generale vandeano e legittimista [[Louis Auguste Victor de Ghaisne de Bourmont]]. Giunto a Roma per sostenere i domini minacciati del Papa, creò qui, su richiesta di Pio IX, un ordine militare detto "Croisés de Cathelineau", che ebbe pochi mesi di vita, e i cui membri residui confluirono nel corpo degli zuavi pontifici.</ref> Il comando, affidato al colonnello de Becdelièvre, passò presto al colonnello svizzero Eugenie-Joseph Allet, un ufficiale da lungo tempo al servizio del papa.
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=== La campagna del 1867 e Mentana ===
{{vedi anche|Battaglia di Mentana|Campagna dell'Agro romano per la liberazione di Roma}}
Il 1º gennaio [[1867]] il corpo fu riorganizzato come [[reggimento]] dopo le buone prove nella repressione del [[Brigantaggio postunitario nello Stato Pontificio|brigantaggio]] proveniente dal [[Mezzogiorno (Italia)|Mezzogiorno]]<ref name="Alfio Caruso 2015">Alfio Caruso, ''Con l'Italia mai! La storia mai raccontata dei mille del papa'', Longanesi, 2015.</ref>. Nell'estate dello stesso anno gli zuavi furono chiamati a soccorrere la popolazione del [[Lazio]] meridionale colpita gravemente dal [[colera]]. Giunti ad [[Albano Laziale|Albano]], 42 zuavi comandanti dal sergente Serio, napoletano, trovarono il paese in situazioni drammatiche, nella piazza principale erano ammucchiati morti in stato di decomposizione. Rimanevano insepolti perché gli abitanti avevano paura di contrarre il morbo.
Il giorno seguente arrivò il tenente de Resimont che, con il suo sergente maggiore de Morin, diede l'esempio: raccolse un cadavere e lo portò nel cimitero. Così durante il giorno e tutta la notte gli zuavi diedero sepoltura ai cadaveri che si trovavano per le strade del paese. Li raggiunsero anche altri zuavi tra cui de Charette, de Troussures e de Veaux (che morì a Mentana). Seguì poi l'arrivo del generale [[Ermanno Kanzler|Kanzler]] che non solo portò il messaggio di gratitudine di [[Pio IX]] agli zuavi ma donò alcune onorificenze a chi si era distinto per la sua abnegazione (come de Resimont, il Nobile Luigi Maria [[Tuccimei]], de Morin, ...). Al termine dell'operazione ritornarono nelle caserme romane. Furono sei gli zuavi morti ad Albano soccorrendo la popolazione colpita dal morbo<ref name="Alfio Caruso 2015"/>.
 
A fine di settembre i garibaldini tentarono l'invasione dello [[Stato pontificio]]. Convinti di aver ragione sul dominio pontificio, tentarono di suscitare l'insurrezione di Roma, appoggiandosi ai membri romani dell'Associazione italiana. Mentre i soldati combattevano sui campi di battaglia, un gruppo di fiancheggiatori dei garibaldini tentò di provocare una sollevazione in città con un atto terroristicoattentato. Il 22 ottobre fu fatta scoppiare una bomba alla [[Palazzo Serristori (Roma)|caserma Serristori]], sita nel rione [[Borgo (rione di Roma)|Borgo]], provocando la morte di 23 degli zuavi che vi erano acquartierati, oltre a quella di quattro civili. La sollevazione popolare della città tuttavia non scattò, bloccata, ancor prima di iniziare, da decise azioni di polizia, coadiuvata dagli stessi zuavi.
 
Il 26 ottobre Garibaldi occupò [[Monterotondo]]: la strada verso Roma era spianata. Ma il generale, prudentemente, non diede l'ordine di attaccare le mura prima che la città fosse insorta. Il 29 ottobre avanzò sino a villa Spada e al [[Ponte Nomentano]], nella speranza di suscitare, con la sua presenza, la ribellione in Roma. Ma essa non si verificò. Il 30 Garibaldi tornò sui propri passi a Monterotondo. Nel frattempo - il 27 ottobre - [[Vittorio Emanuele II]] emanò il proclama che disapprovava l'azione garibaldina, e {{citazione necessaria|non pochi}} dei circa 8.000 effettivi di Garibaldi disertarono l'azione.
 
Pochi giorni dopo il proclama di Vittorio Emanuele, la Francia inviò un corpo di spedizione in difesa dello Stato Pontificio. Il 29 ottobre sbarcò a [[Civitavecchia]] e poi raggiunse Roma. La controffensiva pontificia, il 3 novembre, fu guidata dal pro-ministro delle Armi, generale [[Hermann Kanzler]], a capo di una forza di circa 8.000 uomini costituita da carabinieri pontifici, zuavi e volontari francesi della "legione d'Antibes". La battaglia si concentrò a sud di [[Mentana (Italia)|Mentana]], mentre Garibaldi cercava di trasferire i suoi uomini verso [[Tivoli]]: i pontifici conseguirono la vittoria. Il 6 novembre le truppe franco-pontificie sfilarono vittoriose a Roma e i popolani che vi assistettero gridavano "Viva Pio IX, viva la Francia, viva gli zuavi, viva la religione!".
 
In seguito [[Pio IX]] fece erigere al centro del [[Pincetto Vecchio]], nel [[cimitero del Verano]], un monumento in ricordo dei caduti pontifici del [[1867]].<ref>Nel 2008 un'Associazione Pontificia scrisse una lettera al Sindaco di [[Monterotondo]], sig. Lupi, chiedendo di sostituire le lapidi degli zuavi nel locale cimitero causa la scritta "mercenari del Papa". Il primo cittadino girò la richiesta al Direttore del Museo nazionale della Campagna dell'Agro Romano per la liberazione di Roma che fornì ampi riferimenti storici sulla definizione riferita agli Zuavi. Tutto è rimasto invariato.</ref>
 
[[File:Roma cimitero Verano monumento caduti pontifici mentana.jpg|thumb|left|Il Monumento ai Caduti Pontifici al Cimitero del Verano.]]