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Il 5 marzo [[1991]] la prima sezione penale della Corte di Cassazione, presieduta dal giudice [[Corrado Carnevale]], annullò le condanne in appello, confermando le tre assoluzioni di Galeota, Misso e Pirozzi<ref name="notte" />. Il sostituto procuratore generale [[Antonino Scopelliti]] era contrario e mise in guardia i giudici dal far prevalere l'impunità del crimine. La Cassazione ordinò la ripetizione del processo, dinnanzi ad altra sezione della Corte d'appello di Firenze. Quest'ultima, il 14 marzo [[1992]], confermò gli ergastoli per Calò e Cercola, condannò Di Agostino a 24 anni e Schaudinn a 22. Misso fu condannato a 3 anni per detenzione di esplosivo, mentre le condanne di Galeota e Pirozzi furono ridotte a 1 anno e 6 mesi ciascuno<ref>{{Cita news|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,5/articleid,0824_01_1992_0073_0005_25080101/|autore=Vincenzo Tessandori|titolo=Delitto dopo la sentenza|pubblicazione=''La Stampa''|data=15 marzo 1992|accesso=16 ottobre 2016}}</ref>.
Quello stesso giorno Galeota e Pirozzi, insieme alla moglie Rita Casolaro e alla moglie di Giuseppe Misso, Assunta Sarno, stavano ritornando a [[Napoli]] quando, durante il viaggio, incorsero in un agguato: la loro auto (una Ford Fiesta XR2) fu speronata e mandata fuori strada da alcuni killer della camorra che li seguivano sull'autostrada A1, all'altezza del casello di Afragola-Acerra, alle porte di Napoli. Le armi da fuoco dei killer lasciarono sul terreno i corpi senza vita di Galeota e della Sarno, quest'ultima
La quinta sezione penale della Cassazione, il 24 novembre [[1992]], confermò la sentenza riconoscendo la «matrice terroristico-mafiosa» dell'attentato<ref name="ergastolo" />.
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