Scuola bolognese dei glossatori: differenze tra le versioni

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Un giudice Pepo prese parte in un [[placito]] dell'XI secolo (in cui era presente l'imperatore [[Enrico IV di Franconia|Enrico IV]]), il cosiddetto "[[placito lombardo]]"; nell'occasione egli sostenne la necessità di punire con la morte un uomo colpevole di aver ucciso un servo, argomentando sul presupposto della naturale eguaglianza fra gli uomini.
 
Nel "[[Placito di Marturi]]", invece, un Pepo difende un [[Abbazia di San Michele Arcangelo a Martùri|monastero]]<ref>Si tratta dell'[[Abbazia di San Michele Arcangelo a MartùriMarturi]]</ref> dalle pretese di nobili locali che si rifiutavano di rilasciare dei beni lasciati in [[eredità]] ai monaci da un membro della famiglia. Cita un passo [[ulpiano|ulpianeo]] del Digesto per sostenere che la denegata giustizia consente il reintegro nel [[possesso]] (l'impossibilità di trovare un giudice aveva permesso che trascorresse il tempo necessario per la [[prescrizione]]).
 
Un'ipotesi formulata da [[Piero Fiorelli]] negli [[anni 1970|anni settanta]] del [[XX secolo|Novecento]]<ref>[[Piero Fiorelli]], ''Clarum Bononiensium lumen'', in: {{cita libro|cognome=VV.|nome=AA.|titolo=Per Francesco Calasso. Studi degli allievi, testimonianza nel decimo anniversario della morte|editore=Bulzoni|anno=1978|pagine = pp. 415-459}}</ref> vorrebbe identificare Pepo con quel Pietro che fu [[vescovo]] [[scisma]]tico di Bologna dal [[1085]] in poi.