Guerra d'Eritrea: differenze tra le versioni

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Il successore di Depretis, [[Francesco Crispi]], seppur anch'egli critico verso questa campagna coloniale, decise di continuare le operazioni, inviando in Eritrea un corpo di spedizione forte di 20.000 uomini al comando del [[generale]] [[Alessandro Asinari di San Marzano]]; il corpo di spedizione giunse in Eritrea a partire dall'ottobre del [[1887]], ma rimase per diversi mesi nei suoi acquartieramenti di Massaua, in attesa dell'esito di una missione diplomatica britannica inviata presso il negus per riportare la pace tra Italia ed Etiopia. Fallite le trattative, il 1º febbraio [[1888]] San Marzano mosse le sue truppe e rioccupò Saati, fortificandolo pesantemente. Nel marzo dello stesso anno, il negus mosse con un grosso esercito verso Saati, attestandosi a poca distanza dalle posizioni italiane; i due eserciti si fronteggiarono dalle rispettive posizioni, fino a che, nell'aprile seguente l'esercito del negus, falcidiato dalle malattie, non decise di ritirarsi, senza essere inseguito dagli italiani. Di lì a poco, anche lo stesso San Marzano venne richiamato in patria insieme a gran parte del corpo di spedizione, lasciando il comando della colonia al generale [[Antonio Baldissera]].
 
Baldissera iniziò subito a ristrutturare l'organizzazione militare italiana nella colonia: in particolare, le truppe indigene reclutate localmente (gli [[ascariàscari]]) vennero ampliate e riunite in una struttura a parte, il [[Regio Corpo Truppe Coloniali d'Eritrea|Corpo Speciale d'Africa]], che poteva mettere in campo quattro battaglioni autonomi di [[ascariàscari]] comandati da ufficiali italiani. Con queste nuove truppe, Baldissera ricevette il compito di risalire l'altopiano eritreo e di occupare la città di [[Asmara]], sfruttando il momento di debolezza in cui si trovavano gli etiopi: il negus Giovanni, infatti, era stato ucciso il 9 marzo [[1889]] nella [[battaglia di Gallabat]] contro i mahdisti sudanesi, e il suo successore, [[Menelik II]], era ancora intento a rafforzare la sua posizione. L'avanzata di Baldissera fu lenta, preferendo il generale agire per vie diplomatiche con i ras locali, tutti piuttosto ostili al governo centrale etiopico. Il 26 luglio [[1889]] venne occupata, praticamente senza combattere, la città di [[Cheren]], seguita il 3 agosto da Asmara, ma l'8 agosto gli italiani incapparono in una nuova sconfitta [[Battaglia di Saganeiti|a Saganeiti]], quando una piccola colonna di ascari cadde in un'imboscata di ribelli eritrei, perdendo diversi uomini e tutti gli ufficiali italiani; la sconfitta attirò pesanti critiche su Baldissera, che tuttavia venne riconfermato dal Governo nel suo ruolo.
 
Baldissera propose di continuare nella politica di dividere i ras dal governo centrale per guadagnare altre posizioni, ma il nuovo ambasciatore italiano ad [[Addis Abeba]], il conte [[Pietro Antonelli]], spingeva da tempo per giungere ad un accordo generale con Menelik, con il quale intratteneva relazioni sin dal [[1883]]; in particolare, Antonelli prospettò a Crispi la possibilità di giungere ad un trattato che ponesse l'intera Etiopia sotto [[protettorato]] italiano<ref>Indro Montanelli, op. cit., pag. 220</ref>. Il 2 maggio [[1889]] venne quindi firmato il controverso [[trattato di Uccialli]], con il quale, secondo l'interpretazione italiana, l'Etiopia non solo riconosceva il controllo italiano sull'Eritrea, ma diventava di fatto un protettorato italiano; Baldissera, che aveva già iniziato i contatti con il principale dei nemici di Menelik, il [[Ras Mangascià]], vide sconfessata tutta la sua strategia, e chiese ed ottenne di essere richiamato in patria, sostituito dal generale [[Oreste Baratieri]]. Nel [[1890]] l'Eritrea divenne ufficialmente una [[Colonia Eritrea|colonia italiana]].
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==Voci correlate==
* [[AscariÀscari]]
* [[Regio Corpo Truppe Coloniali d'Eritrea]]
* [[Africa Orientale Italiana]]