Suonatore di liuto: differenze tra le versioni

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Nella Collezione di Alessandro Vittrice, ecclesiastico figlio di Girolamo ed Orizia di Lucio Orsi, sorella di Prospero, propagandista o Turcimanno del Caravaggio, esisteva un dipinto di simile iconografia non identificato e probabilmente perduto curiosamente descritto come" un quadro grande di una donna vestita di Diana, che suona il Cimbalo cornice arabescata m(ano) del Caravaggio". Maurizio Marini (2005, n. 8), ritiene che l'estensore dell'inventario sia stato tratto in inganno dalla evidente androginia del musico e dal ricciolo piegato a virgola sulla fronte, come una mezza luna, noto attributo simbolico della dea Diana<ref>12, Maurizio Marini, op. cit., p. 379, n. 8. Il destino dei dipinti della raccolta Vittrici, salvo che per la [[Buona ventura (Caravaggio Parigi)|''Buona Ventura'']] ex Pamphili ora al Louvre, non è noto, pertanto il dipinto deve ritenersi non identificato. </ref>. Il Marini ritiene che questo dipinto possa essere quello in collezione privata a Roma ( 2005, p. 144, n. 8 e p. 379 ).
 
Secondo Maurizio Marini (2005, n. 9) Caravaggio era solito una volta eseguito un dipinto (il primo, per lo studioso, quello per il cardinale Del Monte), ne esegue altri con varianti sostanziali, formandone una nuova stesura che cede poi ad altro collezionista. Un simile sistema non è solo presente qui, ma anche nella ''Buona Ventura'' oppure nelle due versioni delle ''" Stimmate di San Francesco"''<ref>13. Maurizio Marini, op. cit., p. 382.</ref>. Dalla recente scoperta da parte del giovane ricercatore Riccardo Gandolfi di un manoscritto di Gaspare Celio contenente con altre ''Vite'', la inedita ''Vita di Caravaggio'' (essendo del 1614, si tratta della prima ''Vita di Caravaggio,'' scritta a soli quattro anni dalla morte del Merisi ), apprendiamo che ''Il'' ''suonatore di liuto'' era stato dipinto da Caravaggio nella casa di Prospero Orsi, suo amico e propagandista che avendo saputo che il Cardinal Del Monte cercava un bravo pittore per eseguire delle copie per la sua collezione, presentò il Merisi e, probabilmente, gli mostrò anche il dipinto che con altri del pittore lombardo servì a convincere Del Monte a prenderlo presso di sé<ref>14. La prima menzione della scoperta del dottor Riccardo Gandolfi è comparsa in un articolo-intervista a cura di Fabio Isman su Il messaggero del 5 marzo 1917; in seguito se ne è occupata Carole Blumenfeld su Le journal de l'Art , n. 476, 31 marzo 2017, p. 6. </ref>
 
== Descrizione e stile ==