Quo vadis (film 1951): differenze tra le versioni

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Il film racconta la storia del comandante militare romano della XIV Legione, il console Marco Vinicio. Sulla strada del ritorno a Roma, dopo 3 anni di vittoriose campagne militari contro i Britanni e i Galli, egli riceve da un pretoriano l'ingiunzione imperiale di non entrare nella capitale: furioso, si reca personalmente a Palazzo chiedendo udienza all'Imperatore, mentre Nerone interloquisce con Seneca e Petronio, zio di Marco.
 
Marco Vinicio viene ospitato dal console Aulo Plauzio nella sua casa: qui conosce e si innamora della figlia adottiva, Licia, una cristiana che resiste alle sue profferteofferte, opponendogli i dettami del nuovo culto del quale rimane incuriosito. La loro travagliata storia d'amore è raccontata nei confronti del più ampio contesto storico del primo cristianesimo e la persecuzione operata da parte del paranoico [[Nerone]]. Anche se cresciuta fin da bambina come romana perché era la figlia adottata di un generale in pensione - Licia fa di nome Callina, figlia del re di Licia - è tecnicamente un ostaggio di Roma. Marco persuade Nerone a darla a lui per i suoi meriti militari. Licia si risente per questo, ma l'amore per Marco prevale.
 
Nel frattempo, le atrocità di Nerone diventano sempre più scandalose ed i suoi atti più folli. Quando l'imperatore fa bruciare Roma, impaurito dalla collera dei cittadini romani, accusa i cristiani. Marco corre a salvare Licia e la famiglia di lei. Nerone li cattura insieme a tutti i cristiani, e li condanna ad essere uccisi nell'arena. Anche Marco è arrestato per aver tentato di salvare Licia. In carcere, [[Pietro apostolo|Pietro]], arrestato anche lui, unisce in matrimonio i due giovani; infine, Pietro è crocifisso a testa in giù, dietro sua richiesta (''"Morire come Nostro Signore è più di quanto io meriti"'').
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[[Poppea]], la moglie di Nerone che brama l'amore di Marco, elabora una diabolica vendetta per il suo rifiuto. Licia è legata ad un palo di legno nell'arena. Viene fatto entrare nell'anfiteatro un toro selvaggio, ed [[Ursus (peplum)|Ursus]], l'enorme guardia del corpo di Licia, deve cercare di difenderla dall'animale a mani nude. Marco è legato al palco degli spettatori e costretto a guardare l'orrendo spettacolo coi suoi carcerieri, assisi in tribuna per godere dello spettacolo. Quando la situazione sembra senza speranza, Marco implora l'intervento divino: «Cristo, dagli forza!». L'auspicio si avvera: con forza sovrumana Ursus riesce a spezzare il collo del toro. La folla, enormemente impressionata dal coraggio di Ursus, esorta Nerone a risparmiar lui e Licia; ma l'imperatore, sdegnato dall'inatteso esito, contraria la folla mostrando il pollice verso, ossia rifiutando la grazia. In quel momento Marco spezza le corde che lo tenevano legato, balza nell'arena, libera Licia con l'aiuto delle sue truppe fedeli, rivela al pubblico il proprio nome e annuncia che il generale [[Galba]] in quel momento è in marcia su Roma, intenzionato a rovesciare il principato di Nerone.
 
La folla, fermamente convintasi che sia Nerone, e non i cristiani, il responsabile dell'incendio di Roma, si rivolta. Nerone fugge a Palazzo, dove strangola Poppea, incolpandola di averlo mal consigliato. [[Claudia Atte|Atte,]] la donna cristiana che in passato aveva amato Nerone senza esserne ricambiata - anzi, venne da lui bandita da Roma - è tornata a palazzo per implorarlo di suicidarsi prima che la folla espugni il Palazzo giungendo fino alle sue stanze: poiché egli ha vissuto come un mostro, ora dovrebbe morire come un imperatore. Nerone non è in grado di farlo lui stesso, così Atte lo aiuta a piantare il pugnale sul petto.
 
Marco e Licia ora sono liberi e trovano la felicità.