Museo storico della fanteria: differenze tra le versioni

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== Storia ==
L'idea di fondare questo museo nacque alla fine della [[grande guerra]] mediante interessamento dei reggimenti dell'arma che presero l'iniziativa di creare nelle rispettive caserme dei piccoli [[Sacrari della prima guerra mondiale in Italia|sacrari]] che ricordavano alcune testimonianza delle tradizioni. Ma, durante la [[seconda guerra mondiale]] vennero smarriti o distrutti i cimeli conservati. In seguito, nel [[dopoguerra]], lo [[stato maggiore]] dell'esercito affidò al Generale [[Edoardo Scala]] l'incarico di trovare il materiale da inserire nel nascente museo, ma ancora non si trovò un'idonea sede. Nel [[1956]] fu lasciato l'incarico al successore, il generale [[Attilio Bruno]] che si applicò per trovare una sede presso il museo storico dei granatieri di Sardegna. Con l'appoggio delle autorità militari e del [[ministero della difesa]] si recinse il palazzo. Infine il museo venne inaugurato l'11 novembre [[1959]] dall'allora [[presidente della repubblica]] [[Giovanni Gronchi]]. Il 28 giugno [[1986]] è diventato Ente di Forza Armata.<ref name="descrizione"/> Il Museo è stato ristrutturato nel [[1990]]<ref name = "descrizione">[http://www.esercito.difesa.it/root/musei/museo_fanteria_sto.asp Museo Storico della Fanteria - Storia] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20100202035144/http://www.esercito.difesa.it/root/musei/museo_fanteria_sto.asp |data=2 febbraio 2010 }}</ref>
 
== Descrizione ==