Paolo Savelli, I principe di Albano: differenze tra le versioni

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Paolo intanto decise di intraprendere la carriera delle armi in cui tanti suoi antenati erano stati particolarmente versati, aiutato in questo dalla figura del fratello [[Federico Savelli|Federico]], già feldmaresciallo imperiale. Si distinse particolarmente sia al servizio dell'imperatore sia a quello dei pontefici romani, emergendo in particolare nei fatti d'arme nella provincia della Romagna.
 
Nel [[1607]], per il valore dimostrato, [[papa Paolo V]] investì del titolo di principato la città di [[Albano Laziale|Albano]] che era feudo dei Savelli e pertanto Paolo venne dichiaro primo principe. Dal [[1608]] iniziò la costruzione di Palazzo Savelli ad [[Ariccia]], il nucleo di quello che divenne in seguito [[Palazzo Chigi (Ariccia)|Palazzo Chigi]] nella medesima cittadina.
 
Stimato da papa [[Clemente VIII]], prese parte alle guerre in Germania ed in Ungheria, guadagnandosi oltremodo la stima dell'imperatore [[Ferdinando II del Sacro Romano Impero]] al punto che quest'ultimo, nel [[1620]] lo nominò proprio legato presso il pontefice. Nel [[1625]] riceverà il prestigioso [[Ordine del Toson d'oro]].<ref>[http://www.academia.edu/5072493/La_famiglia_Savelli_e_la_rappresentanza_imperiale_a_Roma_nella_prima_met%C3%A0_del_Seicento La famiglia Savelli e la rappresentanza imperiale a roma nella prima metà del Seicento]</ref>
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==Lo "Statuto di Albano"==
Nel [[1607]], quando venne proclamato principe di Albano, Paolo Savelli firmò un importante documento per la storia della città, noto come "Statuto di Albano", un codice oggi conservato presso l'[[Archivio di Stato di Roma]], redatto ed autenticato dal notaio Tiburzio Baccari di [[Velletri]], uditore del legato generale dell'[[Umbria]] e uditore generale del duca di [[Parma]] e [[Piacenza]], il quale riporta un primo esempio di contratto tra signore feudale e sudditi in età moderna. Il testo, redatto in latino, contiene al proprio interno numerosi riferimenti al [[diritto romano]] (''[[lex Cornelia]]''), al diritto ecclesiastico (costituzioni dei pontefici, statuti della città di Roma, costituzioni della Marca Anconitana, ecc.), al diritto feudale (''focatico''), agli ordinamenti comunali ed al diritto consuetudinario. Secondo questo documento, Paolo ed i suoi diritti avevano il ''privilegium'' (o ''permissio'') di legiferare (''ius statuendi'') loro concesso direttamente dalla popolazione locale, oltre a riservarsi il diritto di concedere incarichi a pubblici ufficiali della città, i quali non potevano rifiutarsi di occupare tali posti pena il pagamento di una corrispondente somma di denaro.<ref>G. Moroni, ''Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da San Pietro ai giorni nostri'', Tip. Emiliana, Venezia 1840</ref> La carica più importante era sicuramente quella di luogotenente, il quale veniva scelto dal principe ed aveva la funzione di giudice nelle cause civili e criminali del feudo in nome dei principi Savelli. Questi era affiancato da 4 "massari", uomini di fiducia del principe derivati dal consiglio della città di [[Albano Laziale|Albano]] e residenti in essa da almeno 20 anni<ref>Oltre che possessori di beni per un valore non inferiore a 200 scudi totali</ref>; questi avevano anche il compito di riscuotere le tasse della città per conto dei principi.
 
Un particolare capitolo dello "statuto" è fortemente dettagliato sui reati legati ai danni provocati all'agricoltura il che rivela che la città di [[Albano]], ancora all'inizio del Seicento, si presentava fortemente legata a tale attività, come pure erano legate all'agricoltura le fortune dei Savelli. Per ogni pianta di vite tagliata senza il permesso del proprietario, le multe salivano a 100 scudi la pianta, mentre i del bosco (come [[ghiande]] o [[castagne]]) appartenevano di diritto al feudatario ed era pertanto vietato raccoglierli. Il fieno poteva essere riposto all'interno della città e delle abitazioni solo da novembre ad aprile, e la quarta parte di ogni raccolto o produzione spettava al signore per diritto statutario. Gli animali non potevano entrare in città e si doveva evitare di sporcare le vie con i residui della lavorazione del lino e della canapa che pure era fiorente in loco. Ogni sabato ciascun abitante doveva pulire la strada fuori dalla propria abitazione e le immondizie venivano gettate solo in luoghi stabiliti che avevano funzioni di discarica pubblica.
 
Era possibile utilizzare le armi per difesa solo al di fuori delle mura della città, ma era comunque vietato categoricamente l'uso di armi proibite come ad esempio l'archibugio lungo. Tra le tasse spettanti al signore si ricorda ancora quella medievale del ''focatico'', ovvero una tassa dovuta al feudatario da parte di ogni gruppo famigliare, conteggiato appunto "per focolare" (da cui il nome).<ref>E. Montani, M. Petrucci e M. Venditti, ''Lo statuto di Albano del 1607'', Liceo Ginnasio "U. Foscolo", Albano Laziale, 2016</ref>