Jean-Paul Sartre: differenze tra le versioni

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Marx
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==== L'esistenza e l'essenza ====
Sartre afferma che «l'[[esistenza]] precede l'[[essenza (filosofia)|essenza]]» e "l'uomo è condannato a essere libero"<ref name=exi/>, famose frasi de ''[[L'esistenzialismo è un umanismo]]'' . L'Esistenza (la [[forma (filosofia)|forma sensibile]], che (per Sartre è il risultato pratico dell'azione del pensiero) è ritenuta superiore all'Essenza (il motivo per cui l'essere è così e non altro, come l'[[Idea]] [[Platone|platonica]]) che è identificata tradizionalmente con l'[[Essere]] (cioè che è), e che si manifesta invece nel pensiero teorico. Per Sartre è quindi l'esistenza, cioè il fatto compiuto, quello che conta davvero, è l'uomo e la sua attività la cosa più importante, più che la speculazione teorica astratta, se essa resta mero pensiero. Inoltre è l'esistenza nel presente, nell'azione, che conta, non ciò che si è stati in passato.<ref name=exi/>
 
Se l'esistenza viene prima dell'essenza, occorre partire dalla soggettività. L'uomo è costretto ad inventare l'uomo e su di lui cade la responsabilità totale dell'esistenza, deve cercare uno scopo fuori di sé, solo così si realizzerà. Ciò è in linea con [[L'Essere e il Nulla]] (1943), in cui Sartre aveva identificato l'essere (come "esser per sè") col [[nulla]], staccandolo dalla speculazione; dopo aver spodestato completamente l'essere (inteso come "essere in sè") , l'uomo si trova quindi al centro di tutto, come nell'[[umanesimo]] del [[Rinascimento]]. Alla fine, con l'adesione al marxismo, sarà l'essenza della [[materia (filosofia)|materia]] a trascendere tutto all'interno della filosofia sartriana.<ref>{{cita web|url=http://www.homolaicus.com/teoria/esistenzialismo.htm|autore=|titolo=L'esistenzialismo di Sartre e Heidegger|accesso=6 gennaio 2014}}</ref>
 
Durante la sua prigionia di guerra (1940-1941) Sartre lesse ''[[Essere e tempo]]'' di [[Martin Heidegger]], una ricerca ontologica condotta con la visione e il metodo della fenomenologia di [[Edmund Husserl]] (che di Heidegger fu il maestro). L'opera di Heidegger fu in effetti prodromica a quella sartriana, il cui titolo era " "[["L'Essere e il Nulla"]]", ma il cui sottotitolo recita "Saggio fenomenologico sull'ontologia".
Il saggio di Sartre è influenzato da Heidegger, sebbene l'autore francese nutrisse profondo scetticismo riguardo ad ogni forma in cui l'umanità potesse raggiungere una sorta di stato personale di realizzazione comparabile con l'ipotesi heideggeriana di [[Martin Heidegger#L'ontologia esistenzialista di Essere e tempo|re-incontro con l'Essere]]. Nella sua più tetra descrizione de ''L'essere e il nulla,'' l'uomo è una creatura ossessionata da una visione di "compiutezza", che Sartre chiama ''[[ens causa sui]],''<ref group="Nota">"Esistente a causa di sé stesso", ovvero "che è causa di sé". Tradizionalmente, un essere che non deve la propria esistenza ad altro essere, per cui [[Dio]] o un essere supremo. Cfr. il concetto di ''[http://www.cieloeterra.it/glossario3.html primum mobile].''</ref><ref name=ont>{{cita web|url=http://www.ariannascuola.eu/joomla/la-filosofia-del-novecento/76-sartre/108-lontologia-di-sartre.html|autore=|titolo=L'ontologia di Sartre|accesso=6 gennaio 2014|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20090426055430/http://www.ariannascuola.eu/joomla/la-filosofia-del-novecento/76-sartre/108-lontologia-di-sartre.html|dataarchivio=26 aprile 2009}}</ref> e che le [[religione|religioni]] fanno coincidere con Dio. Venuti al mondo nella realtà materiale del proprio corpo, in un universo disperatamente materiale, ci si sente inseriti nell<nowiki>'</nowiki>''e''ssere (con la "e" minuscola). La coscienza è in uno stato di coabitazione con il suo corpo materiale, ma non ha alcuna realtà obiettiva; è nulla (nel senso etimologico di ''[[Nulla#Filosofia|nulla res]],'' "nessuna cosa"). La coscienza ha l'attitudine di concettualizzare le possibilità, e di farle apparire, o di annichilirle.<ref name=ont/>
 
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È in questa prospettiva che nasce il progetto della ''Critica della ragion dialettica'' (che uscirà nel 1960), la sua adesione al [[marxismo]] a partire da ''I comunisti e la pace'' (1951) e contemporaneamente la rottura con altri intellettuali. La ''Critica'', però, non è per niente allineata alla dottrina comunista sovietica, ma propone una visione della società che lascia all'individualità larghi spazi di libertà e di affermazione, anche se in una prospettiva che coesiste anche con il determinismo. Nel perseguimento della "unità dialettica del soggettivo e dell'oggettivo" la soggettività è infatti dipendente dall'oggettività socio-ambientale come suo "campo delle possibilità".<ref name=bio/>
 
La libertà condizionata dell'uomo è in rapporto a un ampio sottofondo di necessità. Gli assunti fondamentali di ''L'essere e il nulla'' sono perciò nella ''Critica della ragion dialettica''
 
ridimensionati e superati con l'assunzione teorica del [[materialismo storico]] marxiano. È infatti il regno del "pratico-inerte" (l'essenza della materia) a imporsi, a dominare, a determinare la necessità e ad imporla anche all'uomo. Sartre viene quindi a scrivere: {{Citazione|Non è né nell'attività dell'organismo isolato e né nella successione dei fatti fisico-chimici che la necessità si manifesta: il regno della necessità è il dominio, reale, ma ancora astratto dalla storia, dove la materialità inorganica si chiude sulla molteplicità degli uomini e trasforma i produttori nei loro prodotti. La necessità, come limite nel seno della libertà, come evidenza accecante e come momento del rovesciamento della ''praxis'' in attività ''pratico-inerte'' diventa, dopo la caduta dell'uomo nella società seriale, la struttura stessa di tutti i processi di serialità, quindi la modalità della loro assenza nella presenza e di una evidenza svuotata.<ref>J.P. Sartre, ''Critique de la raison dialectique'', Gallimard, Paris 1960, pp.375-376</ref>}}