Il fu Mattia Pascal: differenze tra le versioni

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Grazie a Pomino, Mattia diventa bibliotecario. Un giorno, gli giunge notizia che la moglie sta per dare alla luce il bambino. Lui si precipita a casa, dove Marianna Dondi gli dice di andare a cercare un medico. Dopo aver girato invano, Mattia, esausto, torna a casa, e vi trova il dottore. Pascal vede che sono due bambine quelle che Romilda gli sta dando: una è già nata, l'altra sta per venire al mondo. Una delle figlie muore a pochi giorni dalla nascita, l'altra quando ha quasi un anno. Con la piccola viene a mancare anche la madre di Mattia, nello stesso giorno e quasi nella stessa ora. Una notte intera Mattia vaga per il paese e le campagne, e alla fine si ritrova nel podere della ''Stia'', presso la gora del mulino.
 
Viene aiutato da un vecchio mugnaio di nome Filippo, che lo fa sedere sotto un albero e gli parla della madre e del padre del protagonista. L'uomo lo consola, gli dice che non deve piangere e disperarsi così, perché la figlia è stata accolta nel «mondo di là» dalla sua nonna, che le parlerà sempre di lui e non l'abbandonerà mai. Dopo una delle consuete liti con Romilda e la vedova Pescatore, che dopo la morte della sua bambina e della madre lo disgustavano, non riuscendo più a resistere alla sua miserabile vita, Mattia fugge dal paese. Strada facendo, pensa di recarsi a [[Marsiglia]] , da cui avrebbe potuto partire per l'[[America]]. Ma giunto a Nizza si ferma davanti ad una bottega, dove sono esposti opuscoli che pubblicizzano il gioco della roulette. All'inizio si allontana dalla bottega, ma poi vi entra e, per curiosità, compra un opuscolo. Quindi parte per Montecarlo. Arrivato qui, si ferma a giocare alla [[roulette]], e, con sua sorpresa, vince.
 
Mattia continua a vincere e diventa ricco. Dati i suoi colpi fortunati, una donna gli propone di giocare con lei, ma il giovane Pascal la respinge. Anche uno «spagnuolo» gli porge la stessa richiesta, e lui, dopo averci parlato, se ne allontana. La mattina del dodicesimo giorno, Mattia viene a sapere che qualcuno si è ucciso: è un giovinetto che il protagonista conosceva, avendo entrambi giocato una volta allo stesso tavolino. Pascal ne copre pietosamente il viso con un fazzoletto, e fugge, ritornando a [[Nizza]] per partirne il giorno stesso. Deciso a ritornare a casa per riscattare i suoi averi e vendicarsi dei soprusi della suocera, un altro fatto muta il suo destino. Mentre è in treno legge per caso su un giornale che a Miragno è stato ritrovato nella roggia di un mulino il cadavere di Mattia Pascal, scomparso da molti giorni, suicidatosi per dissesti finanziari.
 
Sebbene sconvolto, comprende presto che, credendolo tutti morto, può avere un'altra vita. Così, con lo pseudonimo di Adriano Meis inizia a viaggiare in Italia e poi all'estero. Infine, decide di stabilirsi a Roma in una camera ammobiliata. Si innamora, ricambiato, di Adriana, la dolce e mite figlia del padrone di casa, Anselmo Paleari, e vuole sposarla, tentando di dar luogo ad una nuova vita stabile. Ma ben presto si rende conto che la sua esistenza è fittizia. Infatti, non essendo registrato all'anagrafe, non può sposare Adriana, non può denunciare il furto subìto da Terenzio Papiano, un losco individuo penetrato nella sua stanza per rubare del denaro, e non può svolgere alcuna delle normali attività quotidiane, poiché privo di identità. Finge così un suicidio e, lasciato il suo bastone e il suo cappello vicino a un ponte del [[fiume Tevere|Tevere]], ritorna a Miragno sotto il nome di Mattia Pascal.
 
Sono intanto trascorsi due anni e arrivato al paese, Mattia scopre che la moglie si è risposata con Pomino e ha avuto una bambina. Si ritira così dalla vita e trascorre le sue giornate nella biblioteca polverosa dove lavorava in precedenza a scrivere la sua storia e ogni tanto si reca al cimitero per portare sulla tomba del "fu Mattia Pascal" una corona di fiori. Nella ''Premessa seconda (filosofica) a mo' di scusa'' il protagonista decide di mettere per iscritto la sua strana vicenda: Mattia lascerà il manoscritto nella biblioteca dove aveva lavorato con l'obbligo però di aprirlo soltanto cinquant'anni dopo la sua terza, ultima e definitiva morte. La prima morte è quella che lo vede morto suicida nel mulino della "Stìa", la seconda quella in cui "muore" il suo [[alter ego]] Adriano Meis. Il consiglio di mettere per scritto il suo caso viene a Mattia dal suo amico bibliotecario, don Eligio.
 
== Ambientazione ==