Giacinto Carini: differenze tra le versioni

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==Biografia==
Nacque a Palermo il 20 maggio 1821 . Quando il padre, direttore delle Finanze siciliane, morì, ereditò un cospicuo patrimonio, che decise di dedicare in parte al commercio, diventando uno dei primi a introdurre l’utilizzo di macchine a vapore per la mondatura del sommacco. La grande repressione seguita ai moti del ‘37, lo spinse verso un orientamento liberale; ebbe in amicizia liberali come Mariano Stabile e Salvatore Vigo, che talvolta lo aiutò nella sua imprenditoria agricola.Nel [[1848]], non ancora ventisettenne, partecipò alla [[rivoluzione siciliana del 1848|rivoluzione per l'indipendenza siciliana]] scoppiata il 12 gennaio: il Carini fu tra i componenti del Primo comitato<ref name=bio>{{cita web|url=http://www.comune.palermo.it/archivio_biografico_comunale/schede/giacinto_carini.htm|titolo=Biografia di Giacinto Carini|accesso=12 luglio 2009|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121104150456/http://www.comune.palermo.it/archivio_biografico_comunale/schede/giacinto_carini.htm|dataarchivio=4 novembre 2012}}</ref>.
 
Venne nominato [[colonnello]] da [[Ruggero Settimo]] (capo del governo che si venne ad istituire provvisoriamente), che gli affidò il comando del I reggimento di cavalleria: il compito di Giacinto Carini era quello di ristabilire l'ordine a [[Burgio]], nel [[circondario di Bivona]] (provincia di [[Agrigento|Girgenti]]), paese in preda ai tumulti e agli eccessi<ref name=bio/>.
 
Quando nel 1849 venne restaurato il regime borbonico, trovò rifugio a [[Parigi]], mantenendo tuttavia un rapporto epistolare con amici e colleghi politici rimasti sul territorio siciliano. Durante la sua residenza in Francia, Carini ebbe modo di conoscere numerosi patrioti esuli, come [[Giuseppe La Farina|Giuseppe la Farina]], ed anche esponenti del mondo culturale francese, come [[Victor Hugo]], e [[Alexandre Dumas (padre)|Alexandre Dumas]], di cui rimane una lettera inviata a Carini in occasione della battaglia di Milazzo, e della spedizione dei Mille di Garibaldi in Sicilia. A causa dei nuovi contatti con esuli, andò cambiando le sue idee politiche, affacciandosi all'unitarismo. Protestò contro la ritrattazione in Sicilia dell'atto di decadenza della monarchia borbonica, e firmò una protesta contro il decreto del re di Napoli con il quale era stato imposto all'isola un debito di 20 milioni di ducati annullando il debito del '48 causato dal governo rivoluzionario. Mentre in Italia prende campo la politica Cavouriana ed il progetto monarchico dell’unificazione, sotto la guida di Garibaldi, Cavour e Vittorio Emanuele II, Carini segue la politica del proprio paese, attraverso anche la pubblicazione di un periodico la cui stampa fu autorizzata dallo stesso Napoleone III .<ref name=":0">{{Cita libro|autore=Confederazione fascista|titolo=Dizionario Siciliani Illustri|dataoriginale=Palermo 1939|editore=Ciuni|p=}}</ref>
Quando nel 1849 venne restaurato il regime borbonico, trovò rifugio a [[Parigi]], città in cui visse fino al [[1859]] e in quella città pubblicò un periodico, il ''Courrier franco-italien''. Quell'anno si arruolò nei [[Cacciatori delle Alpi]] combattendo nella seconda guerra d'indipendenza.
 
Quando nel 1849 venne restaurato il regime borbonico, trovò rifugioVisse a [[Parigi]], città in cui visse fino al [[1859]], eanno in quella città pubblicò un periodico, il ''Courrier franco-italien''. Quell'annocui si arruolò nei [[Cacciatori delle Alpi]] combattendo nella seconda guerra d'indipendenza.
Nel [[1860]], spinto dalla voglia di liberare la [[Sicilia]] dal dominio dei [[Borbone di Napoli|Borboni]], si aggregò insieme ai [[I Mille|Mille]] guidati da [[Giuseppe Garibaldi]]<ref name=bio/>: salpò con essi da [[Quarto dei Mille|Quarto]] e combatté valorosamente nelle battaglie di [[Battaglia di Calatafimi|Calatafimi]], dove col grado di capitano comandava la 6ª Compagnia, e di [[Insurrezione di Palermo (1860)|Palermo]], dove fu al comando di uno dei due battaglioni che attaccarono la città. Il 29 maggio [[1860]] venne gravemente ferito da una pallottola al braccio sinistro a [[Porta di Termini]], come viene ricordato da una lapide murata sulla fiancata del muraglione dove un tempo era fissata la porta<ref name=bio/>. Venne allora nominato da Garibaldi ispettore generale della cavalleria. Con l'annessione fu chiamato nel Consiglio di luogotenenza della Sicilia e comandante della Guardia nazionale di Palermo<ref>http://www.treccani.it/enciclopedia/giacinto-carini_(Dizionario-Biografico)/</ref>.
Dopo l'[[unità d'Italia]], entrò il 18 aprile [[1862]] nell'[[Regio Esercito|esercito regolare italiano]], dove con il grado di [[generale di brigata]] combatté nella [[terza guerra d'indipendenza]]<ref name=bio/>.
 
Nel [[1860]], spinto dalla voglia di liberare la [[Sicilia]] dal dominio dei [[Borbone di Napoli|Borboni]], si aggregò insieme ai [[I Mille|Mille]] guidati da [[Giuseppe Garibaldi]]<ref name="bio" />: salpò con essi da [[Quarto dei Mille|Quarto]] e combatté valorosamente nelle battaglie di [[Battaglia di Calatafimi|Calatafimi]], dove col grado di capitano comandava la 6ª Compagnia, e di [[Insurrezione di Palermo (1860)|Palermo]], dove fu al comando di uno dei due battaglioni che attaccarono la città. Il 29 maggio [[1860]] venne gravemente ferito da una pallottola al braccio sinistro a [[Porta di Termini]], mentre respingeva le forze di Von Mekel<ref name=":0" />, come viene ricordato da una lapide murata sulla fiancata del muraglione dove un tempo era fissata la porta<ref name="bio" />. Venne allora nominato da Garibaldi ispettore generale della cavalleria. Con l'annessione fu chiamato nel Consiglio di luogotenenza della Sicilia e comandante della Guardia nazionale di Palermo<ref>http://www.treccani.it/enciclopedia/giacinto-carini_(Dizionario-Biografico)/</ref>.
Fu eletto [[deputato]] al [[Parlamento del Regno d'Italia|Parlamento]] per cinque legislature (dall'ottava alla tredicesima) con la Destra storica, rappresentando il collegio elettorale di [[Bivona]]<ref>{{cita|Antonino Marrone, 1996|78}}</ref>, di Palermo, di Piacenza, di Sant'Arcangelo di Romagna e di Iesi dal [[1861]] al [[1880]]<ref>http://storia.camera.it/deputato/giacinto-carini-18230521/leg-regno-XIII#nav</ref>. Promosso nel 1871 luogo[[tenente generale]], comandò dal 1871 al [[1877]] la divisione di [[Perugia]].
Dopo l'[[unità d'Italia]], entrò il 18 aprile [[1862]] nell'[[Regio Esercito|esercito regolare italiano]], dove con il grado di [[generale di brigata]] combatté nella [[terza guerra d'indipendenza]]<ref name="bio" />.
 
Fu eletto [[deputato]] al [[Parlamento del Regno d'Italia|Parlamento]] per cinque legislature (dall'ottava alla tredicesima) con la Destra storica, rappresentando il collegio elettorale di [[Bivona]]<ref>{{cita|Antonino Marrone, 1996|78}}</ref>, di Palermo, di Piacenza, di Sant'Arcangelo di Romagna e di Iesi dal [[1861]] al [[1880]]<ref>http://storia.camera.it/deputato/giacinto-carini-18230521/leg-regno-XIII#nav</ref>. Promosso nel 1871 luogo[[tenente generale]], comandò dal 1871 al [[1877]] la divisione di [[Perugia]]. Dal 1878 fu messo in disponibilità dal ministro della guerra Mezzacapo, il quale secondo Carini voleva gradualmente allontanarlo dalle istituzioni in quanto siciliano e garibaldino.<ref name=":0" />
Morì a [[Roma]] il 16 gennaio [[1880]]: nel 1912 la salma venne traslata nella sua città natale, nella [[Chiesa di San Domenico (Palermo)|chiesa di San Domenico]]<ref name=bio/>; gli è stato dedicato un busto marmoreo presente all'interno della villetta Falcone-Morvillo, in [[Viale della Libertà (Palermo)|viale della Libertà]] a Palermo<ref name=bio/>. Anche a Roma al Gianicolo è presente un Busto di Giacinto Carini. Roma gli ha dedicato una via.
 
La ferita causata nel 1860 da una pallottola non potè più rimarginarsi, portando tormenti e dolori<ref name="bio" />. Morì a [[Roma]] il 16 gennaio [[1880]]: nel 1912 la salma venne traslata nella sua città natale, nella [[Chiesa di San Domenico (Palermo)|chiesa di San Domenico]]<ref name="bio" />; gli è stato dedicato un busto marmoreo presente all'interno della villetta Falcone-Morvillo, in [[Viale della Libertà (Palermo)|viale della Libertà]] a Palermo<ref name="bio" />, e alla base di questa scultura vi è un'epigrafe che recita queste parole:"Al generale Giacinto Carini, che magnanimo nell'esilio, nella pugna prode fra i Mille, la mente il braccio il core, sacrò all'Italia<ref>{{Cita web|url=http://pti.regione.sicilia.it/portal/page/portal/PIR_PORTALE/PIR_150ANNI/PIR_150ANNISITO/PIR_Schede/PIR_Unmosaicodiattori/PIR_Biografie/PIR_Carini|titolo=Epigrafe Carini}}</ref>Anche a Roma al Gianicolo è presente un Busto di Giacinto Carini. Roma gli ha dedicato una via.
 
Suo figlio [[Isidoro Carini|Isidoro]] (1843-1895) fu un religioso, un giornalista e un insigne [[storiografia|storiografo]] e [[paleografia|paleografo]].
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==Bibliografia==
*{{cita libro|Antonino| Marrone| Il Distretto, il Circondario ed il Collegio Elettorale di Bivona (1812-1880)| 1996| Comune di Bivona| Bivona|cid=Antonino Marrone, 1996}}
*Brancato F., ''Lettere di Isidoro La Lumia a Giacinto Carini'', Fondazione I. Mormino del Banco di Sicilia, Palermo 1966.
*Dumas A., ''La Battaglia di Milazzo: lettera di Alessando Dumas al brigadiere G. Carini, ispettor'' ''generale di cavalleria'', Torelli, Firenze 1860.
*Giordano N., ''I tumulti popolari in Sicilia dopo la rivoluzione del 1848 e l’opera di G. Carini'', in ''Il'' ''Risorgimento in Sicilia'', n. s., III (1967).
*Lupo S., ''L’unificazione italiana:Mezzogiorno, rivoluzione, guerra civile,'' Donzelli, Roma 2011. Papandrea T., ''S. Vigo. Vita e carteggio'', Acireale 1906, pp. 141 ss., pp. 158-161.
*Dizionario siciliani illustri, Confederazione fascista dei professionisti degli artisti, Ciuni Editore - Palermo 1939.
 
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