Seconda battaglia di El Alamein: differenze tra le versioni

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[[File:Bundesarchiv Bild 146-1973-012-43, Erwin Rommel.jpg|thumb|left|upright|Il feldmaresciallo [[Erwin Rommel]] ]]
 
Teoricamente il teatro di guerra era in mano agli italiani tramite il [[capo di stato maggiore]] generale [[Ugo Cavallero]] e il governatore della [[Libia italiana|Libia]] [[Ettore Bastico]], cui era stato dato il comando delle forze italo-tedesche in Africa settentrionale, ma nella pratica era Rommel che si era assunto la direzione della campagna<ref>{{cita|Ford 2009|p. 17}}.</ref>. Nello schieramento dell'Asse esistevano pessimi rapporti tra Rommel e il [[Superesercito|Comando supremo militare italiano]], soprattutto con Cavallero e Bastico (soprannominato "Bombastico" da Rommel)<ref>{{Cita|Petacco 2001|p. 66}}.</ref> cui il generale tedesco rimproverava inettitudine e scarsa volontà di avvicinarsi al fronte, accusandoli in pratica di vigliaccheria. Per contro gli ufficiali italiani incolpavano Rommel della frequente incapacità di coordinarsi con le altre forze, sulle quali faceva ricadere le responsabilità di eventuali suoi insuccessi: ad esempio, i tedeschi a lungo attribuirono agli italiani, in specie alla [[Regia Marina]] che si riteneva accogliesse presunti traditori, le fughe di notizie che provocavano la perdita di navi, equipaggiamenti, uomini e carburanti. In realtà il forte ed efficace contrasto britannico ai convogli provenienti dall'Italia era reso possibile da [[Ultra (crittografia)|Ultra]], l'insieme delle informazioni ricavate dalla decodifica delle comunicazioni tra l'addetto militare tedesco a [[Roma]], generale [[Enno von Rintelen]] e l'[[Oberkommando der Wehrmacht|alto comando]] della [[Wehrmacht]] a [[Berlino]]<ref>{{Cita|Petacco 2001|p. 161}}.</ref>. I rapporti erano puramente formali anche con [[Delease]], la delegazione del Comando supremo in Africa settentrionale comandata dal generale [[Curio Barbasetti di Prun]]; in effetti l'unico alto ufficiale italiano per il quale Rommel aveva considerazione era il generale [[Enea Navarini]], che aveva sostituito il generale [[Gastone Gambara]] alla testa del XXI Corpo d'armata poco prima dell'avanzata verso El Alamein<ref>{{Cita|Petacco 2001|p. 88}}.</ref>. Tra i reparti italiani Rommel nutriva stima solo per la [[185ª Divisione paracadutisti "Folgore"]], poiché vantava un'elevata preparazione dovuta all'opera di istruttori tedeschi. Riguardo al resto delle grandi unità italiane, il feldmaresciallo Rommel in una lettera al generale del [[Oberkommando des Heeres|comando supremo dell'esercito]] [[Alfred Gause]] scrisse: "ciò di cui ho bisogno qui non sono altre divisioni italiane (e tanto meno della "Pistoia" che non ha nessuna esperienza di combattimento) bensì di soldati tedeschi e di equipaggiamenti tedeschi, condizione assoluta perché io possa sperare di lanciare la mia offensiva."<ref name="ReferenceB">{{cita|Irving 1978|p. 213}}.</ref>
 
Esisteva inoltre una pessima relazione tra Rommel e il feldmaresciallo [[Albert Kesselring]], comandante della Wehrmacht per il settore sud (OKS – Oberkommando Süden), in quanto riteneva che questi stesse usurpando le sue funzioni<ref name= PistaVolpe >{{cita|Irving 1978|p. 186}}.</ref>. Il feldmaresciallo Kesselring era invece preoccupato dallo scarso controllo globale esercitato da Rommel durante i combattimenti, come aveva potuto verificare di persona nel corso di uno scontro nei pressi di [[Ain el-Gazala]]; egli stesso dovette anzi temporaneamente sostituire il generale [[Ludwig Crüwell]] che guidava l'Afrikakorps, constatando l'impossibilità di raggiungere Rommel da parte delle unità che necessitavano di pronti ordini operativi<ref name= PistaVolpe />.