Alberto Cavaliere: differenze tra le versioni

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SaverioManzi (discussione | contributi)
cremazione e tomba sua e del figlio, corsivi, piccole corr.
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Durante il [[fascismo]], Cavaliere partecipò all'opposizione contro il regime; iscrittosi per qualche anno al [[Partito Comunista Italiano|P.C.I.]] clandestino, dopo l'[[Armistizio di Cassibile|8 settembre]] si iscrisse al [[Partito Socialista Italiano|P.S.I.]].
 
Sposato con un'ebrea russa di nome Fania Kauffmann e con due figli (Alik, poi scultore, e Renata, poi pediatra) considerati ebrei dalle leggi razziali allora vigenti, Cavaliere è costretto a 17 lunghi mesi di fuga e clandestinità fino alla Liberazione. La suocera e la cognata [[Sofia Schafranov]] sono deportate ad [[Auschwitz]]. Nel 1945 Cavaliere raccoglierà la testimonianza della cognata, una dei pochi sopravvissuti dalla deportazione, nel libro: ''I campi della morte in Germania nel racconto di una sopravvissuta'', in quello che è il primo memoriale di un reduce di Auschwitz ad essere pubblicato in Italia.<ref>Alberto Cavaliere, ''I campi della morte in Germania nel racconto di una sopravvissuta'' (Milano: Sonzogno, 1945); cf. Anna Baldini (2012), "La memoria italiana della Shoah (1944-2009)", in ''Atlante della letteratura italiana'' (Torino: Einaudi, 2012), vol.3, pag. 758-763.</ref>
La popolarità acquisita da Cavaliere nell'immediato dopoguerra convinse il partito a candidarlo nel 1951 al [[Consiglio comunale|Consiglio Comunale]] di Milano e due anni dopo alle politiche. Entrambe le candidature si rivelarono vincenti, ottenendo voti di preferenza maggiori di tanti politici di professione. Deputato per il P.S.I. nella [[II legislatura della Repubblica Italiana|legislatura 1953-1958]], non perse la sua vena poetica, presentando argute e pungenti interrogazioni parlamentari in versi che, secondo molti, gli costarono la ricandidatura.