Repubblica di San Marco: differenze tra le versioni

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=== La rivolta nelle province ===
[[File:Erzherzog Rainer.jpg|thumb|left|Il [[viceré]] del [[Regno Lombardo-Veneto]] [[Ranieri Giuseppe d'Asburgo-Lorena]].]]
I fatti di Venezia ebbero subito larga eco in tutto il Veneto. Anche nella terra ferma si vennero così a creare due diverse fazioni tra coloro che volevano evitare il conflitto con gli austriaci, e che ritenevano soddisfacente la concessione della costituzione, e coloro che erano pronti a dar battaglia per cacciare lo straniero.<ref name=GNS118>{{cita|Ginsborg|p. 118}}</ref> Del primo gruppo facevano parte i membri delle municipalità delle principali città venete, appartenenti tutti alla aristocrazia e alle fasce più ricche della borghesia, spesso con anni di fedele servizio presso le istituzioni austriache. Queste, preoccupate che la situazione potesse degenerare, si affrettarono ad istituire guardie civiche conformandosi al decreto del [[vicerèviceré]] del [[Lombardo-Veneto]] [[Ranieri Giuseppe d'Asburgo-Lorena|Giuseppe Ranieri]], emanato il 19 marzo, che ne autorizzava la istituzione. Queste guardie avevano il principale scopo di assicurare le proprietà delle classi più ricche da possibili attacchi delle classi meno abbienti. Per tale ragione si fece in modo che fossero numericamente limitate e costituite solo da cittadini "scelti", per lo più possidenti, commercianti e professionisti.<ref name=GNS116>{{cita|Ginsborg|p. 116}}</ref> Anche nelle campagne si istituirono guardie civiche, ma queste avevano un carattere più popolare ed erano spesso numericamente più consistenti. Alla guida di tali guardie si trovavano sovente uomini della stessa municipalità e addirittura membri del clero rurale.<ref name=GNS116/> Questa diversa natura dei due corpi rispecchiava la radicata ostilità verso gli austriaci delle zone rurali, sottoposte dal governo di Vienna ad una forte pressione fiscale. La causa nazionale si intrecciava in tali zone con la speranza di abbassamento del carico fiscale e di migliori condizioni economiche.<ref name=GNS118/>
 
Tuttavia la repentina rivoluzione veneziana e lo stato di sbandamento in cui si trovò l'esercito austriaco fecero sì che quasi ovunque nelle province le autorità civili e militari austriache seguissero l'esempio di Palffy e Zichy a Venezia e abbandonassero le città senza che vi fu necessità di conflitti a fuoco.<ref>{{cita|Ginsborg|p. 118-121}}</ref> Anche nelle province si vennero così a formare dei governi provvisori che, immediatamente, inviarono i loro emissari a Venezia. L'atteggiamento di questi governi nei confronti della repubblica veneziana fu tuttavia da subito molto diffidente, sia per via della forma di governo repubblicana assunta; sia per il timore che la città lagunare volesse tornare al suo antico isolazionismo, tradendo così la causa italiana; sia per il ricordo, ancora vivo, dell'antico dominio della vecchia [[Repubblica di Venezia]] sulle città della terraferma.<ref group=N>Il capo del governo padovano ad esempio scrisse a Manin: "L'intitolazione di Venezia che avete data alla vostra Repubblica e lo stemma di S.Marco che avete adottato, destano dei timori di troppa circoscritta fratellanza, di risorgimento di antiche e ormai impossibili istituzioni, di rapporti di sudditanza tra il Dipartimento della capitale e gli altri." Sempre nella stessa città, il 28 marzo, si diffuse un volantino che recitava: "Non abbiamo, no, gridato Viva S.Marco; questo grido trova fra noi ancora un eco dolore e di spavento". Cfr. {{cita|Ginsborg|p. 131}}</ref> Comunque già il 24 marzo Manin invitò formalmente le province a far parte della neonata repubblica.<ref name=GNS132>{{cita|Ginsborg|p. 132}}</ref> Per rassicurare i membri dei governi egli scrisse: