Fëdor Dostoevskij: differenze tra le versioni

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[[File:Bkdraft.jpg|thumb|left|Note al V capitolo dei ''I fratelli Karamazov'']]
[[File:Dostoyevsky on his Bier, Kramskoy.jpg|thumb|''Dostoevskij sul suo letto di morte'', di [[Ivan Nikolaevič Kramskoj|Kramskoj]], 29 gennaio [[1881]].]]
Durante le celebrazioni in onore di [[Aleksàndr Sergeevič Puškin|Puškin]] nel giugno del [[1880]], legge un discorso composto per l'occasione, che viene accolto entusiasticamente dal pubblico e, nei giorni successivi, dalla stampa. Il numero speciale del ''[[Diario di uno scrittore]]'' contenente il discorso vende quindicimila copie.
 
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== Fama, contraddizioni e pensiero ==
[[File:Grafmonument Dostojevski.jpg|thumb|left|upright|Tomba di Dostoevskij nel [[Cimitero Tichvin]].]]
Le opere che lo hanno reso maggiormente famoso sono ''[[Memorie dal sottosuolo]]'', ''[[Delitto e castigo]]'', ''[[L'idiota]]'', ''[[I demoni]]'' e ''[[I fratelli Karamazov]]'', e viene considerato un esponente dell'[[esistenzialismo]] e dello [[psicologismo]]. Egli fu un uomo e un intellettuale spesso contradditoriocontraddittorio. Identificato dapprima come voce della corrente [[Nichilismo#Il_nichilismo_russo|nichilista]]-[[Populismo russo|populista]], Dostoevskij capeggiò poi le file degli intellettuali russi più [[conservatorismo|conservatori]] di fine Ottocento. Nelle ''[[Memorie dalla casa dei morti]]'' (1859-1862) fanno capolino i grandi valori della tolleranza religiosa, della libertà dalle prigionie materiali e morali, della indulgenza verso i ''malfattori'', cioè verso coloro che, pur essendosi macchiati di crimini contro la legge, sono in definitiva solamente persone più sfortunate e più infelici, e quindi più amate da Dio, che vuole la salvezza del peccatore e non la sua condanna. Tutto è dunque proiettato verso ''"la libertà, una nuova vita, la resurrezione dai morti..."''.<ref>Fëdor Mikhailovič Dostoevskij, ''Memorie di una casa morta'' (trad. di Alfredo Polledro), Bur, Milano 2004, p.412.</ref> {{citazione|Il grado di civilizzazione di una società si può misurare entrando nelle sue prigioni.|''Memorie dalla casa dei morti''''<ref>The degree of civilization in a society can be judged by entering its prisons. Come risulta da ''The House of the Dead'' (1862) traduzione di Constance Garnett; citato in The Yale Book of Quotations (2006) di Fred R. Shapiro, p. 210</ref><ref>Frase che riprende quella attribuita a Voltaire: «Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri, poiché è da esse che si misura il grado di civiltà di una nazione».</ref>}}
 
A distanza di vent'anni dalle ''Memorie'', alcuni di questi aspetti caratterizzanti del pensiero del giovane e [[progressismo|progressista]] Dostoevskij si rovesceranno completamente nelle riflessioni severe e conservatrici del ''[[Diario di uno scrittore]]'' (1873-1881), ossia gli articoli scritti sul ''Cittadino'' di intonazione [[nazionalista]] e [[slavofilismo|slavofila]], e nelle sue pagine di riflessione, dove attacca gli usurai ebrei, difende la [[Chiesa ortodossa russa]] come unico vero cristianesimo specie in polemica con la dottrina e la gerarchia della [[Chiesa cattolica]] (ne ''L'idiota'' definisce il [[cattolicesimo]] come "peggiore dell'[[ateismo]]" stesso), critica [[Cavour]] per il modo in cui ha unito l'[[Italia]] (pur riconoscendogli doti diplomatiche) e prende posizione contro il lassismo giudiziario, polemizzando contro i progressisti che, dando la colpa di ogni violenza individuale all'ambiente sociale, chiedevano pene meno severe per gli assassini. Attacca il [[darwinismo sociale]], il [[materialismo storico]] e il nascente [[superomismo]] ([[Thomas Carlyle]], che ispirerà [[Nietzsche]]) già attaccato in ''Delitto e castigo'' nella figura del protagonista [[Rodion Romanovič Raskol'nikov|Raskol'nikov]], omicida per un presunto bene superiore, oltre che per l'appunto le sentenze lievi o assolutorie nei confronti delle violenze famigliari sui bambini.<ref>''Diario di uno scrittore'' p. 303</ref> L'autore esorta a non assolvere il peccato assieme al peccatore, mantenendo pene severe per i reati gravi, pur dichiarandosi sempre contrario alla pena di morte e pietoso verso le condizioni carcerarie:{{citazione|Giungeremo a poco a poco alla conclusione che i delitti non esistono affatto, e di tutto ha colpa l'ambiente. Giungeremo, seguendo il filo del ragionamento, a considerare il delitto persino come un dovere, come una nobile protesta contro l'ambiente… insomma …la dottrina dell'ambiente porta l'uomo a una piena spersonalizzazione, al suo pieno affrancamento da ogni dovere morale personale, da ogni indipendenza, lo porta alla più schifosa schiavitù immaginabile.|''Diario di uno scrittore''<ref>Articolo a pp. 19-20</ref>}}
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Lo scrittore si caratterizza per la sua abilità nel delineare i caratteri morali dei personaggi che appaiono nei suoi romanzi, tra i quali spesso figurano i cosiddetti ''ribelli'', che contrastano con i conservatori dei saldi principi della fede e della tradizione russa. I suoi romanzi sono definibili "policentrici", proprio perché spesso non è dato identificare un vero e proprio protagonista, ma si tratta di identità morali incarnate in figure che si scontrano su di una sorta di palcoscenico dell'anima: l'isolamento e l'aberrazione sociale contro le ipocrisie delle convenzioni imposte dalla vita comunitaria (''[[Memorie dal sottosuolo]]''), la supposta sanità mentale contro la malattia (''[[L'idiota]]''), il socialismo contro lo zarismo (''[[I demoni]]''), la fede contro l'ateismo (''[[I fratelli Karamazov]]'').
[[File:Dostoevsky.jpg|thumb|Fotografia di Dostoevskij.]]
Nelle opere di Dostoevskij, come nella sua esistenza, la brama di vivere si scontra con una realtà di sofferenza e si coniuga con una incessante ricerca della verità; egli scrisse: ''«Nonostante tutte le perdite e le privazioni che ho subito, io amo ardentemente la vita, amo la vita per la vita e, davvero, è come se tuttora io mi accingessi in ogni istante a dar inizio alla mia vita [...] e non riesco tuttora assolutamente a discernere se io mi stia avvicinando a terminare la mia vita o se sia appena sul punto di cominciarla: ecco il tratto fondamentale del mio carattere; ed anche, forse, della realtà.»''<ref>Scritto del 1873, citato in ''Dostoevskij inedito. Quaderni e taccuini 1860-1881'', a cura di Lucio Dal Santo, Vallecchi, Firenze, 1981, p. 657.</ref>.