Legge Mancino: differenze tra le versioni

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La Lega Nord ha proposto nel 2014 un referendum per abrogarla.<ref>[http://www.leganord.org/index.php/seguici/eventi/referendum Referendum - Lega Nord Padania<!-- Titolo generato automaticamente -->] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140921234335/http://www.leganord.org/index.php/seguici/eventi/referendum |data=21 settembre 2014 }}</ref>
 
I critici della legge Mancino asseriscono fra l'altro che essa sarebbe incostituzionale, in quanto in contrasto con l'art. 21 della [[Costituzione della Repubblica Italiana|Costituzione]]{{Citazione necessaria}}<ref>http://www.culturaacolori.it/index.php/2017/10/28/articolo-21/</ref>, che garantisce la libertà di manifestazione del pensiero. La [[Corte costituzionale della Repubblica Italiana|Corte costituzionale]], ad oggi, non ha avuto occasione di pronunciarsi su tale asserito contrasto fra l'art. 21 Cost. e la legge Mancino, tuttavia in due sentenze risalenti agli anni '50 (la n. 1 del 1957 e la n. 74 del 1958) dichiarò infondate le questioni di legittimità costituzionale di norme analoghe a quelle di cui si discute, contenute negli art. 4 e 5 della sopra citata legge 645/52, con la motivazione che "Chi esamini il testo dell'art. 5 della legge isolatamente dalle altre disposizioni, e si limiti a darne una interpretazione letterale, può essere indotto, come è accaduto alle autorità giudiziarie che hanno proposto la questione di legittimità costituzionale, a supporre che la norma denunziata preveda come fatto punibile qualunque parola o gesto, anche il più innocuo, che ricordi comunque il regime fascista e gli uomini che lo impersonarono ed esprima semplicemente il pensiero o il sentimento, eventualmente occasionale o transeunte, di un individuo, il quale indossi una camicia nera o intoni un canto o lanci un grido. Ma una simile interpretazione della norma non si può ritenere conforme alla intenzione del legislatore, il quale, dichiarando espressamente di voler impedire la riorganizzazione del disciolto partito fascista, ha inteso vietare e punire non già una qualunque manifestazione del pensiero, tutelata dall'art. 21 della Costituzione, bensì quelle manifestazioni usuali del disciolto partito che, come si è detto prima, possono determinare il pericolo che si è voluto evitare" e, all'ulteriore capoverso "Il legislatore ha compreso che la riorganizzazione del partito fascista può anche essere stimolata da manifestazioni pubbliche capaci di impressionare le folle; ed ha voluto colpire le manifestazioni stesse, precisamente in quanto idonee a costituire il pericolo di tale ricostituzione." <ref>{{Cita web|url=http://www.giurcost.org/decisioni/1958/0074s-58.html|titolo=Consulta OnLine - Sentenza n. 74 del 1958|sito=www.giurcost.org|accesso=2018-05-13}}</ref>
 
Soggiacente all'impianto della legge Mancino è possibile rintracciare un argomento classico del [[liberalismo]] europeo, vale a dire quello secondo cui le opinioni che apertamente incitano alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici o religiosi, non debbano godere della tutela riservata alla libertà di manifestazione del pensiero. Tale argomento fu formulato per la prima volta da [[John Locke]] il quale, con riferimento alle pratiche autoritarie del cattolicesimo a lui contemporaneo, asserì che "I papisti non devono godere del beneficio della [[tolleranza]], perché, dove hanno il potere, si ritengono obbligati a negare la tolleranza agli altri"<ref>John Locke, ''Saggio sulla tolleranza'', in: ''Lettera sulla tolleranza'', a cura di Carlo Augusto Viano, Laterza, Roma-Bari 2006, p. 82.</ref>. Nel secolo scorso una simile argomentazione fu riproposta da [[Jean-Paul Sartre]] il quale, polemizzando contro gli antisemiti, dopo aver rilevato con sfavore che "In nome delle istituzioni democratiche, in nome della ''libertà d'opinione'', l'antisemita reclama il diritto di predicare ovunque la crociata antiebraica", e dopo aver definito pericolosa e falsa tale pretesa, sapidamente commentò: "Ammetterei a rigore che si abbia un'''opinione'' sulla politica vinicola del governo [...]. Ma mi rifiuto di chiamare ''opinione'' una dottrina che prende di mira espressamente persone determinate, che tende a sopprimere i loro diritti e a sterminarle"<ref>Jean Paul Sartre, ''L'antisemitismo. Riflessioni sulla questione ebraica'', Edizioni di Comunità, Milano 1964, pp. 7 e 8, corsivi nostri.</ref>.