Una casa colonica è una dimora rurale in cui la famiglia che vi abita e vi lavora non è proprietaria, né della stessa, né dello stesso fondo, ma è vincolata da un contratto di mezzadria con il proprietario.[1]

Casa colonica nella provincia di Bologna.

Tipico di molte case coloniche era il colore rosso della tinteggiatura esterna, talvolta con un riquadro bianco nel quale venivano indicati il nome del proprietario e il numero della colonia.[1]

Rapporti col proprietario modifica

Questa situazione implica non l'esazione di un affitto concordato a priori, ma della consegna del 50% (o di una frazione diversamente concordata) di tutto il raccolto. Per contro il proprietario si impegna a partecipare nella medesima misura a pagare le spese relative a prodotti per la lavorazione del fondo e alle spese di manutenzione ordinaria della casa e a eventuali spese assicurative. Se da un lato questo contratto si adatta meglio ad eventuali annate di crisi, dall'altra impone al mezzadro di produrre almeno il doppio di quanto è necessario per la propria sussistenza anche negli anni in cui il raccolto è scadente.

Il controllo sui coloni talvolta non veniva esercitato personalmente dal proprietario, ma da una sua persona fidata chiamata comunemente castaldo. Il colono ha altresì l'obbligo di tenere un registro (prima nota) nel quale annota tutte le spese e tutti i ricavi, scrittura che dovrà poi essere presa in visione e approvata dal proprietario.[1]


Note modifica

  1. ^ a b c Claudia Lazzaro, Rustic Country House to Refined Farmhouse: The Evolution and Migration of an Architectural Form, in Journal of the Society of Architectural Historians, vol. 44, n. 4, University of California Press on behalf of the Society of Architectural Historians, December 1985, p. 347. URL consultato il 4 agosto 2015.

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