Utente:Alkemyst/Scautismo

SCOUT O SCAUT? modifica

Articolo di Eveno Arani tratto da “SCAUTISMO” N. 2 (anno X) - Aprile 1969.

In occasione dell’emissione del francobollo italiano celebrativo dello scautismo, si presentò ai competenti Uffici Ministeriali il dubbio che la dicitura verticale «SCAUTISMO» posta ad illustrare la vignetta del francobollo potesse non essere considerata del tutto corretta, perché vi era (e v’è tutt’ora) qualcuno che usa scrivere «scoutismo».

La pronuncia è identica («scautismo»), ma qual’è l’esatta grafia?

Fu interpellata ufficialmente l’Accademia della Crusca e la risposta è stata chiara, univoca, definitiva: «SCAUTISMO».

Il motivo è semplice e non ha bisogno di molte spiegazioni: la desinenza italiana ismo applicata alla radice scout (come scout-ing inglese e scout-isme francese) deve necessariamente italianizzare tutta la parola e trasformare scout in scaut; scouting si traduce perciò: scautismo.

Non diversamente avviene per gli altri derivati italiani di parole straniere, siano queste nomi propri o comuni, tipico l’aggettivo «scespiriano» del tutto italianizzato, derivante da «Shakespeare», così pure: «touring» - «turismo».

Non è questo invece il caso della parola «SCOUT». La parola è straniera, non c’è bisogno di italianizzarla esistendo in lingua italiana la traduzione esatta e letterale: «esploratore».

E’ invalsa però l’abitudine di usare la parola straniera al posto di quella italiana per ragioni di carattere meramente organizzativo. Da quando gli Esploratori non esistettero più soltanto come tali, affiancati dagli Esploratori Novizi, e alla classe dei Novizi fu dato il nome particolare di «Lupetti» e fu poi anche istituita la classe «Rover», da allora la parola «scout» servì a definire tutto ciò che riguardava l’insieme delle tre classi, Lupetti, Esploratori e Rover, ed anzi lo scautismo in generale, compreso quello femminile e compresi anche i movimenti degli anziani (restando «Esploratore» la denominazione della singola classe).

Ma è rimasta una parola straniera. Quindi, come tale, segue la regola della sua nazionalità e, usata come aggettivo, è indeclinabile; come nome, invece, se usata al plurale dovrà essere completata con l’esse (scouts). Diciamo perciò «spirito scout», «metodi scout», «adolescenti scout», ma «gli scouts italiani», «gli scouts americani», ecc.

A proposito: Ufficio Mondiale dello Scautismo Boy Scouts World Bureau, tradotto letteralmente in italiano dovrebbe suonare non Ufficio Mondiale dei Giovani Esploratori, ma «degli Esploratori Giovani» essendo «scouts» nome e non aggettivo, e lo stesso significato letterale hanno i nomi della Boy Scouts Association inglese, della Boy Scouts d’America e delle altre associazioni similmente denominate.

C’è però in Italia, nelle denominazioni ufficiali e anche nella stampa scautistica, una certa incertezza.

Noi crediamo sia più esatto scrivere scout e leggere «scaut» e non scrivere «scaut», essendo più corretto mantenere a «scout» il suo carattere di parola straniera, almeno sino a quando una voce autorevole (l’Accademia della Crusca?) non stabilisca che «scout» o, meglio, scritto all’italiana, scaut, sia parola italiana.

A questo punto ci corre l’obbligo di ammettere che non abbiamo sin qui detto niente di originale. Il problema fu proposto da «Castoro Nero» (Rizzo) sin dal 1925 con la seguente soluzione: SCOUT è parola straniera e quindi si scrive con la «o» come nella lingua da cui è presa e come tale prende la «s» nel plurale; SCAUTISMO è parola italiana, motivo per cui si scrive come si pronuncia, vale a dire con l’«a».

Il Capo-Scout Villetti concordava, limitatamente alla parola scout: «Per quanto ripeta la sua etimologia dal verbo latino auscultare e dal sostantivo italiano scolta, oggi ci ritorna dall’Inghilterra dove è a un tempo verbo, aggettivo e sostantivo; adattare l’ortografia italiana alla fonetica inglese a me non sembra cosa opportuna, quando la parola nell’uso resta o dovrebbe restare invariata; suggerisco di adoperare la parola scout con l’ortografia originale inglese tanto come sostanitvo che come aggettivo».

Era invece di diverso parere per quanto riguardasse le parole scautismo e scautistico («non trovo la necessità di creare l’aggettivo scautistico quando la parola scout è già aggettivo invariabile») e suggeriva di «lasciare questa ortografia invariata anche nella radicale del neo-sostantivo scautismo che, venutosi dalla Francia, è ormai entrato nell’uso anche da noi». Ma dimenticava, rifacendosi all’esempio dei francesi, che questi leggono scoutisme alla francese, pronunciando «scu», mentre invece quegli italiani che seguitano a scrivere «scoutismo» lo leggono all’inglese «scautismo» ed è tale ibridismo che secondo noi si dovrebbe evitare.

E’ interessante e degno di rilievo, sullo stesso argomento di parole inglesi tradotte in italiano, il neologismo «campismo» adottato dal nostro «Sentiero» per «camping».

Resta un altro problema linguistico nella nostra organizzazione, quello della parola «ROVER». Ufficialmente infatti questa parola è sempre indeclinabile; viene usata per designare la classe e viene anche usata senza l’aggiunta dell’esse per indicare «i Rover», al plurale. Gradiremmo che un Rover di buona volontà ci spiegasse le caratteristiche linguistiche della denominazione della sua classe, usata al plurale.