into the wild: il protagonista intraprende una fuga simile ma non uguale alla corsa di Forrest Gump. Forrest Gump non aveva un motivo per correre, o per lo meno non ne era consapevole. Qui invece chi scappa sa perché lo fa: è un ritorno allo "stato di natura". Tanti pensatori hanno visto nella natura e nel ritorno alla primitività quello stato di cose in cui l'uomo non è ingabbiato dalla civiltà e dalle strutture sociali. E se un pensiero del genere lo ha avuto Rousseau 300 anni fa, anche oggi alcuni, a volte, percepiscono la tecnologia come una gabbia, come se ci rendesse "sporchi" e non ci permettesse di ammirare una valle in montagna, immersi come siamo tra palazzi e autostrade. Magari non possiamo fare a meno del cellulare, o dell'I-phone, o trattandosi di Peppe Gurrieri, dell'I-Pad, ma io penso che se un essere umano vivesse sempre chiuso tra quattro mura, o tra quattro palazzi, non sarebbe felice. Gli mancherebbe qualcosa, anche se non sa cosa. Di che cosa avrebbe bisogno un uomo che non ha mai visto la natura "wild", selvaggia e incontaminata? Proviamo tutti insieme a cercare la risposta in questo film, che parla proprio della felicità e di come raggiungerla.


Dopo: ora che abbiamo visto il film, la mia domanda è: pensate che il protagonista abbia veramente trovato la sua strada, e che abbia scoperto se stesso? Quando, nella scena finale, si espone la "ricetta della felicità", io mi chiedo se essa sia uguale per tutti, o se il protagonista ha trovato solo la SUA personale ricetta. E il modo stesso con cui il protagonista ha raggiunto la felicità, è una strada che possono percorrere tutti? In che modo si può trovare la propria strada?