Utente:Carmen Bagnara/Sandbox

Produzione

The True Cost è stato prodotto da Morgan's Untold Creative in associazione con Life is My Movie Entertainment. Il budget utilizzato per il documentario è di 500.000 dollari ottenuto grazie alle donazioni di investitori del progetto e la piattaforma Kickstarter che con i suoi fondi ha contribuito con 76.546 dollari. Morgan ha rifiutato finanziamenti di denaro da parte di società, organizzazioni non governative e fondazioni per mantenere il progetto "autonomo". A partire dall'ottobre 2013, Morgan ha viaggiato per venticinque città in tredici paesi in un arco temporale di due anni, durante il quale ha potuto raccogliere informazioni e condurre interviste. Alcune delle interviste sono state rese possibili grazie agli sforzi della produttrice esecutiva Livia Firth, che ha introdotto Morgan al tema della moda sostenibile. Morgan inizialmente aveva programmato di intervistare Livia Firth, ma venuta a conoscenza del progetto si è interessata e gli ha consigliato delle persone con cui parlare. Firth è stata fortemente coinvolta nella realizzazione del progetto e, dopo aver completato diverse interviste con lei, Morgan ha mostrato a Firth il montaggio finale e l'ha nominata produttrice esecutiva del film. Il regista aveva anche programmato alcune interviste con 25 grandi marchi di moda, nessuno dei quali ha accettato di apparire nel film.

Nonostante non conoscesse l'industria della moda, Morgan decise di realizzare un film sull'argomento dopo essere rimasto scioccato dalla notizia del crollo del Rana Plaza. Dopo aver trascorso diversi giorni a raccogliere informazioni e scoprire le violazioni dei diritti umani messi in atto nel settore e i suoi disastrosi impatti sull’ambiente, era sicuro di dover realizzare il film. Il regista, in precedenza, aveva anche apprezzato il genere, dicendo che era "effettivamente affascinato da quei film [di moda] che seguono una persona". Come Morgan, una non conoscitrice di moda, la produttrice esecutiva ed ecoattivista Lucy Siegle ha detto che non le piacciono questi film in quanto di solito si limitano ad esplorare gli aspetti estetici dell'industria. Secondo lei ciò che differenzia The True Cost è che il docufilm in modo graduale "svela la catena di fornitura globale, cruda e cupa del fast fashion". Tuttavia, il film volutamente non fornisce agli spettatori una risposta chiara su come risolvere i problemi. Morgan ha commentato: "Probabilmente sono più orgoglioso del fatto che abbiamo evitato risposte facili e invece abbiamo scelto di fidarci delle persone per sentire e riflettere profondamente sulle questioni sollevate".

Gli obiettivi finali di Morgan, dietro la realizzazione del film, non erano incolpare solo una singola azienda né l’industria del fast fashion in quanto "non ha inventato un modo di produzione irresponsabile, non ha inventato l'overmarketing del consumo di cose." Il documentario vuole essere un avvertimento sul "consumo incessante di roba mediocre” e un incentivo a vedere lo shopping come qualcosa di più di un hobby, aggiungendo che l'acquisto è “un atto morale e ci sono reazioni a catena di conseguenza”. Egli ha affermato che il suo intento non era di essere "anti-business o anti-market", ma quello di riaffermare i diritti umani fondamentali e mostrare i limiti delle risorse naturali.

La speranza di Morgan con The True Cost era di innescare un dibattito sul tema e “rendere le persone più consapevoli e scegliere le cose che sostengono la vita e non che la portano via“. Morgan offre vari esempi di come le persone possano fare la differenza, non mostrando semplicemente “i modi distruttivi in cui opera questo settore, ma anche le opportunità di reinventarlo attraverso piccole scelte che avranno effettivamente un impatto sui grandi problemi”. In conclusione, Morgan considera il suo documentario come un’introduzione all’argomento, che tratta diversi aspetti legati a questa tematica, ognuno dei quali varrebbe la pena di essere trattato in un film.