Utente:Chiarabusino/Sandbox

La poesia a braccio costituisce un fenomeno di grande interesse letterario, storico e antropologico e rappresenta un’arte antica sviluppata e diffusa nel territorio italiano, soprattutto nelle regioni centrali: Toscana, Lazio e Abruzzo. È una forma d’arte polare che pianta le sue radici nella struttura ritmica e metrica dei poemi cavallereschi.[1]

Caratteristiche modifica

La tradizione orale della poesia a braccio, che non si avvaleva di scrittura, era una costante dei poeti-narratori. Spesso diveniva canto, trasmessa e fatta propria dal gruppo o dalla società di appartenenza. Ai pastori transumanti era riconosciuta la tradizione dei cantori a braccio.[2]

Le poesie e i canti registrati costituiscono un elemento importante del patrimonio del luogo, in quanto primo fondo di documentazione. Le opere conservate contribuiscono a preservare il patrimonio orale dei poeti a braccio, destinati a sparire a causa delle poche informazioni su queste antiche forme di comunicazione.[2]

Temi e tecniche modifica

I temi ricorrenti nella tradizione orale sono tipici della tradizione cavalleresca con soggetti ispirati al mondo naturale (sole, luna, stagioni, mondo dell’agricoltura e della pastorizia) e alla cultura materiale. I versi utilizzati sono in ottave e in endecasillabi ritmati.[2]

L’improvvisazione è il fondamento di questo tipo di narrazione ritmata, cantata a braccio. La difficoltà principale è legata all’improvvisazione: la ripresa dell’ottava che deve ritmare con l’ultimo verso di quella precedente, la quale comporta un grande sforzo di memoria da parte dei poeti.[2]

I poeti seguivano una formazione basata sull’originalità, rimanendo fedeli alla cultura popolare, ispirandosi e sublimando la natura del luogo. Gli accorgimenti tecnici venivano tramandati e appresi da generazione in generazione di cantatori a braccio, ereditando anche oralmente i canti.[2]

Gli autori traevano ispirazione dall’ambiente circostante e dalle persone del luogo; i loro versi trattavano spesso di natura, amicizia, politica e società. I temi venivano trattati ed esposti con tono sarcastico e in chiave satirica.[2]

Le Tenzoni modifica

Si organizzavano delle “tenzoni”, ovvero delle vere e proprie gare, tra i poeti a braccio. Il nome deriva dalla metrica utilizzata nei poemi, ottava rima in versi endecasillabi, che riprendeva quella dei grandi poemi classici. Durante le gare era importante il fattore della ripresa: l’autore doveva riprendere l’ultimo verso recitato dal compagno prima di lui per non perdere la continuità della narrazione. La regola principale è quella di non interrompere la tenzone, che poteva così durare anche intere giornate. Il vincitore veniva proclamato da una giuria e si presentava come un eroe antico con l’abilità di interpretare i desideri nascosti della popolazione locale, espressi senza censure e limitazioni.[3]

Durante l’improvvisazione i poeti si avvalevano di una melodia molto antica che costituiva una base solida da cui partire per sviluppare la misura della stanza e del verso. Il poeta, grazie allo scorrere della melodia, riusciva a riconoscere esattamente quante sillabe mancavano prima della chiusura del verso.[1]

Non è sufficiente improvvisare un’ottava formalmente corretta perché questa la si possa considerare soddisfacente; bisogna sempre valutare il suo contenuto. I fattori da considerare per una buona qualità del verso sono: la qualità delle rime scelte, l’attinenza al tema assegnato, l’utilizzo di figure retoriche e l’originalità della chiusa finale e del concetto espresso.[2]

La destrezza del poeta viene valutata a livello tecnico, nella velocità di improvvisazione, e a livello sentimentale, nella suggestione e nelle emozioni che riesce a suscitare negli ascoltatori.[2]

Note modifica

  1. ^ a b Poeti a braccio, su e-performance.tv.
  2. ^ a b c d e f g h Vincenzo Battista, Capitignano ad Occidente del Gran Sasso.
  3. ^ la poesia a braccio, su vincenzobattista.it.