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Le cause della rivolta di Battipaglia del 9 aprile 1969

Negli anni Sessanta la situazione economica battipagliese era in declino: si stima siano state chiuse almeno dieci fabbriche con un conseguente aumento della disoccupazione. Tale situazione, inizialmente, non scatenò alcuna reazione né da parte della classe operaia, troppo debole, né da parte della classe politica dominante, favorevole alla speculazione da parte degli industriali. Lo zuccherificio SIIS del gruppo Piaggio e il tabacchificio dell'ATI (ex tabacchificio Farina),uno dei principali stabilimenti del complesso aziendale della SAIM (Società Agricola Industriale Meridionale), furono l'ultima "trincea" della sottoccupazione. Nella Battipaglia del tempo, città ancora prettamente industriale, il malumore dei cittadini, spoliticizzato e guidato da una CISL (Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori) ancora rimasta su posizioni padronali, scaturiva dal salario ridotto e dalla dilagante disoccupazione. Nell'Aprile del 1969, nel timore di poter perdere gli ultimi posti di lavoro, si fece strada, tra gli operai del tabacchificio l'idea di uno sciopero finalizzato all'occupazione dello stabilimento stesso. Si trattava uno sciopero singolare dove all'angoscia delle "tabacchine" si sommavano la crisi dei commercianti, le aspettative degli agrari, le proteste contro il MEC (Mercato Europeo Comune), le speranze degli speculatori edilizi, la richiesta, già più volte avanzata, e ribadita in molti comizi elettorali, della costruzione di un adeguato sistema fognario e del famoso sottopassaggio ferroviario. Nello sviluppo della protesta i sindacati (CGIL,CISL,UIL) dovevano avere solo il ruolo formale di organizzare un corteo ed un comizio, mentre il sindaco, il democristiano Domenico Vicinanza, si sarebbe recato a Roma per incontrare il Ministro delle Partecipazioni Statali, Arnaldo Forlani.


Il giorno della sommossa

La sommossa ebbe inizio mercoledì 9 Aprile con il corteo in partenza da Piazza della Repubblica. Il primo incidente ebbe luogo dopo solo duecento metri: i manifestanti si scontrarono con i poliziotti guidati dal commissario di Battipaglia, De Masi. Ciò fu visto come una provocazione e causò una forte reazione da parte del corteo; a quel punto sindacalisti e partiti persero il controllo della situazione e la folla iniziò a dirigersi confusamente verso la stazione ferroviaria, causandone il blocco. Le squadre antisommossa della Polizia di Stato furono tenute a distanza da una violenta sassaiola, che costrinse gli agenti a chiedere rinforzi alla "Celere" di Salerno. I manifestanti per bloccare loro l'accesso all'Autostrada del Sole formarono una barricata umana. I poliziotti, dopo aver intimato alla folla di abbandonare la zona, senza successo, ricorsero alla violenza con manganellate e cariche ripetute che costrinsero i dimostranti ad arretrare. Si assistette ad episodi come il ferimento di un anziano signore accusato di ingombrare la strada e di un fotografo (Elio Caroccia) che aveva ripreso la scena; quest'ultimo fu inoltre incarcerato. Tutto ciò inasprì i contrasti, la "Celere" agì con granate lacrimogene e i rivoltosi spinsero gli agenti a ripiegare verso l'autostrada abbandonando i mezzi che verranno poi capovolti e dati alle fiamme dalla folla.


La battaglia del pomeriggio

Nel pomeriggio ritornò, da Eboli, la "Celere", respinta poche ore prima, con l'obbiettivo di dare una lezione ai manifestanti. Oramai la rivolta non coinvolgeva più soltanto i rivoltosi e la polizia ma tutta Battipaglia. Il "battaglione Foggia" e gli alti rinforzi, una volta giunti alla stazione ferroviaria, pianificarono due attacchi: il primo contro la folla in Piazza della Ferrovia, il secondo contro coloro che occupavano i binari. Mentre l'attacco in piazza ebbe l' effetto desiderato, quello contro la folla stanziata sui binari venne respinto da una violenta sassaiola che obbligò gli agenti a ripararsi nei furgoni, i quali però non resistettero a lungo. Si crearono dissidi interni tra gli ufficiali della "Celere", che erano disposti a tutto pur di sedare la rivolta, e i carabinieri, che non erano d'accordo con loro sul modo di procedere. La polizia fu indotta alla resa e i feriti furono trasportati in ospedale. Nonostante ciò i civili continuarono ad inseguire le forze dell'ordine in fuga, quest'ultime costrette a radunarsi nei pressi del commissariato di P.S., dove la folla manifestó la volontà di scacciare definitivamente la "Celere" da Battipaglia. Quest'ultimo scontro avvenne su due fronti: dinanzi al Municipio (Piazza del Popolo) la "Celere" rispose alla folla con lanci di granate lacrimogene e cariche ripetute. Per intimorire la moltitudine, la polizia sparò in aria colpendo fatalmente Teresa Ricciardi affacciata alla finestra.