Utente:Edubina/Sandbox

Il Modello EDUCREANDO© BINAZIONALE - scaturisce da un lavoro congiunto italo -argentino - che, cominciato nel 2014. ha permesso la realizzazione di un lavoro di ricerca e l’impostazione del modello psicopedagogico dell’intersoggettività trasformativa attraverso l’educazione emozionale.

Quando insegnare è un’arte imparare è un piacere Benito Quinquela Martín 1. Storia a. Le premesse del lavoro congiunto b. Le tradizioni pedagogiche in Argentina e in Italia c. Fasi del lavoro di collaborazione i. Lavoro elaborativo ii. Ipotesi di lavoro iii. Implementazione e realizzazione iv. Ricerca e riflessione d. L’allargamento della rete e. Dal Progetto al Modello 2. Impostazione teorica Lemmi chiave Premessa per lavorare nella cultura della pace 1. Architettura della collaborazione 2. Ascolto responsivo (ricettivo e responsabile) e attivo 3. Auto conoscenza e autoaccettazione come strumento facilitatore nella costruzione di una soggettività non adultizzata. 4. Conflitto come motore dello sviluppo 5. Consapevolezza emotiva 6. Creazione di spazi mentali 7. Didattica intersoggettiva 8. Esperienza e mentalizzazione dell’esperienza 9. Interazioni “violentatrici” 10. Intersoggettività trasformativa: l’adulto interprete come modello di identificazione 11. Lettura benevola e fiduciosa della risoluzione del conflitti 12. Paradigma della comprensione vs simbiosi in relazione alla problematica 13. Psico-socio-pedagogia della cura della vita e delle relazioni 14. Sana autorità 15. Stretto rapporto tra comportamento dirompente e povertà di risorse istituzionali e personali disponibili 3. Riflessioni sulla pedagogia della tenerezza 4. Note bibliografiche


1. Storia a. Le premesse del lavoro congiunto Educreando© Binazionale mira a favorire la costruzione di uno spazio di dialogo tra i membri (alunni, genitori, docenti e psicologi) delle comunità educative di Italia e Argentina, in ottica inclusive per la diffusione di una cultura di pace. Mediante tale esperienza si è stabilito e consolidato un gemellaggio metodologico e una ricerca psicopedagogica internazionale basata sul modello dell’intersoggettività trasformativa. Il valore scientifico del progetto si stabilisce a partire delle collaborazioni stabilite tra IUSAM di APdeBA (Istituto Universitario di Salute Mentale di Associazione Psicoanalitica di Buenos Aires) e l’Istituto Comprensivo 1° “Don Bosco – Melloni” - Portici (NA) . Il team di lavoro è coordinato in Argentina dalla Professoressa e Psicanalista Isabel Ines Mansione (con il supporto della Psichiatra Diana Zac e la Docente di Italiano, Traduttrice e Interprete dell’equipe Carla Raschia) e in Italia dalla Professoressa e Psicoterapeuta e Vicepresidente dell’Associazione Tanos - Annamaria Improta (con il supporto delle Docenti Anna Maria Salzano e Anna Sica). b. Le tradizioni pedagogiche in Argentina e in Italia Il Modello Educreando© Binazionale scaturisce da trentennali ricerche nel campo dell’inclusione che si sono concretizzate in una collaborazione scientifica tra professionisti di due paesi. Dal 2014 è stata costituita una rete, basata sul confronto e sulla condivisione, che si è consolidata nel tempo. In questa prospettiva sono stati realizzati progetti programmati congiuntamente da gruppi di docenti appartenenti alle istituzioni formative gemellate tra Argentina e Italia. Questi progetti, nati come progetti di estensione e ricerca-azione, hanno permesso di individuare circoli educativi virtuosi e buone pratiche di apprendimento condivise e replicabili. Alla luce delle esperienze è stato possibile sistematizzare i risultati raggiunti introducendo una modellizzazione del processo implementato, finalizzato alla prevenzione primaria e secondaria in contesti educativi differenti. In entrambi i paesi esistono importanti tradizioni pedagogiche: In Argentina è comune nelle scuole statali la presenza di bambini e giovani di diverse nazionalità e culture, tra cui alcuni con Bisogni Educativi Speciali. In Italia l’inclusione delle disabilità ha una lunga tradizione. Le due equipe hanno avuto l'idea di confrontare e “rivisitare” tali tradizioni allo scopo di arricchire reciprocamente le proprie esperienze, attraverso un progetto comune, che tenesse conto però delle diverse esigenze del contesto.

c. Fasi del lavoro di collaborazione. Il lavoro condotto di collaborazione Argentina-Italia ha, quindi previsto diverse fasi - : i. LAVORO ELABORATIVO: in una prima fase è stato necessario confrontarsi sul concetto di cultura locale, elaborando anche il concetto di identità in realtà locali differenti, per estrapolarne somiglianze e differenze. Due ricerche parallele, realizzate tra Argentina e Italia , hanno investigato sulla dimensione inclusiva di realtà differenti, valorizzandone le peculiarità. In particolare un gruppo di ricerca di entrambi i paesi ha lavorato sulla soggettività del diverso da sé, sia nella prospettiva di diversità culturale, sia nel panorama educativo del mondo della disabilità. La ricerca sulla soggettività della diversità culturale dei migranti nei diversi flussi migratori, ha permesso un riavvicinamento fecondo tra le due comunità per costruire percorsi educativi comuni. Nel primo filone di indagine si è lavorato, dunque, sull'asse delle identità locali, favorendo la conoscenza delle credenze. In un primo momento l'idea era di lavorare sull'identità locale, tanto nel luogo di partenza quanto in quello di arrivo. In Argentina si è partiti dalle scuole di formazione dei docenti, dando così spazio a elaborazioni di gruppo su contesti di conflitto, approfondendo situazioni di desiderio e nostalgia nel corso del XXI secolo. Successivamente con il progetto “Il recupero della memoria collettiva” - sono stati inclusi studenti di scuola secondaria a cui migranti anziani raccontavano la loro storia, in maniera tale da offrire una forma di riscatto in entrambe le società: le memorie come processo di soggettivazione in transito. Questo tipo di approccio ha avuto il vantaggio dell’impiego di insegnanti non accademici e ciò ha permesso una conoscenza esperienziale e riflessiva, attraverso la metodologia di ricerca della memoria autobiografica di storie di vita, trasmesse per via orale, creando empatia tra le diverse generazioni. L’inclusione scolastica del bambino con bisogni educativi speciali è un’esigenza sociale molto presente in entrambi i paesi. Dagli anni ‘70 il nostro Paese è impegnato a migliorare questo aspetto attraverso leggi, ricerche e strategie mirate, ma soprattutto attraverso un cambio di mentalità professionale. In tempi più recenti anche l’Argentina vive questa esigenza di inclusione scolastica ma, nonostante emendamenti e leggi risalenti agli anni ‘90, un’effettiva svolta educativa e metodologica è molto più recente. Per questo attualmente il team argentino sta conducendo ricerche sulle rappresentazioni di genitori e insegnanti sul bambino disabile e sulla rappresentazione di sé del bambino stesso. Nel secondo filone di indagine si è lavorato, invece, all’interno del panorama educativo del mondo della disabilità nella prospettiva dell’inclusione. In particolare la ricerca è stata portata avanti all’interno dell’Istituto Comprensivo 1° “Don Bosco – Melloni” - Portici (NA) nel quale il modello inclusivo è da anni uno dei punti di forza del POF. In particolare, già prima che nel 2012 diventasse Istituto Comprensivo, la Scuola Secondaria di primo grado “Macedonio Melloni” - - - - - - - - , da anni era impegnata per l’inclusione scolastica delle diversità, considerandole patrimonio e risorsa per l’intera comunità educativa. Con l’istituzione dell’Istituto Comprensivo si è rafforzata questa mission inclusiva considerando le diversità, come patrimonio e risorsa per l’intera comunità educativa. Le pratiche educative inclusive realizzate nel corso degli anni hanno dimostrato che la valorizzazione delle differenze migliora il contesto formativo per tutti gli alunni, consolidando i rapporti tra i pari. Nel corso di tale ricerca particolarmente proficue sono state l’utilizzo di metodologie quali l’analisi della domanda, l’autobiografia come narrazione e costruzione di sé, la scrittura creativa, e l’approccio enativo con il coinvolgimento del corpo. In questa prospettiva la prima inclusione è quella che si è realizzata tra gli adulti, i docenti, che si sono confrontati per la costruzione di un modello educativo inclusivo che bypassasse le differenze, valorizzandole. In tale proposta il secondo passaggio è stato quello di promuovere modalità di pensiero comune tra insegnanti e studenti che potessero sperimentare la sensazione di sviluppo positivo all’interno di un ambiente educativo e di apprendimento, in cui insegnanti e alunni PENSANO insieme … e le idee sono contagiose: se si pensa che l’idea dell’altro sia positiva ci si arricchisce e migliora la qualità della nostra vita, nella prospettiva della partecipazione sociale - - . Pensare è una condotta intangibile che mostra risultati concreti impressionanti. Se qualcuno si sente pensato da un altro, esiste per l’altro, quindi, vive meglio la qualità della sua esistenza, perché si sente studente per il professore, figlio per i genitori che lo pensano, ecc. Se il pensare costruisce l’intersoggettività, in entrambi i poli, tanto nel “pensante” quanto nel “pensato”, si dà la possibilità allo studente, anche intangibile, di identificarsi con quel modello di partecipazione sociale e cittadinanza attiva. Il team ha scommesso “sull’identificazione” come modello educativo e sulla “vicinanza” come un concetto sciolto dal territorio e connesso al mondo affettivo, motore dello sviluppo. Con tale progettazione comune, realizzata da professionisti di entrambi i paesi lo studente ha avuto la possibilità di sperimentare come da una parte sia possibile e praticabile realizzare un progetto che trascende l’istituzione e il paese dove egli vive, d’altra parte la possibilità di sentirsi rispettato come persona attiva, creatrice, produttrice per situarsi in un contesto di costruzione di saperi non solo personali ma anche collettivi . ii. IPOTESI DI LAVORO : dopo un periodo di astensione prudenziale dall’intervento, finalizzata a cautelare la scientificità e la buona riuscita dell’intervento stesso, i gruppi di insegnanti di entrambi i paesi hanno identificato i problemi comuni delle scuole coinvolte. In questa fase il gruppo di lavoro ha elaborato le ipotesi di intervento per pensare collettivamente a soluzioni valide e percorribili in entrambi i contesti. In questa fase è apparsa necessaria una formazione per tutti gli operatori coinvolti che valorizzasse la soggettività del docente nella relazione educativa, per implementare un lavoro significativo. Molto spesso si sente parlare dell’importanza dell’aspetto emozionale nella relazione educativa, come elemento cardine per rivitalizzare il processo di insegnamento-apprendimento. Per promuovere una nuova mentalità di un docente capace di generare processi inclusivi attraverso la valorizzazione di processi intersoggettivi la nostra proposta è la realizzazione di una formazione relazionale specifica, attenta a valorizzare le narrazioni del docente, per acquisire consapevolezza del proprio percorso emozionale, attraverso una ridefinizione degli aspetti emotivi nella relazione educativa: una singola parola può essere rassicurante o, al contrario, essere dannosa. Tale affermazione emerge dall’insieme delle nostre esperienze (sia dei docenti e psicologi sia degli studenti) riguardanti situazioni di dialogo. iii. IMPLEMENTAZIONE E REALIZZAZIONE: le azioni educative e le metodologie scelte sono quelle volte ad aiutare ciascuno studente a trovare il proprio spazio nel mondo, valorizzando i propri talenti, per scoprire la propria unicità. È la fase dell’intervento operativo sull’oggetto della ricerca – azione attraverso metodologie creative ed espressive, che mirano a sviluppare la creatività e il pensiero divergente, quali: - Scrittura creativa, Narrativa autobiografica & Storytelling - Fumetti e uso delle nuove tecnologie - Role play e drammatizzazione - La danza - Cooperative learning - Didattica metacognitiva La tematica condivisa individuata sulla quale hanno operato i due gruppi di lavoro è quindi stata un intervento di prevenzione primaria e secondaria per contrastare i fenomeni di bullismo e cyberbullismo, finalizzata anche a promuovere una cultura di sicurezza in rete, coerentemente con le iniziative del Progetto del MIUR Generazioni connesse . iv. RICERCA E RIFLESSIONE : La valutazione è stata operata da figure professionali esterne alle istituzioni educative (italiane e argentine) coinvolte, afferenti a IUSAM (Istituto Universitario di Salute Mentale di Buenos Aires) di APdeBA (Associazione Psicoanalitica di Buenos Aires). Il risultato è stato un’indagine qualitativa nella quale è stata data priorità alla voce degli studenti, partendo dalla valutazione che hanno fatto in entrambi i paesi sull'esperienza di inclusione e di prevenzione del bullismo in classe. Per esempio è stata individuata l’importanza del rispetto del pensiero dell’altro o di un gruppo, considerando i danni causati da errate credenze, pregiudizi, pensieri distorti. d. L’allargamento della rete La rete nel corso degli anni si è progressivamente allargata e dall’accordo preliminare realizzato nel 2014 a Roma tra le coordinatrici si è giunti nel 2016 ad un Protocollo d’intesa formalizzato tra IUSAM di APdeBA e IC 1° Don Bosco Melloni di Portici (Napoli) che ne sancisce il ruolo di istituzione coordinatrice per l’Italia, in quanto ai partner storici si aggrega l’Istituto Comprensivo “Mattei-Di Vittorio” di Pioltello. Provincia di Milano (Italia) e altre istituzioni, sia in Italia, sia in Argentina e Associazione Culturale Tanos di Teggiano. Provincia di Salerno (Italia). Nel 2019 la rete si allarga ancora e altre istituzioni, oltre a IUSAM di APdeBA e IC 1° Don Bosco Melloni di Portici (NA) si aggregano ancora altre istituzioni. , per cui la rete è la seguente: In Italia con l’adesione di: - Associazione Culturale Tanos di Teggiano. (SA) - essebi – Centro di Psicologia clinica territoriale e Psicoterapia di San Giorgio a Cremano . (NA) - Studio Multidisciplinare Integrato per l’Infanzia, l’Adolescenza e la Famiglia di Portici . (NA) Con il Patrocinio di: Comune di Portici – Comune di Pioltello – Ordine Psicologi della Campania In Argentina: con l’adesione di: - Orquesta Escuela de Lobos . (CABA) - Società di Mutuo Soccorso “Unione Italiana” di Lobos. (CABA) Con il Patrocinio di Municipio de Lobos (CABA) Nel 2021 gli enti coordinatori, IUSAM di APdeBA e I.C. 1° Don Bosco Melloni di Portici (NA) hanno stretto Protocolli d’intesa formalizzati con Accademia Imago per la diffusione del Modello Educreando© Binazionale. Al momento la rete è in via di ridefinizione.

e. Dal Progetto al Modello Tante le iniziative educative e realizzate in questi anni di gemellaggio e collaborazione .

	Dal 2015 i risultati delle ricerche condotte vengono accettati al prestigioso convegno internazionale “La Qualità dell’inclusione scolastica e sociale”, organizzato biennalmente a Rimini dal Centro Studi Erickson di Trento, dove, nelle diverse edizioni vengono presentati i seguenti lavori:

2015: Si vive di rapporti, si cresce con le interazioni. La cultura e il mito come elementi di inclusione e convivenza civile. Di Improta, A., Mansione, I. I., Zuntini, L., Cardoso, H., Rasullo Gianelli, C. Colonna, I. e Raiola, M.C. Relazione presentata nella Sezione “Buone Prassi” 10° Convegno Internazionale “La Qualità dell'integrazione scolastica e sociale”, Rimini, 13-15 novembre . 2017: Intersoggettivismo relazionale, ovvero, si vive nei rapporti e si cresce nelle interazioni: una ricerca metodologica tra le scuole della provincia di Buenos Aires in Argentina, e le scuole della provincia di Napoli e Milano. Di Mansione, I., Improta, A, I., Raschia, C., Salzano, A. M., Zuntini, Gladys, G., Carballo, S., Colonna, I., Raiola, M.C. e collaboratori. Relazione presentata nella Sezione “Contributi scientifici” 11° Convegno Internazionale “La Qualità dell'integrazione scolastica e sociale”. Rimini, 3-4-5 novembre . 2017: “Educreando”. proyecto de extensión: un’esperienza di gemellaggio metodologico per favorire un apprendimento stimolante e significativo tra le scuole della provincia di Buenos Aires in Argentina, e le scuole della provincia di Napoli e Milano. Di Improta, A., I., Mansione, I., Raschia, C., Salzano, A. M., Zuntini, Gladys, G., Carballo, S., Colonna, I., Raiola, M.C. e collaboratori. Relazione presentata nella Sezione “Buone Prassi” 11° Convegno Internazionale “La Qualità dell'integrazione scolastica e sociale”. Rimini, 3-4-5 novembre. 2019: “Life Skills e Ricerca Sul Territorio: il Progetto Binazionale Educreando come promotore del ben-essere e del desiderio di imparare”. Sezione “Contributi scientifici” 12° Convegno Internazionale “La Qualità dell'integrazione scolastica e sociale”. Rimini, 15-16-17 novembre . Nel 2019 è stato necessario registrare il Progetto come proprietà intellettuale alle SIAE, per vari tentativi di emulazione e appropriazione indebita dell’impostazione teorica. Le iniziative crescono sempre di più e si ampliano sia nell’ambito della ricerca sia nell’ambito della formazione. La proposta metodologica impone che il docente si formi a partire dall’autoconoscenza e autoaccettazione di sé e delle proprie emozioni, sviluppando una consapevolezza emozionale che include l’empatia, il pensiero intuitivo e una sana autorità. Nel processo di formazione non si tratta di replicare consegne ma di costruire esperienze attraenti e, quindi motivanti, che permettano di introiettare un modello di pensiero (emozioni + idea) per la cura della vita di se stesso e dell’altro dove emerge nell’allievo “ciò che sono veramente” per la fiducia nel legame con il docente. Tali esperienze significative attiveranno un processo a cascata, in classe, nella scuola, con tutta la comunità educativa, includendo i genitori. 2. Impostazione teorica In tale modello le emozioni sono il motore del desiderio di insegnare ed imparare, tanto nel docente quanto nell’alunno. Senza le emozioni e la loro espressione non è quindi possibile realizzare il processo di apprendimento che è un processo trasformativo e di soggettivazione e mentalizzazione. Per questo motivo le emozioni non possono essere considerate una deviazione dalla norma ma vanno intese una modalità organizzativa del contesto. Qualsiasi metodologia che pretenda di coinvolgere docenti e alunni nel processo di apprendimento deve accettare tutte le emozioni, perché si tratta di una comunicazione intersoggettiva che necessita di essere capita. Nasce un nuovo docente: il docente interprete che allevia con il suo lavoro quello che al principio può essere un ostacolo, sviluppando una lettura abuenada (benevola) della domanda che portano le emozioni e la include creativamente nei contenuti disciplinari. In questa prospettiva l’impostazione metodologica - deve necessariamente essere di tipo espressivo e creativo, per permettere agli alunni, attraverso una didattica innovativa e inventiva, di entrare in contatto con le proprie emozioni, averne consapevolezza riconoscerle e saperle gestire: ogni studente conscio delle sue emozioni dovrà essere in grado, attraverso confronti, di riconoscere quelle “dell’Altro” imparare a rispettarle evitando e/o superando inutili narcisismi. LEMMI CHIAVE: GLOSSARIO Per docenti, psicologi e operatori socio-educativi sul metodo dell’intersoggettività trasformativa. Premessa per lavorare nella cultura della pace La classe è lo scenario dove lo studente sente e sperimenta come un luogo sicuro, nel quale può mostrare la lotta interiore tra: “ciò che io sono veramente e ciò che gli altri vogliono farmi credere di essere”. In certi contesti di lavoro è frequente incontrare scontri di aspettative tra: - gli attori sociali coinvolti; - presenza di legittimità parallele; - squalifica di una sana autorità; - esigenze senza riconoscimento; - danni senza riparazione; - dissociazione tra quel che si dice e quel che si fa; - tra quello che facciamo e le motivazioni che ci spingono a farlo, di cui spesso non abbiamo consapevolezza. Gli obiettivi del Modello Educreando© Binazionale cercano di farci uscire da questi possibili scenari di lavoro per andare verso opportunità di crescita, nello spazio di una relazione educativa soddisfacente e trasformativa per tutti gli attori coinvolti. 1. Architettura della collaborazione. Il lavoro dell’architetto è realizzare ambienti accoglienti e belli, rispondendo alle necessità dell’altro: trasforma un luogo in uno spazio di relazioni e lo fa con un criterio estetico. Analogamente docenti e studenti realizzano la costruzione di un’intimità della relazione, da cui scaturisce la collaborazione, in una struttura quasi orizzontale in quanto entrambi portatori di conoscenza, ma verticale a livello di responsabilità, giacché quella del docente è maggiore. È la costruzione di una “presenza affettiva, disponibile e trasformativa” per favorire l'elaborazione simbolica delle situazioni di vita, che attraverso giochi e attività promuove lo sviluppo dell’empatia e consente di rimuovere ostacoli interni/esterni. Ad esempio: - un alunno ha una condotta dirompente, il docente mostra una condotta punitiva. Se l’alunno insiste con tale comportamento e il docente modifica la sua risposta, comincia un nuovo incontro umanizzante e trasformativo. Tale incontro diventa un’esperienza di riscatto, perché quando il docente cambia la sua soggettività, incontra quella dell’alunno e la riflette adeguatamente. Da ciò scaturisce la fiducia e l’alunno non si sente più escluso o folle ma comprende ciò che prova e sente di appartenere ad una cultura. Su questa esperienza si fonda l’empatia. Si parla quindi di un’architettura della collaborazione che si costruisce in situazione. È possibile infatti che l’empatia non presente in un primo momento, derivi poi da un “incontro” con l’altro. È un processo attraverso il quale passa un inter-apprendimento e un intra-apprendimento. Il primo si riferisce all’apprendimento con gli altri, il secondo ad un cambiamento interno dove l’Io del soggetto, in contatto con la realtà, riesce a mitigare le istanze morali (Super-Io) che ostacolano la trasformazione. Un’architettura della collaborazione contribuisce alla creazione di un clima di speranza per gli sviluppi ostacolati mediante la presenza affettiva, volitiva e trasformativa del caregiver adulto, che consente l'elaborazione simbolica di situazioni vitali. Il lavoro in corso sta quindi nella costruzione di un insegnante-interprete e un dirigente attento alla valorizzazione delle intersoggettività nella comunità scolastica . 2. Ascolto responsivo (ricettivo e responsabile) e attivo , attraverso cui si rafforza l’identità di caregiver (datori di cure), con la responsabilità di ascoltare e tenere conto delle voci dei bambini, dei giovani e di tutti coloro che sono sotto la nostra tutela. A scuola si deve pensare a un rapporto come relazione di aiuto e di accompagnamento non direttiva, fondato su un ascolto attivo ed empatico che, in un clima di attenzione e di rispetto, pone al centro la persona con i suoi bisogni, valorizzandone le potenzialità di cambiamento. Perché ascoltare prima di parlare? Se un figlio, un alunno, un amico, ha un problema viene spontaneo ‘parlargli’, esprimendo giudizi negativi, mettendo in evidenza gli errori o le mancanze da lui commesse. In questo modo, senza volerlo, abbiamo usato il linguaggio dell’inaccettazione. L’effetto è che la persona che volevamo aiutare, sentendosi giudicata, si chiude ancora di più in se stessa, peggiorando l’immagine di sé e la relazione con noi: si sente incompreso e solo. Abbiamo commesso l’errore di partire dalla nostra prospettiva compromettendo la comunicazione e fallendo nella relazione di aiuto. Per attivare il circolo virtuoso trasformativo è invece importante ascoltare quello che sente l’altro, e non solo quello che dice. È un ascolto che contiene, accoglie e ripara ciò che non è capito fino a quando non viene compreso. È l'ascolto dei segnali d’allarme, del linguaggio del corpo e delle relazioni intersoggettive. È un ascolto che apre lo spazio alle trasformazioni. È l'ascolto che accompagna con la vicinanza, segue il discorso dell'altro, il suo modo di leggere ciò che è un problema e ciò che non lo è. È un ascolto socialmente responsabile, perché l'interlocutore è la comunità educativa. Ascoltare è imparare e l'ascolto insegna. Dal punto di vista metodologico, ai fini esplicativi e didattici possiamo individuare quattro momenti, che tuttavia si articolano simultaneamente: • Ascolto attivo. Permette di esprimere senza interruzioni i propri problemi da diverse prospettive. • Attitudine recettiva e responsabile: indica la disponibilità dell’altro ad ascoltare e provare mentalmente a sentire empaticamente cosa sente l’altro. • Sostenere la comunicazione intersoggettiva: incoraggia e rafforza la comunicazione senza valutare né giudicare. • Rêverie docente: è un modo per alleviare le sofferenze del bambino/giovane, utilizzando un linguaggio semplice e breve per spiegare cosa gli succede nel modo in cui lui lo vive e lo sente, ovvero, la teoria implicita del suo comportamento. Come mantenere attivo l'ascolto? Vogliamo sottolineare come l'ascolto attivo in ambienti socioeconomici sfavorevoli richieda un lavoro di elaborazione molto intenso ed estenuante per i professionisti coinvolti in questi processi. Testimoniare gli effetti dei legami sociali segnati dalla conseguente crudeltà di organizzazioni sociali perverse ci chiama a un'azione collettiva più ampia. Nella nostra esperienza con gli educatori, sentiamo il bisogno di un dialogo costante con i colleghi, affinché le ansie che sorgono in questa interazione possano trovare pensiero e trasformazione. 3. Auto conoscenza e autoaccettazione come strumento facilitatore nella costruzione di una soggettività non adultizzata. Con adultizzata noi vogliamo riferirci ad un processo nel quale bambini e giovani accontentano il caregiver adulto e sono compiacenti con le sue aspettative, tanto da formare un falso sé. (Winnicott). Pertanto una maniera di collaborare, rispettando il vero Sé del bambino o giovane in via di sviluppo richiede quindi una scuola che crei un clima psicologico favorevole e accogliente che aiuti le/i discenti ad esprimere adeguatamente i propri vissuti e desideri. Questo segna il passaggio da una pedagogia trasmissiva e repressiva a una pedagogia co-costruita dell’espressione emozionale. Con attività appositamente predisposte gli allievi hanno l’opportunità di: - scoprire se stessi; - espandere il sentimento attraverso l’autoconsapevolezza; - sviluppare una crescita personale focalizzano gli aspetti più importanti e significativi della propria vita; - sviluppare le qualità/capacità di relazione, di rispetto; - diventare buoni ascoltatori, migliorando le proprie competenze comunicative; - fare esperienza di nuove abitudini e stili di vita, di affettività e valori differenti. In conclusione, il percorso di gruppo rappresenta un'esperienza che attiva diversi processi relazionali, la possibilità di riflettere sull’attuale stato, il desiderio di restare a scuola per ricominciare a credere in qualcosa. Non è sufficiente l’autoconoscenza per poter cambiare: è imprescindibile accettare essere come si è, con i propri punti forti e i propri limiti e debolezze. Questo è il punto di partenza per valutare cosa posso cambiare e quello che non posso cambiare e, quindi, devo accettare. Senza auto accettazione non c’è cambiamento! 4. Conflitto come motore dello sviluppo. Il conflitto, se ben letto e gestito, è il motore dello sviluppo e non un ostacolo. È una forma scomoda di comunicazione che diventa motore dello sviluppo se l’adulto responsabile è in grado di fare un’adeguata lettura che rende possibile la trasformazione. Il processo di insegnamento-apprendimento è di per sé un conflitto perché introduce un cambiamento. Il soggetto può essere resistente al cambiamento perché può essere scomodo abbandonare un luogo conosciuto e sicuro per avventurarsi in una zona incerta, affinché si costruisca una nuova conoscenza. A volte un adulto propone un progetto che entra in conflitto con quello del discente. Esempio: l’insegnante vuole spiegare la lezione e lo studente disturba. È lo scontro di due progetti: - quello del docente che vuole fare lezione ed insegnare; - quello dello studente che, per bisogni interni (magari richiamate dal contenuto della disciplina), disturba a causa dell’emozione emergente. Quest’incontro/scontro di progetti tra docente-studente può produrre malessere oppure diventare motore dello sviluppo. È l’atteggiamento dei docenti che fa la differenza: - se i docenti (che hanno la responsabilità educativa) si irrigidiscono nella propria posizione, non fornendo mai spazio di espressione, il conflitto genera malessere e può essere d’ostacolo al processo di sviluppo. - Se i docenti fanno una lettura ricettiva volta alla risoluzione dei problemi, il conflitto può diventare motore dello sviluppo attraverso una relazione trasformativa. Per favorire tale cambiamento nell’atteggiamento del docente è necessario che ci sia una collaborazione con tutto il team educativo, includendo il Dirigente per la politica inclusiva della scuola. Una delle metodologie adeguate a tale trasformazione sono le strategie della creatività, che permettono il passaggio dal circolo vizioso a quello virtuoso, permettendo di sublimare il disagio e rimotivare all’apprendimento. La creatività è un’immaginazione costruttiva in un contesto incerto e in mutamento. Con le attività creative il docente può aiutare lo studente a esprimersi, a conoscere se stesso e ad accettare i propri limiti. In tal modo è possibile giungere a soluzioni singolari, nuove e valide di fronte a problemi o aspettative di miglioramento. Una formazione che favorisce l’incontro dei due progetti (quello dell’l’insegnante e quello dell’alunno) aiuta vivere la professione con salute ed allegria, con aggiornamento e amore della conoscenza, nei luoghi dove i professionisti e i bambini/giovani vivono gran parte della loro giornata. Questa è la finalità delle équipes del Modello Educreando© Binazionale, ossia l’intenzione di accompagnare insegnanti e studenti a verbalizzare le emozioni. I docenti, riconoscendo le proprie emozioni, si “allenano” a effettuare una lettura benevola e fiduciosa della risoluzione dei conflitti, non misconoscendoli, ma utilizzandoli per una nuova lettura del contesto. Il paradigma punitivo-trasmissivo della scuola viene sostituito da un paradigma comprensivo-cocostruito, basato su norme condivise e non imposte. 5. Consapevolezza emotiva è il riconoscimento delle emozioni tanto in se stesso come negli altri, è un tipo di consapevolezza necessario per favorire l’armonia nella convivenza e orienta verso una cultura della pace. La consapevolezza emotiva permette di diventare un interprete dell’emozionalità dell’altro attraverso la relazione, seguendo il suo ritmo, come in una danza (acompasar). Nei contesti in cui l’emozionalità “circola senza interprete” i problemi possono emergere in modo imprevisto. La non consapevolezza di questo stato emozionale si trasforma in una zona di rischio relazionale e questo ha un prezzo da pagare. L’alfabetizzazione emozionale è una cultura che si apprende vivendola e richiede la presenza di un altro che alfabetizzi all’interno di un incontro trasformatore che trasmetta speranza. Nel Modello Educreando© Binazionale il docente si pone come modello di identificazione, allenato a riconoscere le proprie emozioni e attento a quelle dei bambini/giovani a lui affidati. In una relazione educativa improntata sulla cura dei legami intersoggettivi gli alunni migliorano la propria consapevolezza emotiva e imparano a lavorare su cosa sentono e su quale emozione provocano nell’altro. 6. Creazione di spazi mentali. Quando la scuola passa da una pedagogia della repressione dell’emozionalità ad una pedagogia dell’espressione dell’emozionalità promuove un cambio di mentalità e rinnova la propria pratica professionale, creando spazi di pensiero alternativi al già conosciuto. È possibile realizzare ciò attraverso un lavoro congiunto tra i concetti e gli affetti, proponendo esperienze di formazione-sensibilizzazione che rendano possibile prendere contatto con sé stessi e incrementare il registro di “quello che succede” e “di quello che MI succede” nelle interazioni. Ciò si concretizza attraverso esperienze di laboratorio, oppure spazi di conversazione in cui si lavora imparando su sé stessi ciò che di applicherà ad altri. La formazione-sensibilizzazione diventa così un mezzo per imparare a registrare ed a identificare aspetti di sé stessi nella vita relazionale, in armonia con le relazioni intersoggettive. Non meno rilevante è che un docente possa mantenere uno spazio in cui condivida le proprie emozioni con i suoi colleghi. Ciò favorisce lo sviluppo della creatività ed evita l’insorgere sentimenti di solitudine. Quest’esperienza fatta in prima persona offre l’opportunità di aprirsi alla relazione con l’alunno. 7. Didattica intersoggettiva. È una didattica che pone i contenuti disciplinari come parte di una relazione dove il docente interprete empatizza con i sentimenti che questi contenuti provocano nell’alunno. In questa maniera l’esperienza affettiva non viene dispersa ma è incorporata nel processo di apprendimento. Questa didattica favorisce il benessere della coppia educativa e la scuola è uno scenario privilegiato per questo. Perché nel nostro progetto lavoriamo sulla promozione del benessere della coppia educativa? Perché la scuola: a. Dà accesso a molte famiglie ottenendo un effetto moltiplicatore. b. Permette di costruire una psicopedagogia della cura delle relazioni, dando una nuova opportunità laddove lo sviluppo è ostacolato. c. Per diffondere una visione del mondo che include l’idea che non l’essere umano non è cosciente di tutte le sue motivazioni e che per assumere la responsabilità dei propri atti è necessaria una lettura ricettiva e responsabile dei problemi, che includa tutte le parti: quella soggettiva e quella intersoggettiva. d. Perché l’organizzazione educativa rinnovi l’amore per la conoscenza, imparando ad accogliere il malessere e non a respingerlo, utilizzandolo come opportunità. Il soggetto fa un apprendimento emozionale perché capisce qualcos'altro a cui non aveva pensato, il che significa che c'è uno sviluppo del mondo psicosociale, una maggiore comprensione del proprio mondo interiore e delle relazioni intersoggettive. 8. Esperienza e mentalizzazione dell’esperienza. Quando un bambino è piccolo in generale ciò che lo circonda è incomprensibile, può essere intollerabile e quindi creare spavento. Attraverso l’attaccamento sicuro (Bowlby), comincia a orientarsi nel mondo e a formarsi una teoria della mente, per la quale pensa che quello che lui sente sia comune con quello che sentono gli altri. Fonagy spiega la mentalizzazione come la capacità di trasformare l’esperienza che si incorpora attraverso la rappresentazione, costruendo soggettività. Il Modello Educreando© Binazionale propone strategie per favorire il passaggio dalla sola esperienza (puro esperencial) a alla mentalizzazione (rappresentare la mente propria e quella altrui). Si mentalizza ogni volta che si è consapevoli dei stati propri mentali e d i quelli degli altri, come per esempio quando pensiamo ai sentimenti. Il processo di mentalizzazione, quindi, comincia sin dalla primissima infanzia il processo di attaccamento favorisce la mentalizzazione. La funzione riflessiva è infatti mediata dalle relazioni di attaccamento con i genitori, i quali devono essere, a loro volta, in grado di mentalizzare ed essere amorevoli e riflessivi. La protezione del caregiver consente al bambino di vivere l’esperienza, di essere contenuto psicologicamente a fronte di stati affettivi altrimenti intollerabili e di accedere così alla regolazione affettiva. La scuola può collaborare nel processo di mentalizzazione perché è il luogo dove l’alunno stringe le prime relazioni interpersonali al di fuori delle esperienze primarie familiari . Attraverso il rispecchiamento emotivo, l’insegnante può aiutare, l’alunno a divenire, poco a poco, in grado di percepire come significativo e prevedibile l’universo relazionale e di sviluppare la capacità di reagire in modo resiliente alla complessità della vita sociale. Quando il processo di attaccamento è fallito la scuola diviene ambiente che genera risorse, promuovendo un nuovo attaccamento attraverso l’identificazione con un insegnante interprete, che non lavora come uno specchio rifrangente delle difficoltà dell’alunno. Nel Modello Educreando© Binazionale l’insegnante si pone come modello di identificazione e permette all’alunno di accedere a nuovi universi possibili, offrendo una nuova opportunità. Infatti “se qualcuno si sente pensato da un altro, esiste per l’altro, quindi, vive meglio la qualità della sua esistenza, perché si sente studente per il professore, figlio per i genitori che lo pensano, ecc. Se il pensare costruisce l’intersoggettività, in entrambi i poli, tanto nel “pensante” quanto nel “pensato”, si dà la possibilità allo studente, anche intangibile, di identificarsi con quel modello di partecipazione sociale e cittadinanza attiva”. In conclusione Educreando© Binazionale offre un'opportunità per l'apprendimento emotivo-cognitivo, basandosi: - “sull’identificazione” con il docente interprete come modello educativo che consente agli studenti di mentalizzare le esperienze; - sulla “vicinanza” come un concetto sciolto dal territorio e connesso al mondo affettivo, motore dello sviluppo. 9. Interazioni “violentatrici”. - - - Tale lemma definisce quelle interazioni che producono malessere in quanto all’interno della relazione si introducono comportamenti che non favoriscono l’evoluzione dell’altro. Uno dei presupposti del modello è che si impara per identificazione e se nella relazione intersoggettiva il “datore di cure” (genitore, insegnante, etc…) si aspetta determinate modalità di comportamento che i soggetti non hanno ancora acquisito, viene a mancare l’adeguato contenimento emotivo e si registrano reazioni di spavento, sconcerto, malessere. Tale situazione può manifestarsi in diversi contesti relazionali ma circostanze particolari, come la pandemia, possono favorire il manifestarsi di tali comportamenti, ostacoli per il benessere soggettivo. In situazioni familiari difficili, con il confinamento in spazi ristretti, o anche semplicemente con l’impossibilità di uscire, è possibile che si acuiscano situazioni di aggressività e/o prepotenza. In base a risultati di ricerche precedenti sono stati individuati degli indicatori che compaiono quando si presentano situazioni critiche in contesti nei quali le relazioni hanno un ruolo fondamentale, come la scuola e la famiglia. Tali indicatori costituiscono quelle che abbiamo raggruppato con la definizione di “interazioni violentatrici” che sono: A. Interazioni con invisibilità/ipervisibilità. B. Interazioni decontestualizzate e senza pazienza. C. Interazioni in contesto di analfabetismo emozionale. D. Interazioni nelle quali non si sopporta l’incompletezza. E. Interazioni in contesti di “esposizione” alla diversità. F. Interazioni senza la possibilità di sostener-si. G. Interazioni fra norme e pratiche.

A. Interazioni con invisibilità/ipervisibilità. L’invisibilità si manifesta quando si attribuisce all’interlocutore un’intenzione falsa, basata su un pregiudizio, che non registra l’emozione reale. Tale malinteso provoca uno sfasamento tra le aspettative del “datore di cure” e il “soggetto in via di sviluppo”. L’invisibilità sarebbe quindi legata all’occultamento e/o abbandono da qualcosa che non si capisce, per cui si entra in una zona interpersonale rischiosa ed entrambi i soggetti si sentono “non visti” e “non compresi” all’interno della relazione (Kaplan C., 2006). . L’ipervisibilità è invece legata all’ostentazione, alla sovraesposizione di una differenza, che diventa mascheramento del comportamento che invece si vorrebbe espellere. Per evitare tale interazione ostacolo dello sviluppo il caregiver adulto deve stare attento a non negare un problema né tantomeno esagerarlo. È importante invece riconoscere il problema e comunicare quello che sta succedendo con una lettura benevola. B. Interazioni decontestualizzate e senza pazienza. In questo stile d’interazione le situazioni si verificano senza che gli attori registrino la sequenza delle emozioni, che giustificherebbe e darebbe un senso a quanto è accaduto. Nella maggioranza dei casi né i docenti né gli studenti sono in grado di individuare, in una data situazione un “prima” e un “dopo”, che permetta di registrare la propria emozionalità e quella dell’altro come parte del contesto. Talvolta solo gli adolescenti sono più vicini al proprio mondo emozionale, in quanto si esprimono con meno filtri. In entrambi i membri della coppia educativa non c’è una percezione dell’interiorità, né della sequenza di quanto accade. Per entrambi gli attori diviene quindi impossibile trasformare la propria soggettività: si tratta di un “vissuto” che non produce soggettivazione né mentalizzazione. In tali casi il processo della comunicazione viene interrotto, generando un “contesto di impazienza”, nel quale il pensiero intuitivo (corazonada) viene scartato e, di fatto, si ostacola la rêverie docente, attraverso una rilettura del contesto che avvierebbe un processo trasformativo ed evolutivo. (Bion, 1997) - C. Interazioni in contesto di analfabetismo emozionale. Tale tipo di interazioni si presenta quando l’adulto non è in grado di nominare l’emozionalità propria e quella dell’altro. L’alfabetizzazione emozionale, ossia il riconoscimento delle emozioni tanto in se stesso come negli altri, è un tipo di consapevolezza necessario per la convivenza e orienta verso una cultura della pace. Nei contesti in cui l’emozionalità “circola senza interprete” i problemi possono emergere in modo imprevisto. La non consapevolezza di questo stato emozionale si trasforma in una zona di rischio relazionale e questo ha un prezzo da pagare. L’alfabetizzazione emozionale è una cultura che si apprende vivendola e richiede la presenza di un altro che alfabetizzi che, all’interno di un incontro trasformatore, alfabetizzi e che trasmetta speranza. D. Interazioni nelle quali non si sopporta l’incompletezza e nelle quali tutto si colloca in un quadro ideale, poco rispondente al contesto reale. Per sopperire a tale deficit si afferma consapevolmente il falso e non si individuano strategie utili per “riparare” quanto è stato danneggiato. A tal proposito va ricordato che nulla è perfetto e completo e l’imperfezione e la finitudine fanno parte della natura umana. È molto importante che il caregiver adulto ammetta che i bambini, i ragazzi ma anche gli altri adulti, sono diversi da sé. Chiedere perdono, riconoscere il danno causato o riparare la bugia, non è una pratica usuale nella scuola e neppure nella società. Questo fa perdere prestigio e fiducia alle comunicazioni, con un altissimo costo di violenza nella soggettività e nell’intersoggettività. E. Interazioni in contesti di “esposizione” alla diversità. La scuola ha oggi l’obiettivo di essere inclusiva ma, se non si basa sul registro emozionale, l’inclusione diviene impossibile. Quando la diversità viene negata o ridicolizzata non viene registrata l’emozionalità che circola, la comunicazione diventa non empatica e le differenze viste come uno scarto dalla norma e sono vissute come un male inevitabile. La comprensione di un caregiver adulto che predispone situazioni nelle quali vengono valorizzate le differenze e le potenzialità di ciascun attore, rappresenta per i giovani un modello di identificazione e fa sì che si promuova un modo si pensare inclusivo, che considera la diversità una risorsa e non un limite. F. Interazioni senza la possibilità di sostener-si. Tali interazioni hanno a che fare con quella che potremmo definire “solitudine per adesione a miti”, che può interessare tanto il caregiver quanto il soggetto a lui affidato. Si manifesta nell’adulto (sia esso genitore, insegnante…) quando questi non si sente riconosciuto nel proprio ruolo e, di conseguenza, colpevolizza l’altro. Ciò accade quando un docente o un genitore vedono attaccato il proprio ruolo, non basato su una sana autorità, e reagiscono inconsapevolmente, senza adottare una lettura benevola del contesto. Nei bambini e nei ragazzi tali interazioni si presentano quando non possano sostener-si come studenti di fronte a richieste eccessive da parte della scuola. Richieste che, involontariamente, generano senso di colpa e conseguenti difese per proteggersi da tali emozioni. Conseguenza di ciò può essere la demotivazione, il disinteresse, la tristezza, la noia. G. Interazioni fra norme e pratiche. Talvolta rispettare le norme risulta difficile per tutti gli attori coinvolti. A scuola l’alunno, pur chiedendo che vengano rispettate, non sempre riesca a seguirle. Il docente, d’altra parte, può trovarsi di fronte a scenari di pressioni, quali: alunni “disinteressati”; gestione di conflitti; l’esigenza di compiere una pianificazione; etc…. Studenti e docenti, tuttavia, cercano un senso per la loro esistenza affinché la scuola non perda la sua “capacità di promessa”. In questa prospettiva la `prima cosa da tener presente è la fiducia. Soltanto attraverso una unione fra norme a pratiche, è possibile costruire un rapporto di fiducia attraverso il quale imparare, poiché “uno crede nella parola dell’altro’’, questo significa spostare l’autorità basata dal “mandato” alla “responsabilità”. Non va dimenticato che tanti studenti trovano nella scuola il senso della loro esistenza, perché sentono che la scuola promette una speranza nella dimensione del loro futuro. L’alfabetizzazione emozionale, quindi, non rappresenta un lusso, ma un diritto, in quanto consente la costruzione di una grammatica che possa leggere gli stati affettivi e permette di fronteggiare i problemi prima che si trasformino in conflitti. L’emozionalità non registrata e non elaborata può trasformarsi in qualcos’altro e diventare terreno di scontro e di violenza. Quindi, solo ponendosi come modello di identificazione ed esercitando una sana autorità il caregiver adulto può realizzare quelle che vengono definite interazioni fra norme e pratiche. 10. Intersoggettività trasformativa: l’adulto interprete come modello di identificazione. L’adulto interprete (insegnante, psicologo, genitore…) propone una pratica di insegnamento basata sull’identificazione, e concepisce il rispetto come una pratica dall'essere più sviluppato all'essere in via di sviluppo (Hofman) . Il docente/adulto interprete, in quanto soggetto pubblico è portatore di rappresentazioni e discorsi della cultura collettiva. Per essere un adeguato docente interprete deve smascherare il pregiudizio, denaturando l’ovvio (1964) della cultura. In questo senso ogni emozione ha la dignità di essere vissuta come risposta a un contesto relazionale. Il docente interprete non individua come “buona” o cattiva” ciascuna emozione ma la interpreta come una comunicazione che può essere elaborata nel vincolo intersoggettivo per diventare utile. Per descrivere il processo di integrazione della soggettività è utile ricorre allo sceha analitico che propone Maruottolo (2013) che associa alle due topiche freudiane una terza topica: Intrasoggettivo (o soggettività narcisista); Intersoggettivo (o soggettività relazionale); Transoggettivo (o soggettività collettiva). In questo modello esplicativo a scuola, il docente-adulto-interprete prima diviene consapevole delle proprie emozioni, per entrare empaticamente in contatto con quelle dell’alunno e aiutarlo ad comprenderle e ad esprimerle adeguatamente come forma di comunicazione. La cultura collettiva si costruisce quotidianamente in base a rappresentazioni e discorsi che è importante siano scevri da pregiudizi. D’altra parte l'integrazione della soggettività si configura a partire dal suo luogo di appartenenza e in base alla sua condizione di esistenza, con la sua identità familiare che non si esaurisce nel legame intersoggettivo ma che si struttura dialetticamente nella transoggettività culturale dello spazio pubblico. 11. Lettura benevola e fiduciosa della risoluzione del conflitti. In generale le persone, di fronte ad un conflitto tendono ad incolpare l’altro. Il Modello Educreando© Binazionale propone di uscire da una lettura “pregiudiziale” e punitiva per sviluppare una lettura benevola. È una lettura dove c’è stata una trasformazione della morale esigente e implacabile in una disposizione dell’Io della persona tendente a risolvere il conflitto in funzione del contesto, interno e esterno. È una lettura benevola ma non è ingenua, che non misconosce i problemi ma, attraverso una nuova lettura del contesto, non vede l’altro come aggressivo o in mala fede ma come sofferente. Di fronte alla sofferenza il docente interprete può comunicare in relazione a ciò a che è necessario sviluppare per quella persona e non sottolineando il suo errore. Si tratta di passare dal paradigma punitivo-trasmissivo della scuola al paradigma comprensivo-cocostruito, basato su norme condivise e non imposte. 12. Paradigma della comprensione vs simbiosi in relazione alla problematica. Quando un alunno presenta un problema, col suo comportamento sta dicendo qualcosa di sé, è una richiesta di aiuto. Il docente, di fronte a tali casi può adottare due tipi di comportamento: Simbiosi in relazione alla problematica. Il docente è immerso nella la situazione educativa e la legge dal proprio punto di vista: non ha la distanza emotiva necessaria per cambiare la situazione, non essendo in grado di coglierla. In altri casi può anche colludere in un’alleanza che confonde i ruoli fino a ritenere come propri i problemi dell’alunno, schierandosi dalla sua parte. Non ridefinendo il messaggio, non attua un processo trasformativo di guida, da un soggetto adulto ad un essere in via di sviluppo. Di fronte alle difficoltà di questi alunni sente la propria azione come inefficace e si innesca una crisi di decisionalità , intesa come discontinuità tra azione-mezzo-scopo (Grasso, M., Salvatore, S. 1997). L’azione è l’agire educativo, il mezzo è il metodo educativo, lo scopo è l’evoluzione dello studente. Processo di delega: quando la problematica dell’alunno provoca nel docente molta sofferenza, senza che egli ne sia consapevole, può attivarsi un meccanismo difensivo che lo porta a disinteressarsi dell’alunno e della sua problematica, inviandolo a uno specialista. In questi casi non riconosce l’atteggiamento del ragazzo per quello che è, non ne legge il significato e tende ad affidarlo a “specialisti” per riportarlo alla “normalità”. L’alunno con le sue difficoltà, mette alla prova l’efficacia e l’efficienza del sistema rendendo le strategie messe in atto dal docente, fragili e inefficaci rispetto al raggiungimento degli obiettivi. Il docente, sentendosi impotente, delega allo specialista con l’aspettativa inconsapevole che questi risolva la situazione, senza che il docente debba cambiare nulla nel suo approccio con lo studente. Non crede di possedere gli strumenti né che un cambio del suo atteggiamento possa incidere nella risoluzione della situazione. In entrambi i casi si restituisce il problema al mittente, quando la scuola ha difficoltà ad effettuare una presa in carico adeguata. Si genera così una dinamica circolare per cui l'ambiente, anziché sviluppare risorse, si costituisce quale specchio rifrangente delle difficoltà (Freda, 2003) . La proposta del Modello Educreando© Binazionale è alternativa: offre un'opportunità per l'apprendimento sia emotivo sia cognitivo, perché essendo una metodologia che attraversa le discipline scolastiche, lavora su cosa sentono gli alunni ma anche sulle emozioni che provocano negli altri. Il soggetto fa un apprendimento emozionale perché capisce qualcos'altro che aveva “sentito” ma a cui non aveva pensato. Questo significa che c'è stato uno sviluppo del mondo psichico/sociale, una maggiore comprensione del proprio mondo interiore e dell’impatto sulle relazioni intersoggettive. Nel Modello si ha un passaggio dal paradigma della valutazione/sanzione del comportamento a quello della comprensione del contesto emozionale. Le difficoltà personali e quelle degli altri vengono “viste” con uno sguardo benevolo (recettivo e responsabile) che dissolve i pregiudizi, neutralizza l’impulsività ampliando la comprensione dei fatti e dei vissuti. Saper cogliere le emozioni che sottendono i legami intersoggettivi migliora la propria consapevolezza emotiva, dal momento in cui le differenze e le convergenze diventano punto di forza nelle relazioni tra pari. Ciò di fatto genera inclusione grazie all’“effetto cordata” per il quale l’alunno in difficoltà è inserito all’interno di un contesto, immaginato come una corda nella quale ogni ragazzo si situa in un determinato punto rispetto alle sue capacità, che vengono così sostenute e valorizzate all’interno del gruppo dei pari, nella prospettiva dell’apprendimento cooperativo - - .. L’ambiente scolastico diventa così uno spazio sicuro, nel quale, in un rapporto “originale” pieno di rispetto e comprensione, l’alunno può sentirsi ascoltato in qualità di protagonista e non di comparsa. Cambia quindi il modo di percepire la scuola e il docente diventa modello di identificazione e guida per la mentalizzazione delle esperienze. Si creano così spazi di pensiero, comunicazione e comprensione nei quali insegnanti e studenti possono sperimentare l’accoglienza in un ambiente favorevole allo sviluppo e l’ascolto di sé e dell’altro. Ciò permette di rinnovare il desiderio di insegnare e di imparare. Gli attori sociali coinvolti, si nutrono di elementi ossigenanti e ravvivanti e il lavoro svolto in classe si caratterizza sia per l’alto profilo educativo sia per la qualità derivante dalla relazione con l’altro, ossia il “diverso” da sé. La proposta educativa del Modello Educreando© Binazionale aspira, quindi, a un arricchimento non solo del sistema educativo ma anche della società in termini di cittadinanza attiva. 13. Psico-socio-pedagogia della cura della vita e delle relazioni dà nuova opportunità laddove lo sviluppo è ostacolato. Il Modello Educreando© Binazionale promuove condizioni e rapporti adeguati per “curare” la vita, per aiutare a crescere, promuovere lo sviluppo delle funzioni psicosociali che permettono di vivere in interazione, confort e motivazione. Abbiamo a che fare con i bambini, gli adolescenti e anche con chi di loro si prende cura, gli adulti, compresi gli insegnanti, con l'emotività che circola in loro e nella società. Pregiudizi e stereotipi, tanto nelle interazioni, quanto nei campi disciplinari, talvolta distorcono la comprensione dei soggetti all’interno dei rapporti. L’obiettivo del lavoro proposto è sradicare tali preconcetti mediante un cammino in cui insegnanti e studenti pensano insieme, seppure conservando la differenza soggettiva nel pensiero. Costante comune del lavoro di tutti è la creazione di condizioni e rapporti adeguati alla cura della vita, per far crescere, rafforzando, lo sviluppo delle funzioni psico-sociali che permettono il confronto diretto con serenità e gioia. Nell’epoca della comunicazione mediatica fortunatamente possiamo comunicare attraverso i molteplici mezzi offerti da Internet, con il quale è possibile superare le distanze, conservando l'aspetto essenziale della relazione tra caregiver e soggetto in via di sviluppo. È fondamentale che la comunicazione mediatica sia sostenuta dalla consapevolezza emozionale, perché le emozioni guidano il nostro agire. La relazione intersoggettiva è una comunicazione virtuale perché lo spazio e il tempo sono virtuali. In psicoanalisi i concetti transfert e controtransfert descrivono come è possibile che nella comunicazione umana si parla con una persona che però rappresenta simbolicamente un’altra, del passato o del futuro (esempio: rispondo al professore come se fosse mio padre). In questa prospettiva, i necessari contenuti curriculari passano attraverso la consapevolezza della cura della propria vita e di quella degli altri. 14. Sana autorità. La costruzione di un'autorità sana richiede un lavoro di squadra in modo che ci sia sostegno reciproco, pur mantenendo i ruoli, sapendo che spetta al docente insegnare e rispettare. Dall’esempio che fornisce il docente l’alunno imparerà poi a rispettare. Ciò avviene invertendo i tradizionali termini di rispetto, che non sarebbero più interpretati dal basso verso l'alto, ma dall' alto (essere più sviluppato) verso il basso (essere in crescita). Questo concetto di rispetto “dall'alto verso il basso” è importante perché i bambini e i giovani non solo imparano da ciò che diciamo, ma soprattutto da ciò che facciamo e quello che gli facciamo provare. L'obiettivo è che il bambino e il giovane abbiano un modello di identificazione sul rispetto, basato su un'etica di partecipazione. La sana autorità è costruita sull'esercizio stesso di rispetto, cioè su una partecipazione impegnata, creando situazioni in cui si può approfittare del proprio senso dell'umorismo, come l'arte, lo sport, ecc. L'idea è trasformare la cultura del lamentarsi e dell'accusare gli altri in una cultura di rispetto, solidarietà e gratitudine. 15. Stretto rapporto tra comportamento dirompente e povertà di risorse istituzionali e personali disponibili. Il comportamento dirompente non è una trasgressione alle regole ma una risposta al contesto organizzato per la logica dell’adulto. Nel nostro modello le emozioni non sono una deviazione dalla norma, bensì una modalità organizzativa del contesto. Le emozioni circolano in classe, che il docente ne tenga conto oppure no, e le sue azioni possono favorire o meno il processo evolutivo degli studenti a lui affidati. Quando un alunno trasgredisce le regole, è aggressivo, è provocatorio, non si riconosce nelle regole date dall’istituzione organizzate su una logica “adulta” e sente il desiderio di affermarsi per quello che lui sente di essere. Col suo comportamento ci sta dicendo qualcosa di sé, è una richiesta di aiuto e talvolta l’adulto non è capace di vedere l’atteggiamento del ragazzo per quello che è, non ne legge adeguatamente il significato. Docente e studente sono insieme “dentro” la situazione-relazione e ciascuno la vive dal proprio punto di vista. L’insegnante non ha quella distanza emotiva necessaria e, di fatto, non è in grado di ridefinire il messaggio e di attribuirgli un valore comunicativo. Si arrabbia, pensa che l’alunno ce l’abbia con lui, che sia un alunno problematico. In questi casi la scuola diventa punitiva e trasmette un sapere cristallizzato, generalizzato, omologante che non riconosce le differenze individuali e pertanto non permette all’allievo di essere protagonista nella co-costruzione del suo apprendimento. Ciò accade sia per mancanza di risorse istituzionali, sia per una parziale consapevolezza emozionale, da parte del docente, dell’effetto che causa nell’altro le sue parole e le sue azioni. Lo studente impara da ciò che il docente fa e non da quello che dice. Molto spesso si sente parlare dell’importanza dell’aspetto emozionale nella relazione educativa, come elemento cardine per rivitalizzare il processo di insegnamento-apprendimento. Ma come si lavora sulle emozioni dell'insegnante? Come fa un insegnante a essere consapevole del perché quell’alunno le provoca rabbia, tristezza o noia? La proposta di sensibilizzazione del Modello Educreando© Binazionale consiste nella realizzazione di una formazione attenta a valorizzare le narrazioni del docente, per acquisire consapevolezza della emozionalità propria e di quella dell’altro. Si parte, pertanto sempre dalle emozioni e dalla soggettività del docente, valorizzandola, per attivare in primis le sue risorse. Questa formazione tende a incrementare il benessere derivante da una relazione interpersonale e intersoggettiva soddisfacente che permette di vedere che il problema sta nella relazione.

3. Riflessioni sulla pedagogia della tenerezza La práctica de la ternura es un modo de vinculación basada en la emoción y el sentimiento del amor. Favorece el desarrollo humano, brindando al que la recibe los nutrientes necesarios para el desarrollo de la confianza en el mundo y en sí mismo. No se trata de propiciar una relación ingenua con el objeto de conocimiento, incluyendo el propio yo, se trata de propiciar una relacion che recoge el impacto nel estudiante del contenido trasmetido por el professor. Nunca el contenido academico es neutral al sentir del estudiante e al sentir del professor. El contenido disciplinar trasmite un valor y ese valor està rodeado de emociones. Non è la semplice registrazione delle emozioni quanto il raccogliere e considerare l’impatto emozionale che ha sull’alunno di quel contenuto.

4. NOTE BIBLIOGRAFICHE