Utente:Giulia Fatigantee/Chiesa di S. Antonio (Tito)

Questa è la pagina di prova nella quale Giulia Fatigante, Luana Genovese e Giusy Pepe lavoreranno alla bozza della voce enciclopedica dedicata alla Chiesa di S. Antonio e il chiostro annesso (Tito).

Il complesso conventuale di Sant'Antonio da Padova di Tito si inserisce nell'ambito dell'edilizia francescana in Basilicata. Questo si erge in quella che un tempo era la zona alta del paese, disabitata e destinata prevalentemente al pascolo, denominato non a caso "PASCHIERE". La costruzione del complesso ebbe inizio nel 1514 su concessione di Papa Leone X.

Consegnato nel 1529 ad un frate di osservanza francescana, Gian Francesco da Potenza, fu dedicato a Sant'Antonio da Padova. In seguito fu più volte rimaneggiato fino alle opere di restauro seguite al terremoto del 1980.

La Chiesa modifica

La grande Chiesa francescana è annessa al monastero ed è stata costruita probabilmente nella stessa epoca. Si accedeva dall'esterno con alcuni gradini in pietra locale ed un pianerottolo con lastre di pietra di varia provenienza. Attraverso un portone in legno, sormontato da uno stemma francescano, si entrava direttamente nel luogo sacro con una navata centrale e una navata laterale più ridotta.

Il pavimento era di mattoni in terracotta. Una grossa pila, posta sulla destra dell'ingresso, conteneva (e contiene ancora) l'acqua santa. Sulla parete destra ci sono ancora delle nicchie nelle quali sono dipinte figure di Madonna e di Santi. Sulla stessa parete sono ancora visibili due intonaci di diversa epoca e su ambedue restano tuttora visibili pitture di Santi e figure ornamentali.

Si accedeva al presbiterio con una scalinata rudimentale. Sulla parte destra del presbiterio si conserva ancora una cattedrale pluriposto per le funzioni liturgiche, mentre sulla parte sinistra si ergeva un maestoso organo a fiato con canne di varia dimensione, di cui conserva ancora il pianerottolo policromo, riservato all'organista. Sotto l'arco del presbiterio era costruito un mastodontico altare in pietrame e nell'abside c'era un artistico Coro (con leggio centrale) in noce pregiata.

La volta della Chiesa è ancora divisa in cinque quadrati, di cui uno in soffittatura lignea, e ad archi a crociera in tufo locale leggero. Quello dell'abside cadde per fatiscenza nell'estate del 1961.

Una porta introduceva in un artistico campanile, ricco di simboli e figure, ricavato in un angolo del quadrilatero del Monastero, non molto alto e con tre campane di diversa epoca. La campana media porta la data del 1530 e l'iscrizione in latino: "Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te". La campana piccola porta invece la data del 1774 e ci sono indicati i promotori della sua fonditura. Vi sono anche impresse delle immagini che rappresentano S. Francesco, S. Antonio di Padova e l'Immacolata. La campana grossa invece è la più recente, infatti risale al 1837 e vi è un'iscrizione che significa: "la morte mi ha consegnato alla morte. Ora, vinta la morte, mi ripresento col suono". Anche qui vengono citati i fonditori e vi sono le immagini di S. Antonio, di S. Filomena, di S. Francesco e dell' Immacolata. Questa campana, la più grande, è stata da sempre utilizzata per gli annunci mortuari.

Per una porta, a sinistra dell'abside, si accedeva invece ad un'ampia sagrestia, composta da due stanze con volte a crociera, con finestre molto alte ed una porta di uscita. Le due stanze comunicavano con un vano ad arco molto alto e in entrambe si conservavano cose utili per il servizio liturgico. C'era anche un lavabo in pietra scolpita, raffigurante il Cristo con i dodici apostoli ed altri simboli.

Nella navata laterale della Chiesa ci sono due artistici altari lignei in onore di S. Antonio da Padova e di S. Francesco. Nel corso del tempo erano stati aggiunti un altare in muratura dedicato a S. Filomena e nicchie di legno che custodivano piccole statue in onore di S. Vito, S. Rocco, S. Pasquale e S. Biagio.

Nella Chiesa c'erano e ci sono una tela raffigurante la Madonna Immacolata di Giovanni De Gregorio, detto il pietrafesano, una tela raffigurante la Madonna assunta in Cielo, quattordici quadri a forma ovale raffiguranti i quattordici episodi della Via Crucis e tele raffiguranti una S. Chiara, una S. Marta ed il martirio di S. Cecilia.

E' in dotazione della Chiesa del Convento anche una statua lignea della Madonna di Costantinopoli, che all'epoca dei Frati era situata in una nicchia che dominava la grossa scalinata di accesso al piano superiore del Monastero. Una stanza attigua alla Chiesa serviva da stanza mortuaria e da deposito di cose utili alla Chiesa. Da questa stanza, attraverso una piccola porta ricavata dalla parte alta, si accedeva alla Cantoria, posta sulla porta dell'ingresso principale della Chiesa.

Sotto il pavimento della Chiesa, fatto di mattoni in terracotta, c'erano botole varie per la sepoltura dei cadaveri. Tali botole, dall'epoca dell'apertura del Cimitero (1865-70), si ridussero a qualche unità per il deposito delle ossa umane ancora esistenti. Più tardi, cioè nel 1929-30, il pavimento fu rinnovato con lastre di marmo a cura di devoti e di Comitati per la festa di S. Antonio di Padova. Nel 1974, a causa di umidità persistente e dei vari cedimenti del materiale sottostante,che avevano provocato avvallamenti e rotture in molte parti, al pavimento fu aggiunto un vespaio di pietra. I pochi pezzi di marmi che si riuscirono a recuperare furono collocati nel presbiterio e nella navata laterale ed il resto fu sostituito con pezzi di perlato di Sicilia. Le ossa che si poterono raccogliere furono depositate in due grossi bauli in legno e nel pavimento antistante all'altare di S. Antonio da Padova.

La struttura generale della Chiesa originariamente era più semplice, successivamente furono aggiunti stucchi, decorazioni ed altari laterali.

Sulla parte destra erano stati costruiti in muratura altari in onore di S. Rosa da Viterbo, in onore dell Beata Vergine Assunta in Cielo, in onore della Madonna Immacolata. A sinistra invece era costruito un altare in onore di S. Lucia. Nella navata laterale vi era un altare in onore di S. Francesco, uno di S. Antonio da Padova e uno in onore di S. Filomena. Questi toglievano spazio alla Chiesa e furono rimossi. Ricomparvero allora ben cinque nicchie. La prima rappresenta la scena della Visitazione di Maria a S. Elisabetta. Ai lati della scena sono raffigurati il Beato Iacobo e S. Donato e poi l'Eterno Padre. Sul fianco destro è visibile la Madonna del Carmine. In una seconda nicchia è dipinta una Madonna con la scritta "S.S. Maria de Costantinopoli". Ai lati ci sono S. Andrea Apostolo e S. Caterina. nella terza nicchia vi è una Madonna con Bambino di ignoto autore, ai cui lati ci sono S. Antonio e probabilmente S. Chiara. Nella quarta nicchia è rappresentata una Madonna del Rosario ai cui lati ci sono due figure irriconoscibili. Una quita nicchia, più piccola, ricordava una "Deposizione" con Maria Addolorata. Tra la quarta e la quinta nicchia si riconosce facilmente un S. Antonio Abate, ai piedi del quale era scritto l'anno 1528 e la seguente iscrizione: " Questo lavoro fu eseguito da Fr.(ancesco) De Collotta, in devozione alla Santissima Vergine).

Al centro della parte destra della Chiesa c'erano il Confessionale e il Pulpito soprastante, al quale si accedeva con gradini ricavati nella stessa parete e con ingresso dal Confessionale. Il Confessionale ed il Pulpito furono recentemente scomposti e collocati, l'uno in fondo alla Chiesa, l'altro sul Presbiterio. Nel 1931 l'interno della Chiesa fu tinteggiato in calce multicolore a cura della devota Filomena Scavone in Oddone, residente in Brasile, in onore del marito Salvatore Oddone.

Gli affreschi, i dipinti vari e le sculture modifica

Nell'ex monastero si legge qualche data indicativa al riguardo. I lavori ebbero inizio a cura e devozione di Frate Ilario da Picerno, che è chiamato "Ministro e Servo". La data è del 1606. L'anno successivo il popolo titese, col comune consenso del Sindaco e degli Amministratori, provvide al lavoro di affresco per un episodio prodigioso della vita di Sant'Antonio di Padova.

I lavori di affresco risalgono probabilmente al primo decennio del secolo XVII e furono eseguiti da qualche pittore della Scuola Napoletana. Si sa infatti che il fiammingo Wenzel Cobergher, che fu pittore, architetto, antiquario, incisore, scienziato, poeta, abitò per lungo tempo nella città di Napoli, perché chiamato dai mecenati di quell'epoca ad eseguire lavori in quella città. Probabilmente, nel tempo del suo soggiorno italiano, alcuni allievi del luogo o della sua zona lo seguirono, fondando una Scuola vera e propria che si rifaceva, nelle sue produzioni artistiche, allo stile di quel maestro. Ammiratori, mecenati e cultori dell'arte, sparsi qua e là in Campania ed in Basilicata, approfittarono poi di questa possibilità artistica che esisteva a Napoli e dintorni e vollero che, specialmente nei Centri culturali di quell'epoca, la suddetta Scuola producesse quanto di meglio sapesse e potesse in onore dell'arte e soprattutto delle devozioni esistenti in quegli ambienti. Questo accadde anche in Basilicata e specialmente nei numerosi conventi francescani, che, oltre ad essere centri di cultura filosofica e teologica, diffondevano la fede e la devozione nel popolo, anche attraverso l'arte. I Superiori dei Conventi chiamavano quindi questi maestri d'arte ed a proprie spese o a spese di famiglie più abbienti e devote abbellivano Conventi e luoghi sacri con pitture e tele varie.

Nel monastero francescano di Tito oggi è possibile constatare con quanto entusiasmo e con quanta devozione Frati, pubblici Amministratori del luogo e famiglie di Tito e dintorni abbiano voluto onorare le grandezze del Francescanesimo ed in particolare la vita di Sant'Antonio da Padova, emerito discepolo di S. Francesco. Erano presenti inoltre, in quel periodo, tre pittori famosi della Basilicata, cioè Giovanni De Gregorio (detto il "pietrafesa" o il "pietrafesano"), Pierantonio Ferro di Tricarico e Donato Oppido di Matera.

Il Pietrafesa ( nato nell'antica Pietrafesa intorno al 1569 e morto a Pignola nel 1636) lavorò molto in Basilicata. Anch'egli,secondo alcuni, potrebbe essere stato l'autore del patrimonio artistico sia del Monastero sia della Chiesa attigua. Sicuramente è stato l'autore di una tela, raffigurante la Madonna Immacolata, che porta una data precisa (1629) e la sua firma (Petravisianus). Le altre tele non sono firmate, ma è molto probabile, secondo alcuni, che allievi della sua Scuola abbiano lavorato in quell'epoca sotto la sua guida per produrre i lavori pittorici che oggi godono indiscusso valore.

Gli Stucchi della Chiesa modifica

È probabile che la Chiesa, annessa al Monastero, nata in forma semplice ed austera sia stata poi arricchita con stuccature ed aggiunte varie, rispondenti ai gusti e allo stile dei tempi successivi. Si sa che lo stuccatore napoletano Stefano Langetta ha lavorato in Basilicata nella prima metà del XVIII secolo. C'è chi pensa che gli stucchi, soprastanti al vecchio stile della Chiesa-Convento di Tito, possano attribuirsi al suddetto Langetta o a qualche suo discepolo.

Le Sculture modifica

Sia nel Monastero sia nella Chiesa annessa c'erano molte sculture lignee ed in pietra.

Particolarmente interessante è il portale d'ingresso datato 1529. I pochi pezzi superstiti della scala d'ingresso sono probabilmente da attribuirsi alla stessa epoca ed allo stesso autore. Architetti e lapicidi "catalani" dell'entroterra napoletano influirono molto sullo stile di lavorazione delle maestranze nostrane, le quali spesso operarono diversamente dall'orientamento artistico delle altre province meridionali, che non era certamente gradito ai Conti Guevara, mecenati del tempo. Di Giovanni Da Nola sembra essere una statua lignea della Madonna con Bambino. Le altre statue lignee non sono datate, ma si attribuiscono probabilmente a quell'epoca o ad altra immediatamente successiva.

Abilissimi artigiani , col gusto dei trafori e delle decorazioni durazzesche e catalane , eseguirono nel secolo XVIII Cori, Pulpiti, e Cantori e tutto lascia pensare che anche a Tito siano stati invitati ad eseguire lavori di questa specie. Tra il 1750 e il 1760 Mastro Francesco e Mastro Carmine Fortunato lavorarono a lungo per il Coro della Chiesa Madre di Picerno e probabilmente furono anche a Tito per i vari lavori ad intaglio che furono eseguiti per il Coro, l'Organo , la Cattedra liturgica, il Confessionale-Pulpito e la Sagrestia della Chiesa del Monastero. Qualcuno pensa a Mastro Michelangelo Vazza di Picerno che, noto intagliatore qual era , fece il Coro ligneo di quella Chiesa Madre e la bella porta della Chiesa della SS. Annunziata di Picerno. E' molto probabile quindi che egli sia passato anche a Tito per l'esecuzione di lavori di scultura.

A proposito di scultori è bene ricordare Vincenzo Greco, scultore-artigiano di Tito, vissuto e morto nel secolo scorso. Dal popolo era soprannominato "lu santaru" e gli si attribuiscono varie sculture di statue, tuttora venerate in paese. Di queste pitture e sculture molto si è potuto conservare.

Il Monastero in particolare a seguito della confisca dei Beni ecclesiastici da parte del governo italiano nel 1866, fu per decenni abbandonato sia dai Frati che dal Clero locale. La mancata manutenzione e l'inclemenza del tempo produssero rovine e non mancarono gesti di vandalismo. Soltanto la Chiesa annessa fu sempre aperta al pubblico culto.

Ora una parte dei locali appartiene all'Amministrazione della Provincia di Potenza e fu per vari anni sede di Caserma dei Carabinieri. Una parte invece appartiene all'Amministrazione del Comune di Tito e fu destinata nel tempo ad usi vari, fino all'epoca del terremoto del 23 Novembre 1980. Una parte infine fu donata dal Comune di Tito all'Opera Diocesana "Caritas Christi" per l'assistenza socio-educativa di minori, svolta fin dal 1960.

Il Convento di Tito modifica

Il convento di Tito venne dedicato a S. Antonio di Padova e le fonti sono concordi nel riferire particolari e frequenti interventi miracolosi del Santo. Nel 1657 Tito fu liberata dalla peste e nel 1662 da un'invasione di bruchi. Nel 1584 un altare della chiesa annessa al Convento e dedicato all'Immacolata fu dichiarato privilegiato dal pontefice Gregorio XII.

Nei decenni successivi, data la particolare generosità degli abitanti di Tito nel provvedere i frati di cibo e vestiario, il Convento sarà casa di studio per la Teologia e la Filosofia e poi casa di Noviziato. Quando il Convento avrà il suo stemma, questo presenterà l'immagine tradizionale di Sant'Antonio con Gesù Bambino su di un braccio e il giglio nella mano libera.

Sullo stipite del portone d'ingresso principale c'è una data, scritta nei caratteri del tempo:" A.(anno) D.(omini)...(D.(ivo) A.(ntonio) D. (icatum) 1529 Die XI Decbr.(decembris)." La parte interna presenta un Chiostro con finestroni ad arco; c'è poi un cortile interno con una cisterna ed un pozzo classico, ormai scomparsi. All'interno si accede con un'ampia scala, con gradini che erano di pietra locale e che recentemente sono stati sostituiti da lastre di travertino. Di qui si sale su un piano rialzato sotto il quale esistono ancora vari vani seminterrati.

Sulla parete del corridoio Nord ci sono sei affreschi riproducenti episodi prodigiosi della vita di S.Antonio di Padova. Gli affreschi sono a cura e spese del Comune e di privati cittadini. In fondo al corridoio (nella parte alta) c'è un dipinto che ricorda il Battesimo di Gesù. Sulla parete del muro perimetrale giganteggiano invece, in grosse lune, i Profeti Nahum, Osea e Sofonia. Al di sotto delle grosse lune ci sono lune più piccole che ricordano tre studiosi: lo spagnolo Silverio, Antonio Guevara e Francesco Goto. L'intero arco a botte del corridoio è costellato di lune di uguale dimensione. Nella parte centrale sono otto, di cui tre cancellate dal tempo. Le cinque portano lo Spirito Santo sotto forma di colomba, una croce con globo, l'Agnello con Libro e Sigillo, una Croce che troneggia e una figura irriconoscibile.

Le lune soprastanti nella parte destra sono sette. Delle sei una è irriconoscibile; l'altra ricorda Isacco; l'altra è irriconoscibile; l'altra ricorda Giuditta; l'altra ricorda Elia e ancora un'altra è irriconoscibile. Nella parte sinistra le lune sono pure quindici, disposte anch'esse in maniera simmetrica.Nella parte ovest del Monastero c'è un corridoio e quattro stanze, arcate a botte e non affrescate. Nel corridoio sulla parete destra, sono nove quadri che ricordano altrettanti eventi prodigiosi di Sant'Antonio di Padova. Anche essi furono affrescati a cura e spese di privati cittadini.In particolar modo si ricorda il nono quadro che riporta l'iscrizione" A devozione di Giovanni Battista, titese, della famiglia Cafarelli).

In conclusione i nove quadri furono affrescati per motivo di devozione di varie famiglie titesi. Al di sopra di ogni quadro troneggia pure lo stemma gentilizio del devoto donatore. Sulla parete sinistra ci sono delle lune per tutta la lunghezza del corridoio. Qui ci sono nove animali(di cui uno è irriconoscibile), cioè lo struzzo, il pellicano, il pappagallo, lo sparviero, la fenice, il gallo, la cicogna e il pavone. Nell'arco a botte del corridoio sono indicati i vizi e le virtù dell'uomo e propriamente, a destra la concordia, l'amore, la perseveranza, la fede, la pace, la sicurezza, il contento ed il riso. A sinistra invece sono la discordia, il sospiro, l'ardimento, l'affanno, il pensiero, la paura, il pianto e lo sdegno.Il corridoio interno poi divideva alcune destinate ad abitazioni dei frati. Nella parte OVEST e nella parte EST invece (sempre al piano di sopra) un corridoio centrale divideva celle a destra e a sinistra con finestre piuttosto strette e non ad arco. Una porta d'ingresso permetteva ai Frati di comunicare internamente con la Chiesa attigua, per la loro preghiera quotidiana.

Gli affreschi, presenti sulle pareti e sulle volte dei quattro corridoi che perimetrano il chiostro, rappresentano episodi e miracoli della vita di Sant'Antonio da Padova. Realizzati agli inizi del 1600, intorno al 1606-1607 sono attribuiti da molti studiosi a Giovanni De Gregorio detto il Pietrafesa, artista lucano formatosi a Napoli nella bottega anche per Fabrizio Santafede importante esponente della tradizione tardomanierista che lavorò anche per committenti lucani del 1580 a Matera successivamente a Lauria. L'allievo, Giovanni De Gregorio iniziò a firmare le sue opere dal 1608. Nel 1656 morì a Pignola colpito dalla peste. Si dice che alla decorazione del chiostro avrebbe preso parte anche Girolamo Todisco, il quale iniziò a firmare le sue opere a partire dal 1616. Tuttavia è da escludere per la critica recente che essi appartengano esclusivamente a De Gregorio, come ipotizzato in passato. Il recente restauro a cura della Soprintendenza ha scoperto vaste zone ridipinte, riprendendo i distacchi in corso e le cadute di colore. Dall'ingresso, ci si immette nell'ala ovest dove, lungo la parete sinistra, è visibile lo stemma francescano cui segue l'ALBERO FRANCESCANO, con i primi santi e beati dell'Ordine. La parete è suddivisa in sei riquadri da finte colonne e trabeazioni affrescate che contengono i seguenti miracoli: IL SANTO CHE RIDONA LA VISTA AL CIECO-ERETICO; LA MIRACOLOSA GUARIGIONE DEL LEBBROSO; IL SANTO CHE APPARE AD UNA DONNA PECCATRICE E LA DISSUADE DAL SUICIDIO; L'APPARIZIONE AD UNA NOBILE FANCIULLA GRAVEMENTE AMMALATA, LA RESURREZIONE DI UNA DONNA DEFUNTA; LA MORTE DI S.ANTONIO. In fondo il Battesimo di Cristo chiude la serie dell'ala ovest. Lungo la parete destra si susseguono tondi contenenti ritratti di teologi e profeti. La volta è divisa in tre fasce verticali. Le fasce laterali comprendono dodici ovali contenenti gli apostoli alternati a quattro stemmi nobiliari. La fascia centrale comprende ovali contenenti cinque simboli del Cristianesimo e i riquadri centrali riportano quattordici ovali contenenti personaggi biblici e santi martiri. Nell'ala sud, sulla parete destra sono affrescati altri miracoli di S.Antonio:L'INTERVENTO MIRACOLOSO DEL SANTO SU UN BAMBINO PARAPLEGICO; S.ANTONIO ORATORE DAVANTI AD UNA FOLLA NUMEROSA;IL DEMONIO CHE CERCA DI TENTARE IL SANTO MA è COSTRETTO A FUGGIRE PER INTERCESSIONE DELLA VERGINI; IL MIRACOLO DELL'AVARO; LA RESURREZIONE MIRACOLOSA DI UN BAMBINO; IL TENTATIVO DEL TIRANNO EZELINO; IL MIRACOLO DEI CIBI AVVELENATI; LA GUARIGIONE MIRACOLOSA DI UN LEBBROSO; IL MIRACOLO DELLA MULA sulla parete di fondo.

Nella fascia superiore della parete destra sono riprodotti nove stemmi gentilizi e relative iscrizioni. La parete di sinistra comprende otto ritratti di profeti e dottori della chiesa. La volta dell'ala sud presenta decorazioni con intrecci floreali, sette figure allegoriche e, a sinistra, otto animali fantastici. L'ala est lungo la parete destra comprende altri sette riquadri riguardanti la vita del Santo, mentre sullo sfondo è raffigurato il conte Tiso che assiste alla scena in ginocchio. La parete sinistra presenta su due file sei ritratti di profeti e santi francescani. Anche la volta dell'ala est è divisa in tre fasce. In quella di destra sono presenti cinque stemmi nobiliari; la fascia centrale e quella di sinistra sono decorate con festoni ed animali fantastici. Infine l'ala nord ha conservato soltanto la parete di fondo contenente S.Francesco che contempla Cristo deposto dalla Croce e la volta, sulla quale ovali contenenti personaggi biblici, santi francescani, pontefici, beati re e regine francescane si alternano a festoni floreali e a puttini danzanti. Le pareti olaterali, un tempo affrescate, conservano pochi frammenti.

Lo Stemma modifica

Lo stemma araldico della città di Tito è raffigurato su una delle pareti affrescate da Giovanni De Gregorio detto il Pietrafesa. La frase che des...crive il significato dello stemma è la seguente:

"D'azzurro ad un T d'oro

(che l'iniziale del nome) accostato da due stelle d'argento e sormontato da un sole parimenti d'oro... meno il campo ch'è... color di rosa. Aggiunge il motto: "Post Nebula Phoebus" forse alludente a disastri soferri da essa, che poi fu riedificata con sorte migliore." Questo sintetizza tutta la storia che ha interessato Tito, mettendo in evidenza come essa sia riuscita a rinascere nonostante i momenti difficili che ha vissuto. I titesi hanno sempre dimostrato di credere nel motto simbolico:" alle nubi segue il sereno".

Il Chiostro modifica

Lungo le pareti del chiostro è possibile ammirare gli affreschi sulla vita e i miracoli di Sant'Antonio, opera dell'artista lucano Giovanni De Gregorio detto il Pietrafesa.

Il ciclo di affreschi fu realizzato tra il 1606-1607. Insieme agli episodi della vita del Santo sono ritratti lo Stemma e l'Albero Francescano, con i primi santi e beati dell'Ordine, i dottori ed i Profeti, gli Apostoli e Santi Martiri inframezzati da decorazioni ornamentali molto ricche e fantasiose. Sono presenti anche alcuni stemmi probabilmente riferiti a nobili famiglie del luogo. Fra questi spicca l'antico simbolo del paese di Tito, simbolicamente tenuto in volo da una coppia di angeli.

Cognomi e Stemmi di alcune famiglie gentilizie modifica

Dai registri dell'archivio parrocchiale si rilevano i cognomi più antichi che l'anagrafe locale ha registrato fino ai nostri giorni, fatta eccezioni per alcuni che sono scomparsi o "trasferiti" altrove. Uno dei cognomi più antichi e più diffusi anche ai giorni nostri è "SATRIANO". È senza dubbio un ricordo della vecchia Satriano, rinomata sede vescovile, posta a pochi chilometri di distanza da Tito. Nell'ex-monastero di Tito la famiglia "Satriano" è rappresentata con un cerchio nel quale, alla parte bassa, s'ergono tre monti, nella parte centrale dominano due torri sormontate da tre stelle.

Altro cognome antico è "Lancieri" e "Langeri"; l'elemento predominante è la "lancia" impugnata da una mano, con stelle di sotto e al di sopra, in un cerchio arricchito di fronde e di volti, che simboleggiano la vittoria e la sicurezza. Alto cognome di cui si ha tuttora testimonianza negli affreschi dell'ex-Monastero locale è "Arcieri" o "De Arceriis". Si tratta probabilmente di una famiglia militaresca di origine incerta. Si conservano della famiglia addirittura tre stemmi: sono tre cerchi nei quali si distinguono un arco con freccia, un castello ed un'aquila con doppia testa e poi una mano che raccoglie spighe di grano e fiori o una spada bandita da una mano, che porta alla sommità una corona di alloro in segno di trionfo.

Un altro dei cognomi gentilizi molto più diffusi nel passato rispetto ad ora era "Le Caldani". Le "caldane" sarebbero, gli scatti improvvisi di ira ed in tal caso il cognome di cui si tratta farebbe pensare ad una famiglia furibonda, violenta o risoluta. secondo altri, invece, le "caldane" sarebbero recipienti nei quali si pongono i carboni accesi per riscaldarsi, e la famiglia in questo caso sarebbe stata di origine artigiana. Tra l'altro, lo stemma di questa famiglia è affrescato nel chiostro dell'ex-Monastero di Tito.

Un cognome che è senz'altro antico è "Greco". Quale ne sia l'origine non è facile sapere, ma probabilmente si tratta di un ricordo dell'antica Magna Grecia o più semplicemente di immigrati del vicino Oriente. Lo stemma è significativo. Si tratta di un cerchio diviso a metà e che porta sulla destra un arco con freccia; un castello ed un'aquila a doppia testa e a sinistra un sole mentre sulla parte bassa una mezza luna in posizione orizzontale. Altro cognome altrettanto antico è "Roseto". Nel chiostro dell'antico Monastero di Tito ne si conserva lo stemma che è altrettanto semplice: un cerchio diviso orizzontalmente da una fascia che separa un sole splendente da un cespuglio di rose fiorite.


Un cognome antico e famoso, ma che oggi è del tutto scomparso, è "Cafarelli". Il cognome che ricorda la famiglia eroica dei moti repubblicani dell'anno 1799 contro i Borboni e si ritrova nei registri parrocchiali fino a qualche decennio successivo alla morte dell'intrepida Francesca Cafarelli De Carolis]. Il resto della famiglia si è istinto a motivo dell'emigrazione a causa della persecuzione borbonica. Purtroppo lo stemma della famiglia Cafarelli ha subito un'abrasione del tempo e non se ne riconoscono i simboli.

Altro cognome ancora diffusi in paese è "De Felitto" o semplicemente "Felitti". Senza dubbio è un cognome simbolico e lo si rileva anche dallo stemma affrescato nel Chiostro francescano di Tito. In un cerchio, dove domina un grosso albero, si nota un felino che si avventa minaccioso contro il grosso tronco. Il felino ovviamente è il simbolo della ferocia, dell'audacia, del coraggio e della forza in genere.

Cognome antico, ma tuttora in uso, è "De Pomo" o "Lo Pomo". Della famiglia si conservano due stemmi affrescati. In un cerchio si trova un tronco d'albero con foglie ed un grosso frutto. In un altro cerchio, diviso a metà da una linea verticale, si notano un sole splendete, una terra ed una grossa T (iniziale di Tito) alla parte destra ed un grosso albero alla parte sinistra. Si tratta probabilmente di una famiglia che esprime nel suo simbolo gentilizio la sua origine.

Un altro cognome presente in paese già da molto tempo è "Spera". Si tratta di una famiglia con proprietà terriera che ha sempre goduto prestigio sia nell'ambiente civile che in quello ecclesiastico. Lo stemma gentilizio domina sul portone d'ingresso dell'antica abitazione: vi si osserva una grossa aquila che poggia le sue zampe su tre pietre in atteggiamento di attesa; è quasi sonnolenta e porta sulla sua testa una corona d'alloro, e più in alto, due stelle (segni di fortuna e di successo). Nella parte destra dello stemma si nota invece una torre contro la quale si avventa un leone.

I molti stemmi sparsi qua e là sui portali d'ingresso di molte famiglie antiche non sono facilmente attribuibili perché quelle abitazioni sono state nel tempo alienate e quelli che vi abitano tuttora non hanno nulla a che fare con quelle famiglie di un tempo

L'eglise modifica

Annexée au couvent il y a l'église franciscaine qui a été construite probablement dans la même periode.

On y pouvait accéder avec certains marches en pierre locale et un palier avec des palques de pierre de provenance différente. Pour entrer directement dans l'endroit sacré il y avit une porte en bois surmonté par un blason franciscain.

L'église est composéé d'une nef centrale et d'une nef laterale plus petite. Le plancher était de briques en terre cuite.

À droite de l'entrée il y a un récipient pour l'eau sainte.

Sur le mur droit il y a des niches où illustrations de la Vierge et de Saints sont peints.

La côte de l'église est divisée en cinq carrés et en arcs à la croisière en tuf local léger. Il y a aussi un clocher avec trois cloches de différente grandeur et époque.

Dans la nef latérale de l'Eglise il y a deux autels en bois en honneur de Saint Antoine de Padova et Saint François. Puis ont été ajouté un autel en dur dédié à Saint Filomena et des niches en bois qui gardeaint des petites statues en honneur de Saint Vito, Saint Rocco, Saint Pasquale et Saint Biagio.

L'église est douée d'un Choeur modern réalisé en noix précieuse et orné de beaucoup de panneaux provenant du vieux chooeur qui naturellement n'existe plus. Il y avait aussi une pièce contiguë à l'église qui servait de pièce mortuaire et de dépôt d'objets utiles à l'église.

Sous le plancher de l'Eglise il y avait des trappes pour la sépulture des cadavres qui se sont reduites quand le cimitière communal a été ouvert. Plus tard (1929-1930) le plancher fut renouvelé par des fidèles à Saint Antoine de Padova.

Originairement la structure générale de l'Eglise était plus simple, puis on a ajouté des décorations et des autels latéraux afin d'embellir le plus possible la structure.


Dans la nef laterale on avait construit des autels dédiés à Saint François et à Saint Philomène mais du moment qu'ils prenaient trop d'espace on a préferé les enlever et maintenant à leur place les fidèles peuvent admirer cinq niches décorées d'après des épisodes de la vie des Saints.


Pour ce qui concerne les décorations de l'église, les travaux sont commencés en 1606 par Frère Ilario de Picerno. Les autres des peintures et des fresques sont sûrement Giovanni de Gregorio connu comme "Le Pietrafesa" et puis probablement Wenzel Cobergher aussi, un peintre, architecte, scientifique et poète flamand qui avait habité pendant une période à Naples.

Pour ce qui concerne les sculptures ils étaient en bois aussi et ils représentaient différents Saints et même la Vierge.

Les Noms et les Armoiries de quelque famille modifica

Sur la base des registres de l'archives de la paroisse on remarque les noms les plus antiques que l'état civil locale a inscrit jusqu'au nos jours, sauf pour certains qui sont disparus ou "transférés" ailleurs. Un des noms les plus antiques et les plus répandus est "SATRIANO". C'est sans aucune doute un souvenir de la vieille Satriano, rappellée comme siège épiscopale, colloquée près de Tito. Dans l'ex-monastère de Tito la faille "Satriano" est représentée avec un cercle dans lequel, en bas, s'élevent trois monts, dans la partie centrale dominent deux tours surmontées par trois étoiles.

Un autre nom antique est "LANCIERI" et "LANGERI"; l'élément prédominant est la lance saisi par une main, avec des étoiles au-dessus et au_dessous. dans un cercle parvenu des visages. Un autre nom du quel on a témoignage dans les fresques de l'ex-monastère locale est "ARCIERI" ou "DE ARCERIIS". Il s'agit d'une famille soldatesque d'rigine incertaine. On conserve trois armoiries de la famille: ils sont trois cercles dans lesquels se distinguent un arc avec une fléche, un château et une aigle à double tête et pius une main qui cuellit le gran et les fleurs ou une épée qui porte au sommet couronne de laurier, symbole de triomphe.


Un nom antique et bien connu, mais qui aujourd'hui est désormais désparu, est "CAFARELLI". Le nom qui remonte à la famille eroique des mouvements républicains de l'années 1799 contre les Bourbons, corresponde à la mort de l'intrépide Francesca Cafarelli De Carolis. Le reste de la famille est disparu à cause de l'émigration et de la persécution bourbonienne. Malheureusement les armoiries de la famille Cafarelli a subit une abrasion du temps et on ne peut plus reconnaÎtre le symboles.

Un autre nom qu'il y a ça fait beaucoup de temps est "SPERA". Il s'agit d'une famille avec propriété fonciére qui a toujours bénéficié du prestige. Les armoiries dominent sur la porte dìentrée de l'habitation: on observe une grande aigle qui appuie ses pattes sur trois pierres, qui est somnolente et qui porte sur la tête une couronne. En plus haut, deux étoiles (signes de change et dec succès).

Toutes les armoiries dispersées sur les portails d'entrée ne sont pas facilement attribuables aux différentes familles parce que ces habitations là ont été aliées par le temps. En plus les personne qui y habitent aujourd'hui n'ont rien faire avec les familles du passé.

Le monastère de Tito modifica

Le monastère de Tito est dedié à saint Antoine de Padova graçe à ses miracles. En 1657 Tito fût libérée de la peste et de une invasion des chenilles. Le blason du monastère présente l'image traditionelle du Saint avec l'Enfant Jésus à côté et un lis dans la main droite. Sur le montant de la porte d'entrée principale il y a une date, écrite par le caractères du temps: "A.(anno) D.(omini)...(D.(ivo) A.(ntonio) D.(icatum) 1529 Die XI Decembr.(decembris)".

La partie interne présente un cloître avec des grands fenêtres à arc, puis il y a une cour intérieure et un puits classique. On peut accéder à l'interieur avec une escalier en pierre.

Sur le mur du couloir nord il y a six fresques qui représentent les èpisodes prodigieux de la vie de S.Antoine. L'arc interne du coulior est constellé par des lunes de la même dimension. Au-dessous des grandes lunes il y a des lunes plus petites qui représent trois savants: l'espagnol Silverio, Antonio Guevara et Francesco Goto.

Ici il y a neuf animaux; c'est à dire: l'autruche, le pélican, l'épervier, le perroquet, le phénix, le coq, la cicogne et le paon. Sur l'arc du couloir sont indiqués les vices et les vertus de l'homme; à droite: concorde, amour, perséverance, foi, paix, sécurité, bonheur. Â gauche, au contraire, il y a: discorde, soupir, hardiesse, essoufflement, pensée, peur, larmes et indignation.

L'armoiries modifica

L'armoiries héraldique de Tito est réprésenté sur un des murs fresquès par Giovanni de Gregori, nommè le Pietrafesa. La phrase qui decrive le signification des armoiries est la suivante:" "D'azzurro ad un T d'oro accostato da due stelle d'argento e sormontato da un sole parimenti d'oro... meno il campo ch'è... color di rosa. on ajoute: "Post Nebula Phoebus" C'est une màniere pour soulignè le moment de difficultè pour la ville de Tito qui a permis à tout les habitants la devise: "alle nubi segue il sereno".

Bibliografia modifica

  • Tito : storia, vicende, personaggi, usi e costumi, fede / Nicola Laurenzana