Utente:Ilaria Pizzi/Sandbox

Opera lirica in letteratura per l'infanzia

Turandot

In “Turandot - raccontata da Monica E.Lapenta, illustrata da Stefania Pravato”, la fiaba teatrale di Carlo Gozzi viene fedelmente riproposta in forma di libro illustrato. L’autrice riassume i tre atti dell’opera in appena quindici pagine raccontando gli eventi che costituiscono l’essenza della storia senza rinunciare ai dettagli che la rendono tanto affascinante. Ogni pagina del libro è “poliglotta”: la storia viene raccontata in italiano, inglese, francese e spagnolo. All’interno delle prime pagine del libro l’autrice svela ai lettori l’origine della storia che sta per raccontare: “Turandot è un dramma lirico in tre atti tratto dall’omonima fiaba teatrale di Carlo Gozzi e adattato dai librettisti Giuseppe Adami e Renato Simoni. Fu rappresentata per la prima volta a Milano, al teatro della scala. Il 25 aprile 1926. L’ultimo duetto ed il finale dell’opera sono stati completati da Franco Alfano dopo la morte di Giacomo Puccini sulla base di appunti lasciati dal grande maestro toscano.

Le illustrazioni corrispondono alle scene che ciascun lettore- con la propria immaginazione- potrebbe visualizzare leggendo il libretto originale dell’Opera e lo immergono in un’atmosfera sfumata, di sogno, forse grazie alla delicatezza con cui viene fatto uso del colore. La prima illustrazione del libro corrisponde in effetti allo scenario descritto nel primo atto; un mandarino dichiara al popolo di Pechino la legge: “Popolo di Pekino! La legge è questa:Turandot, la Pura, sposa sarà di chi, di sangue regio, spieghi i tre enigmi ch’ella proporrà. Ma chi affronta il cimento e vinto resta, porge alla scure la superba testa!”. Nell’illustrazione è presente il palazzo reale e lo spiazzo sul quale il mandarino fa il suo annuncio, accanto ad un grande gong. L’autrice spiega ai lettori la legge stabilita dalla principessa e dall’imperatore nella pagina successiva: “… chiunque voleva chiedere la sua mano doveva anzitutto trovare soluzione a tre indovinelli da lei ideati ma se avesse fallito, avrebbe perso la vita”.

Autrice e illustratrice non risparmiano ai lettori la scena del principe di Persia che avendo fallito nel suo intento si prepara ad essere decapitato: in primo piano il boia di spalle con una grandissima sciabola; accanto al principe inginocchiato per terra con la testa abbassata, la morte imminente viene rappresentata da un grande drago verde che mostra denti e artigli e avvolge le pagine con le sue grandissime ali rosse.

Non manca una pagina dedicata ai ministri Ping, Pong e Pang che si riuniscono per preparare una cerimonia nuziale in caso di vittoria del principe o una funebre in caso di sconfitta e insieme “ricordano con amarezza e tanta nostalgia i tempi felici del regno, prima che Turandot nascesse” (la parte dell’opera in cui i ministri cantano “ho una casa nell’Honan con il suo laghetto blù tutto cinto di bambù. E sto qui a dissiparmi la mia vita, a stillarmi il cervel sui libri sacri... e potrei tornar laggiù, presso il mio laghetto blu, tutto cinto di bambù!”).

L’autrice non riporta nello specifico i tre enigmi della principessa Turandot, ma racconta che Calaf riesce ad indovinarli e non volendo costringere Turandot a sposarlo “disse che avrebbe rinunciato ad averla in sposa se, prima del sorgere del sole, la giovane avesse indovinato il suo nome”. Così come nell’Opera questa dichiarazione (“Tre enigmi m’hai proposto! e tre ne sciolsi! Uno soltanto a te ne proporrò: il mio nome non sai! Dimmi il mio nome, prima dell’alba! e all’alba morirò!”) chiude il secondo atto, anticipando nella melodia l’aria “Nessun dorma” che apre il terzo, nel libro le parole del principe chiudono la pagina preparando il lettore alla successiva scena notturna, nella pagina successiva.

L’unico dettaglio della storia che l’autrice ha modificato rispetto al libretto è estremamente rilevante perché rappresenta la chiave del cambiamento che avviene nel cuore della principessa: si tratta del suicidio della schiava Liù, segretamente innamorata del principe Calaf. Nella versione originale Liù, dopo aver sopportato la tortura inflittale dai soldati per ordine della principessa, decide di togliersi la vita per paura di poter cedere e rivelare così il nome di Calaf. Le battute più importanti sono proprio quelle in cui Liù svela alla principessa quale sia la fonte della sua forza e del suo coraggio:

Turandot: Chi pose tanta forza nel tuo cuore? Liù (dolcissimo): Principessa, l’amore!... Turandot: L’amore?... Liù (sollevando gli occhi pieni di tenerezza): Tanto amore, segreto, inconfessato, grande così che questi strazi son dolcezze per me, perché ne faccio dono al mio Signore... Perché, tacendo, io gli do il tuo amore... Te gli do, principessa, e perdo tutto! Persino l’impossibile speranza!... Legatemi! Straziatemi! Tormenti e spasimi date a me! Ah!... Come offerta suprema del mio amore!

Nella versione dell’autrice Liù non si toglie la vita: “la dolce Liù, per salvare Timur, disse di essere l’unica a conoscere il nome del giovane e di non volerlo rivelare e per questo fu uccisa”.


Fonti [1] [2]

  1. ^ Turandot, raccontata da monica E. Lapenta, illustrata da Stefania Pravato, Ex Libris, 2008
  2. ^ http://www.teatroallascala.org/includes/doc/2010-2011/libretto/turandot_libretto.pdf