Utente:Leopoldofeis/Sandbox

Il Museo Archeologico Etrusco “De Feis” dell’Istituto Comprensivo Collegio Francesco Denza di Napoli

   La collezione di archeologia del Museo Archeologico Etrusco del Denza, già nota nella letteratura scientifica come “collezione Alla Querce”, nasce sul finire dell’Ottocento per volontà di Padre Leopoldo De Feis, barnabita, docente di latino e greco del Collegio fiorentino «Alla Querce» . 
  Iniziato agli studi classici da suo padre, possidente terriero potentino, il giovane De Feis trascorse l’adolescenza tra Napoli, nella dimora barnabitica di S. Felice a Cancello (CE), e Roma. A conclusione della sua formazione e dopo aver pronunciato i voti solenni (1867) fu inserito in qualità di docente nel costituendo collegio fiorentino. L’intera collezione archeologica fu adunata in un breve arco temporale, dal 1869 al 1882 o al più tardi 1888; tale attività gli permise di avvicinarsi al mondo classico attraverso lo studio della cultura materiale. Molti sono i testi e gli articoli critici a sua firma incentrati su questioni complesse legate alla lingua etrusca o allo studio di singoli oggetti presenti in Collezione . Nel suo percorso di vita ebbe inoltre modo di confrontarsi, durante brevi soggiorni romani, con i maggiori esponenti intellettuali dell’archeologia dell’epoca, tra cui e soprattutto Theodor Mommsen e Giovan Battista De Rossi. 
Bucchero Museo DeFeis
  La collezione “De Feis” consta di circa 800 reperti, in parte donati ed in parte acquistati da Padre De Feis a nome del Collegio. Essa comprende circa 250 oggetti provenienti da Orvieto o dall’Etruria, dei quali una ventina furono donati dai convittori fratelli Carlo e Giuseppe Zampi (1877-1887), orvietani di famiglia; mentre il restante fu acquistato sul mercato antiquario dal De Feis per conto del Collegio. Sul finire dell’Ottocento non era insolito né difficile acquistare materiale archeologico, la legislazione in merito alla tutela dei beni ritrovati durante gli scavi, nel periodo post-unitario è ancora invischiata nel regionalismo e raramente i reperti erano sottratti all’ambito della proprietà privata che li immetteva sul mercato antiquario. 
   Ad Orvieto, nel periodo di formazione della Collezione “De Feis”, si intensificano i ritrovamenti di materiali archeologici, ad opera dei proprietari terrieri stessi. Nel 1872 si aprono le prime campagne di scavo ufficiali e le indagini interessano le aree di necropoli, attualmente ben note e distinguibili in necropoli settentrionale di “Crocefisso del Tufo” e necropoli meridionale di “Cannicella”. 
   Dalle aree di necropoli provengono le ceramiche arcaiche e quelle etrusco-ellenistiche esposte nel Museo. Si tratta di forme comuni per il banchetto e il consumo del vino, deposte nelle tombe come corredo d’accompagno del defunto. Tra le ceramiche di bucchero si annoverano: calici a pareti ondulate, calici con decorazione “a cilindretto”, coppe su alto e basso piede, ciotole, oinochoai (brocche) in bucchero pesante con decorazione a rilievo; di questi materiali, un gruppo cospicuo presenta iscrizioni o simboli in lingua etrusca graffiti sulla superficie. 
   Frutto di donazioni o acquisti, sono alcuni oggetti di bronzo provenienti dall’Etruria Meridionale: attingitoi a rocchetto e strigili provenienti dal sito di Talamone, un tempo fiorente centro etrusco; e uno specchio di bronzo proveniente da Sovana, necropoli etrusca della Maremma Toscana. 
   Tra i materiali di produzione etrusca della Collezione, acquistati dal De Feis, fa parte – inoltre - un sarcofago della produzione artistica di Tuscania. Si tratta di un prodotto seriale di officine specializzate, probabilmente da ricercarsi tra le stesse botteghe coroplastiche che fabbricavano i decori architettonici e la piccola ceramica votiva. 
  Discostandoci dalla produzione etrusca dell’Italia centrale, un altro cospicuo nucleo della collezione comprende 47 reperti donati da Francesco D’Avalos, Marchese del Vasto e Principe di Montesarchio e Pescara, padre del convittore Giuseppe, che donò nel 1875 all’Istituto fiorentino parte della sua collezione privata formata dai materiali ritrovati a Montesarchio. 

La città di Montesarchio nota in epoca romana col nome di Caudium, fu molto presto al centro di importanti ritrovamenti provenienti dalla necropoli dell’abitato, individuata sul finire del Settecento.

Cratere Museo DeFeis
   I materiali della donazione D’Avalos si datano tra il VII e il IV secolo a.C., tra cui si annovera una grande varietà di crateri a figure rosse di fabbrica campana, nonché ceramica a figure nere, una brocca di bucchero di produzione campana e una fibula del tipo con arco “a ghiande”. 
   Singole donazioni completano la collezione, tra cui notevole è un bronzetto arcaico raffigurante una Minerva donata dal collezionista fiorentino Marchese Carlo Strozzi al De Feis durante una visita formale; un’urna cineraria in vetro soffiato di epoca romana, ex-voto provenienti dal deposito votivo etrusco-laziale di Ciciliano e connesso alla sfera della sanatio, un gruppo di lucerne del periodo imperiale e delle epigrafi provenienti dal territorio dell’Urbe (68 reperti), donate da Padre Luigi Bruzza; frammenti ceramici dell’età del Bronzo e materiali della fase finale dell’età del Ferro provenienti dal territorio napoletano (60 reperti donati dai fratelli Montuoro). 
Sarcofago terracotta Museo DeFeis
Ex-voto Museo DeFeis
   L’intera Collezione nella sua complessa eterogeneità, esprime appieno il gusto collezionistico Ottocentesco e fu sistemata, in base alle esigenze di spazio e salvaguardia - per volere di De Feis - in armadi e teche basse poste in due sale di ricevimento del Collegio fiorentino. Dopo la morte del suo fondatore, avvenuta nel 1909, la Collezione fu a più riprese rimossa, e solo una minima parte lasciata in esposizione, tra cui qualche vaso a figure rosse proveniente da Montesarchio e qualche ceramica di bucchero.
   Il sarcofago etrusco fu invece collocato sullo scalone che immetteva alle camerate, e lì vi rimase almeno fino agli anni ‘90. 
   Una prima scientifica ricognizione generale del posseduto è stata effettuata negli anni ’1970 dal prof.re Giovannangelo Camporeale, al quale va il merito di aver sistematizzato il materiale di sicura origine orvietana e il materiale riconosciuto di tale produzione. In quello stesso periodo furono poi eliminati i restauri preesistenti perché eseguiti secondo modalità desuete: furono eliminate le suture con filo di ferro che univano i frammenti, eliminate le colle che univano frammenti tra loro non pertinenti (pratica, questa, assai comune già a partire dal Cinquecento, volta a donare sembianza di completezza all'oggetto), ed infine, furono eliminate le integrazioni in polvere di gesso che ricostruivano le parti mancanti del vaso secondo criteri filologici non coerenti.  
  L’esposizione del 1987, ordinata dalla Direzione dell’Istituto fiorentino, sponsorizzata da privati e supervisionata da Guglielmo Moetzke e Antonio Paolucci. L’allestimento raggruppava i materiali secondo criteri crono-tipologici, tenendo conto dei dati di provenienza; le vetrine erano dotate, in parte, di brevi e generiche didascalie. Tale allestimento, che ha subìto spostamenti e modifiche nel tempo, è stato smantellato con la chiusura definitiva dell’Istituto fiorentino .
   Il 18 luglio 2003 la collezione “ De Feis” fu dichiarata di «eccezionale interesse archeologico e storico-artistico ai sensi degli artt. 2 comma 1c, 6, 8 del D.L. 490/1999» dalla Soprintendenza Regionale per i Beni e le Attività Culturali per la Regione Toscana, e quindi trasferita dal Collegio fiorentino a Villa S. Paolo di Firenze, l’altra sede territoriale barnabita. La carenza di spazio di questa seconda destinazione non consentì la ricostruzione dell’allestimento museale, e la Collezione fu stipata in scatoloni ubicati in stanze adibite a deposito. Per motivi di tutela, nel luglio 2014 si ottenne il trasferimento della Collezione, nell’Istituto Collegio Denza di Napoli. La Direzione del Denza ha provveduto a creare il nuovo «Museo archeologico etrusco De Feis», riallestito secondo i più recenti canoni espositivi, volti alla tutela e valorizzazione dei beni. Il Museo si compone di tre sale di colori diversi per sottolineare i compartimenti di esposizione, quindi: giallo alla prima sala, blu alla seconda e rosso alla terza; nella prima sala sono esposti i materiali orvietani, nella seconda gli oggetti della donazione D’Avalos; la terza sala contiene materiale arcaico e romano assai eterogeneo, raggruppato per provenienza, cronologia e donazioni. Tutte le sale sono dotate di pannelli didattici illustrativi di nomenclatura, classi di materiali e tecniche di lavorazione. 
    Il corridoio che conduce al sarcofago è dotato di pannelli esplicativi della storia del museo e dei contesti di provenienza dei nuclei principali della Collezione. Un impianto di illuminazione è stato creato ad hoc per valorizzare le opere esposte. Ed un fregio illustrativo di alcuni particolari dei reperti conclude l’allestimento del corridoio di immissione.

http://www.denza.it/museo-de-feis/