Utente:Lmatty/Sandbox/Il convittore

Il convittore
AutoreFranco Zizola
1ª ed. originale1968
Genereromanzo
Lingua originaleitaliano

La strada deserta porta al cimitero ed alle cave di pietra rossa. Più in alto la rocca. Salendo, girandosi a guardare verso il basso, il cimitero che si protende degradando nella stretta valle pare un trampolino. Immagine dell'uomo che spicca il volo verso un cielo. Il sentiero stretto e ripido porta alla rocca. Salii la torre più alta, rimasi incantato al tramonto. È l'ora più bella d'Assisi: tutto attende, la parola suona stonata. Indescrivibile, mi rimane soltanto il ricordo di un immenso stupore.

Il convittore è un romanzo scritto da Franco Zizola e pubblicato da Rebellato nel 1968.

La prima stesura è del 1963. L’Autore narra in prima persona le esperienze dei sei anni trascorsi in collegio, da Teramo nel 1956-57, ad Assisi, dal 1957-58 al 1961-62, anno della maturità. In una non facile esperienza di associazione spazio-temporale, ripercorre in prima persona le vicende, le amicizie, i successi e le sconfitte di quegli anni, alla ricerca di una autenticità e di una sua personale visione del mondo. È un racconto dettagliato e struggente, anche in forma di dialogo con se stesso, della nostalgia per la propria terra e del desiderio di affetto che né i superiori del collegio né gli amici né la scuola riuscivano a colmare. Nello stesso tempo un grande amore per la città di Assisi, nella quale il protagonista tornava sempre più volentieri, dopo le vacanze estive che lo riportavano nel suo Veneto, e che a mano a mano sentiva sempre più di appartenerle.

Critica

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«Romanzo di un adolescente e di una acerba giovinezza, e, insieme, diario, zibaldone, gioco di piani spaziali e temporali sovrapposti, ansia di escavazione, esame di coscienza, torbide inquietudini e ambiguità tormentose. Ma soprattutto un disperato, spesso violento e rabbioso, bisogno di autenticità. O, anche, un itinerario discontinuo e tortuoso alla ricerca di una chiarezza, di una personale verità. Contraddizioni, paradossi, violenze presto sopite in disperati abbandoni, in un’accorata nostalgia di tenerezza. Ribellione e urgenza di credere, di ritrovarsi…»