Utente:MarMazz/Sandbox

Il ruolo della Brand identity

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Design della comunicazione e visual design

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Il design della comunicazione costituisce l’elemento originario da cui tutte le altre declinazioni comunicative hanno origine. Progettare la comunicazione vuol dire creare le basi per la definizione del progetto visivo, in senso lato, e di quello di brand, in senso specifico.

“Il significato di un oggetto è conseguenza del percorso progettuale. Quindi, il fine non è il risultato, ma il percorso creativo. Ogni tassello è creazione.”[1]

Il design della comunicazione assolve quindi alla funzione di creazione, sviluppo e trasferimento del messaggio opportunamente codificato tra creatori di contenuto e stakeholder, ma anche quella di creazione dei canali necessari a tale trasferimento, qualora sia necessario. Esso comprende quindi, tutti i livelli di comunicazione.

Con il termine visual design invece, ci si riferisce a quella parte del design della comunicazione che assolve alla progettazione del processo di problem-solving relativo alla codifica visiva, con l’obiettivo di rendere fruibile il messaggio che si intende veicolare. Non va inclusa la sola connotazione estetica formale dello stesso, ma anche quella contenutistica ed intangibile, che genericamente è definita branding.

Il visual designer viene comunemente definito come il professionista che lavora all’interpretazione, organizzazione e presentazione visiva dei messaggi, nel rispetto di principi di efficacia, appropriatezza, estetica ed economia.

Le attività svolte comprendono:

• progettazione;

• strutturazione

• produzione

• valutazione delle comunicazioni.[2]

ll restyling del brand e il rebranding

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La naturale evoluzione aziendale può creare il sorgere di situazioni che richiedono un intervento sul brand originario. Tali situazioni possono essere ricollegate tanto alla necessità di rimodernare un marchio datato, quanto al mutare delle preferenze del target di riferimento oppure anche ad eventi negativi per l'immagine dell'azienda, i quali impongono un riposizionamento del brand.

Il cambiamento può avere portata differente a seconda della gravità della situazione. Talvolta si realizzano semplici ritocchi in grado di produrre un lieve riposizionamento, un adeguamento funzionale o un semplice restyling dell’immagine. Altre volte invece, si può optare per un rebranding, operazione che presenta notevoli fattori di rischi, soprattutto laddove le modifiche apportate siano eccessivamente radicali e coinvolgano gli elementi che hanno originariamente contribuito all’iniziale successo della marca. Attraverso un rebranding infatti, prodotti o servizi pre-esistenti vengono reimmessi nel mercato sotto un altro nome o una diversa identità.

Per restyling si intende un’operazione in grado di mantenere gli elementi tradizionali della marca ed allo stesso tempo introdurre idee innovative. In questo modo non si perde la clientela esistente legata al brand conosciuto, ma si può comunque attirare un nuovo target o recuperare un segmento di target perso in precedenza. D’altro canto, il pubblico attuale si fida di ciò che conosce, ed un rebranding affrettato potrebbe anche essere controproducente. 

Il passaggio ad un nuovo marchio o ad una nuova identità visiva, segnala un cambiamento del messaggio aziendale o un perfezionamento degli obiettivi di business. Affinché esso funzioni nel tempo deve essere sostenuto dalla cultura aziendale, il cui rinnovamento risulta essere spesso di notevole complessità.

Gli step necessari per preparare internamente un rebranding sono:

1. Valutare la cultura esistente. Analisi e SWOT della cultura del brand nel business globale.

2. Ottenere feedback. 

3. Costruire una nuova cultura di brand (o anche rafforzare quella esistente). Definire ciò che è più importante per la marca dall’alto verso il basso permette la creazione di una base comune nella quale manager e dipendenti possono riconoscersi. 

4. Condividere i nuovi valori. Le riunioni conclusive necessarie a condividere pubblicamente i nuovi valori, rappresentano una parte fondamentale nella fase di allineamento di tutti i componenti dell’azienda alla mission del brand.

Non esistono regole universali che sanciscano il momento più opportuno per intraprendere un percorso di rebranding, ma generalmente si fa affidamento ad un’analisi dei traguardi e cambiamenti che avvengono all’interno della marca stessa. 

Un caso particolare è quello che si presenta nel caso in cui il brand sia soggetto a fusioni, scissioni o acquisizioni. Combinare i valori e la storia di più di un’organizzazione infatti, è un lavoro complesso, e deve essere fatto in modo che ciascuno dei segmenti di pubblico originali non subisca i riflessi di un disallineamento iniziale nella proprietà della marca. In questi casi, un rebrand ben eseguito può essere in grado di valorizzare agli occhi del pubblico tanto la nuova proposta di valore, quanto il percorso che ha portato alla nascita della nuova marca.

Gli interventi di restyling invece, in quanto operazioni più leggere, sono legate esclusivamente alla forma del brand, al suo modo di comunicare e/o di mostrarsi visivamente. In questo caso si avranno più opportunità di realizzazione nel corso della vita della marca, considerato che questi avvengono senza modificare il nucleo del brand.

Classici esempi di momenti nei quali un restyling può risultare necessario sono:

• Dopo un notevole cambiamento (ad esempio un cambio di proprietà o di sede). Apportare modifiche sottili all’identità del brand comunica ai clienti che l’azienda lavora per apportare miglioramenti, pur mantenendo gli stessi autentici valori fondamentali.

• Campagne pubblicitarie. Senza cambiare i punti di riferimento per il pubblico, aggiornare i materiali di comunicazione rilevanti e l’identità web e social in corrispondenza di eventi comunicativi importanti può rivelarsi cruciale.

• Adattamento a trend di mercato. L’immagine di marca deve necessariamente essere coerente nel tempo, ma il marchio in sé è più flessibile e può adattarsi all’andamento del mercato. 

L'estensione del concetto di Brand identity

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Personal branding e personal brand identity

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Il personal Branding è un processo di marketing individuale consistente nell’elaborazione di una strategia basata sulla concezione che la persona sia come un brand. La strategia, così come per l’ambito commerciale deve essere elaborata, condivisa e protetta, con l’intenzione di differenziarsi e riscuotere un diffuso successo nelle relazioni sociali e professionali.

Fare personal branding, vuol dire creare e portare avanti un personaggio dalla identità nota, pubblica, corredato di una caratterizzazione credibile, un bagaglio di valori di fondo sostenibili, una immagine fisica, mentale e sociale coerente. Vuol dire anche avere una storia, un vissuto, delle esperienze, una chiara connotazione identitaria.

Il termine venne utilizzato per la prima volta nel 1937 da Napoleon Hill[3]. L’idea fu poi riutilizzata anni dopo anche da Al Ries e Jack Trout[4], ma raggiunse la popolarità grazie a Tom Peters abile a declinarla come forma di auto-promozione[5].

Oggigiorno questo concetto ha raggiunto un nuovo livello di diffusione dovuto all’utilizzo di Internet, social network ed alla crescente rilevanza dei valori e della visione personale rispetto a quelli aziendali. Per poter narrare sé stessi come un’azienda lo storytelling si presenta come la metodologia di marketing più adatta allo scopo. Le caratteristiche principali per poter costruire un’efficiente “storia d’impresa” personale sono:

• costanza della narrazione;

• interattività sui social media;

• attento listening del proprio pubblico.

Elemento peculiare del personal branding è il fondamento per cui l’influence marketing è indispensabile per una crescita del brand. Esso si basa sui concetti di two-step flow of communication e endorsement-based lead generation systems e del modo in cui essi consentono il “buzzing” del brand, il suo diventare, se non virale in senso stretto, quantomeno “vibrante” nella nicchia prestabilita.

  1. ^ B. Munari, Design E Comunicazione Visiva, Milano, Laterza, 1968.
  2. ^ J. Frascara, Communication design. Principles, methods and practice, NY, Allworth Press, 2004, p. 3.
  3. ^ N. Hill, Think and Grow Rich, The Ralston Society, 1937, ISBN 978-1-60459-187-3.
  4. ^ A. Ries, J. Trout, Positioning: The Battle for Your Mind, 1981.
  5. ^ T. Peters, The Brand Called You, in FastCompany.