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Discorso intorno alle cose che stanno in su l'acqua o che in quella si muovono
AutoreGalileo Galilei
PeriodoXVII secolo
Editio princepsGiunti
Generetrattato
Sottogenerescientifico
Lingua originaleitaliano


Opera di Galileo.

Premessa modifica

Nel 1611 alcuni accademici polemizzano con Galileo, insignito in breve tempo del prestigioso titolo di Primario Matematico e Filosofo grazie ai suoi studi di astronomia. Sfidato sul quesito del perché alcuni corpi galleggiano, Galileo risponde infine per iscritto con quest'opera del 1612.

L'opera è dedicata al Granduca di Toscana, Cosimo II de' Medici, che ne aveva stimolato la scrittura e la discussione.

Contesto modifica

La contesa riguardo la natura della materia verte in particolare sul perché alcuni corpi, ma non altri, galleggiano nell'acqua. Galileo risponde agli interlocutori riprendendo le argomentazioni di Archimede contenute nell'opera Delle cose che stanno sopra l'acqua, criticando la spiegazione aristotelica (in particolare quella contenuta nel De caelo). Le argomentazioni di Galileo si focalizzano pertanto sui procedimenti alla base della dimostrazione scientifica.

Contenuto modifica

Nella premessa, Galileo ricorda le sue più recenti attività scientifiche: le osservazioni a Roma dell'aprile 1611, con la stima del periodo di rivoluzione di ciascuno dei quattro "pianeti" (ovvero, satelliti) medicei di Giove e la scoperta delle piccole macchie sulla superficie del Sole, anch'esse soggette ad un movimento periodico.

Riferendo della contesa con alcuni letterati della estate precedente, Galileo premette subito che la dottrina che segue non è quella di Aristotele: d'altronde, Aristotele stesso gli ha insegnato a dimostrare non per autorità ma per ragionamento personale. La contesa riguarda il perché i corpi galleggiano: le conclusioni di Galileo sono le stesse espresse da Archimede nel libro Delle cose che stanno sopra l'acqua, ("i solidi men gravi dell'acqua soprannuotano, i più gravi vanno al fondo, gli egualmente gravi stanno indifferentemente in ogni luogo, purché stieno totalmente sotto acqua").

La conclusione di Archimede sulle cause venne però confutata da Francesco Buonamici nell'opera de Motu, al libro quinto, capitolo 29, che come controesempio riporta il caso dove un vaso vuoto galleggia, ma se si riempie d'acqua affonda. Aristotele contesta altri antichi, come lo stesso Platone, che affermavano che "ne' corpi elementari non essere altro principio intrinseco di movimento se non verso il centro della terra".

Questo però non vuol dire negare la tendenza a movimenti ascendenti, dato che: "se in alcuno de' nostri corpi elementari fosse principio intrinseco e inclinazion naturale di fuggire il centro della terra e muoversi verso il concavo della Luna, tali corpi senza dubbio più velocemente ascenderebbono per que' mezi che meno contrastano alla velocità del mobile". Galileo contesta a Buonamici che la causa questi movimenti è la separabilità o meno degli elementi del mezzo: infatti "in tale azione gli elementi non operano se non in quanto gravi o leggieri".

Edizioni modifica

  • Firenze, Giunti, 1612.

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