Utente:Marilisa Mosca/Sandbox

Dottor Giorgio Sinigaglia (Bozzolo, 20 maggio 1886 – Brescia, 7 Aprile 1970) è stato uno scienziato, medico e accademico italiano.

Dopo un iniziale e breve intervallo come ordinario di anatomia all'Università di Siena, ricopre a lungo il doppio incarico di professore di istologia e patologia generale all'Università di Pavia. È, qualche settimana prima di Giosuè Carducci, il primo Italiano in assoluto a essere designato nel 1906, dall'Istituto Karolinska di Stoccolma, per l'assegnazione del Premio Nobel.[1]

Biografia

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Il Dott. Giorgio Sinigaglia, Primario Chirurgo degli Ospedali Civili di Brescia, nacque a Bozzolo (Mantova) il 20 maggio 1886 da Giacomo Sinigaglia e Giulia Vigevani. Suo padre era un direttore dell'agenzia fiscale governativa e suo nonno, come molti altri ebrei della regione, partecipò al movimento dell’ irredentismo, per il quale le autorità austriache lo perseguitarono. Nel 1910 Sinigaglia si laurea in chirurgia all'Università di Pavia, dove, durante il percorso di studi, collabora con Camillo Golgi, premio Nobel per la medicina, con il quale scoprì il virus responsabile della malattia del cimurro (morva caninae). Successivamente divenne direttore del Laboratorio Batteriologico di Bergamo, finalizzato alla lotta contro il colera. In seguito allo scoppio della Grande Guerra, decise di prendere le distanze dalla tanto agognata carriera universitaria per potersi arruolare volontariamente come sottotenente medico di complemento, il 2 settembre 1915, mentre durante la guerra italiana in Africa 1935-1937 venne inviato in zona di guerra in qualità di medico di riserva con il grado di capitano. Durante il regime fascista le leggi razziali misero a dura prova la sua vita, la sua professione e quella dei suoi figli. Per evitare le persecuzioni razziste Sinigaglia divenne membro del Partito Fascista nel 1932 e tre dei suoi quattro figli senza nome, di 14, 12 e 10 anni, furono iscritti alle organizzazioni giovanili fasciste. Nel 1938 si trasferì a Milano per far frequentare le scuole ebraiche ai figli, essendo stato loro interdetto frequentare quelle pubbliche. In quell’anno fu convocato presso la sede di Milano dell’Ospedale “Fatebenefratelli” e qui fu autorizzato ad aprire un laboratorio di analisi all’interno della struttura ospedaliera, dove portò tutte le attrezzature che possedeva e che utilizzava presso il suo domicilio bresciano, in Via Leonardo da Vinci: autoclavi di sterilizzazione, centrifughe, microtomo, microscopio e provette. Da quel momento l’Ospedale milanese si rese autonomo e non utilizzò più laboratori esterni, ma l’attività ebbe breve durata perché, circolando voci sulla presenza di un estraneo, l’Ospedale per evitare ispezioni fu costretto a sospendere tutto.Come addetto batteriologo al Comando Supremo, fu trasferito in vari Ospedali da Campo tra cui all’Ospedale di Tappa di Brescia. Si stabilì in quella città e nel 1921 assunse il ruolo di reggente chirurgo presso l’Ospedale Civile di Brescia. Nello stesso anno, per meriti di guerra fu nominato Cavaliere della Corona d’Italia. Sempre nel 1932 fondò e diresse, fino al 1943, senza compenso, la sezione provinciale di Brescia dell'Associazione Nazionale Volontari Donatori di Sangue (AVIS), con l’approvazione delle autorità politiche, riuscendo a convivere con il regime fascista. In quegli anni la sezione contava 175 iscritti. Oltre a gestire questa attività, il dottor Sinigaglia viene ricordato per aver lavorato anche come batteriologo del Comune di Brescia e della Provincia, conseguendo numerosi attestati di merito dalle amministrazioni locali. Fu richiamato in servizio dalle Autorità Militari il 7 giugno 1935 con la qualifica di capitano medico per esigenze legate alla campagna di guerra dell’Africa Orientale, congedato poi nel 1937. Nel 1956 all’atto del congedo, del titolo di primario chirurgo emerito; nonché l’assegnazione di una seconda medaglia d’oro da parte di Avis quale pioniere dell’emotrasfusione, avendo egli, fino dal 1933, creato, organizzato e diretto in Brescia il primo nucleo di donatori di sangue.Fu anche membro della Commissione arbitrale di 1° istanza per gli infortuni agricoli e della Commissione per le controversie sulle pensioni per invalidità e vecchiaia. Si sposò nello stesso anno con Enrichetta Levi, figlia di un impiegato statale e nipote del capitano di fanteria Giuseppe Levi ed ebbe quattro figli. Morì il 7 aprile 1970. Dalla “Commemorazione” che il dottor Piero Bordoni tenne il 27 novembre 1970 presso l’Aula Magna degli Spedali Civili di Brescia durante la sesta seduta scientifica ordinaria della Società Medico Chirurgica Bresciana, poi pubblicata nel “Bollettino della Società Medico Chirurgica Bresciana” possiamo apprendere che:” il primario chirurgo Giorgio Sinigaglia è scomparso il 7 dello scorso aprile nel sacrario del suo Ospedale, circondato dai suoi Cari, soccorso dai colleghi, assistito da un piccolo gruppo di suore e di infermieri a Lui legati da lontani ricordi e confortato dalla presenza discreta di pochi vecchi amici.[…] Dimostrava un’intelligenza pronta e vivace, associata ad una certa riservatezza ed avrebbe attirato subito le generali simpatie se, avvicinandolo, non avesse poi rilevato un tratto brusco ed un carattere forte, autoritario e talvolta quasi violento, specie davanti all’ingiustizia ed al sopruso: atteggiamento che lasciava dapprima perplesso ed intimorito chi gli si accostava. Ma non soltanto i parenti e gli amici - verso i quali era prodigo d’affetto - ma il personale d’assistenza ed i malati stessi [...] ben riconoscevano il suo animo sensibile e buono [...] La sua era insomma una curiosa figura di medico burbero - benefico, che prestava la sua opera sapiente ed piuttosto rude, ma con cuore aperto. Ed io credo che quei facili sovvertimenti del carattere fossero legati alle sorti avverse della sua vita, a cominciare dal rimpianto dei ricusati laboratori pavesi di patologia nonché al rovello mai spento di una carriera scientifica a lui tanto congeniale, volontà stroncata verosimilmente da forze contrarie alla sua e alla giustizia; strani sovvertimenti del carattere inaspriti poi nel tempo del dramma razziale che lo tenne lontano per oltre sei anni dal suo reparto, che lo costrinse a disfarsi della casa e d’ogni suo avere ed a disperdere la famiglia in Italia e all’estero in cerca di salvezza, di un umile lavoro e d’un pane per sé e per i suoi. Tristi vicende della vita tribolata d’un uomo di virtù morali, professionali e civiche indiscusse, di un chirurgo d’alta dottrina e dalle rare doti tecniche, animato da uno spirito forte e da un senso di grande dignità, che rifuggì sempre dal compromesso e non piegò neppure alla lusinga di una abiura di comodo. Il primario chirurgo emerito Giorgio Sinigaglia che abbiamo modestamente”.

Attività scientifica

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Studi accademici e Ricerca sperimentale

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Durante gli anni accademici 1906-07, 1907- 06, 1906-09 è stato ammesso e inserito nel Laboratorio di Patologia Generale ed Istologia posto sotto la direzione del Prof. Camillo Golgi. Durante quel periodo di studi frequentò sempre il Laboratorio con grande assiduità e diligenza, acquisendo la possibilità di impadronirsi dei più fini metodi di ricerca istologica ed istopatologica, della tecnica delle ricerche di patologia sperimentale e di batteriologia. Del profitto che il Dott. Sinigaglia ha ricavato dal lavoro compiuto negli anni trascorsi nell' Istituto del Prof. Camillo Golgi, stanno a prova i risultati ottenuti negli esami di Patologia generale, di Istologia e di Microbiologia che furono da lui superati con il massimo dei punti (30/30 con lode). Del suo lavoro stanno inoltre a prova i risultati di alcune ricerche su argomenti speciali, che lo stesso Golgi decise di affidargli, data la sua notevole preparazione accademica. Il Dott. Sinigaglia infatti ha potuto mettere in evidenza alcune interessanti particolarità di strutture sui globuli rossi, che successivamente divennero oggetto di pubblicazione; inoltre si dedicò alla questione dei così detti ‘corpuscoli mobili del vaccino’ con risultati che successivamente verranno pubblicati dallo stesso Golgi. In tutto il tempo che il Dott. Sinigaglia ha trascorso nel presso l'istituto di Pavia, si è dimostrato un giovane serio ed appassionato allo studio ed alle ricerche scientifiche, meritevole di essere incoraggiato e favorito a proseguire sulla via che finora aveva percorso in modo così soddisfacente dal suo stesso professore. La competenza e l'abilità acquisita durante il percorso di studi, riuscirono ad emergere nel 1911, quando, in seguito alla laurea, lavorò e collaborò con lo stesso Golgi durante un’epidemia di colera, come possiamo leggere da quanto scritto da Golgi del giovane medico:” il dott. Sinigaglia con particolare cura ha coltivato gli studi di microbiologia nella Sezione batteriologica del mio Istituto, affidata al mio Assistente Prof. Negri, titolare di batteriologia in questo Ateneo. Il Dott. Sinigaglia ha potuto impratichirsi dei metodi della tecnica batteriologica tanto che, essendo stato dal Ministero dell’Interno Direzione Generale della Sanità, affidato al mio Istituto, in occasione dell’attuale invasione del colera, l’incarico del servizio batteriologico per una zona di 500 comuni ho assunto il Dott. Sinigaglia come batteriologo aggiunto nel mio Laboratorio, servizio che dalla fine di luglio u.s. al presente, egli disimpegna in modo che non potrebbe essere migliore. Se il Dott. Sinigaglia vorrà proseguire con l’operosità ed il trasporto all’apprendere fin qui dimostrati, prevedo per lui il più lusinghiero avvenire, in qualunque campo delle scienze mediche egli intenda dedicarsi.”

Attività militare

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Nel 1913, dopo un breve periodo trascorso a Pavia come assistente universitario, giunse a Modena, dove operò a fianco di Mario Donati nell’Istituto di Patologia speciale e poi in ruolo di suo assistente per tre anni in quello di Clinica chirurgica. In seguito allo scoppio della Grande Guerra, decise di prendere le distanze dalla tanto agognata carriera universitaria per potersi arruolare volontariamente come sottotenente medico di complemento, il 2 settembre 1915, chiedendo di essere inviato in zona di guerra. La sua richiesta venne successivamente accolta da parte dell’esercito e dunque venne arruolato come medico di riserva con il grado di capitano durante la guerra italiana in Africa 1935-1937.Come addetto batteriologo al Comando Supremo, fu trasferito in vari Ospedali da Campo tra cui all’Ospedale di Tappa di Brescia. Si stabilì in quella città e nel 1921 assunse il ruolo di reggente chirurgo presso l’Ospedale Civile di Brescia. Nello stesso anno, per meriti di guerra fu nominato Cavaliere della Corona d’Italia. Sempre nel 1932 fondò e diresse, fino al 1943, senza compenso, la sezione provinciale di Brescia dell'Associazione Nazionale Volontari Donatori di Sangue (AVIS), con l’approvazione delle autorità politiche, riuscendo a convivere con il regime fascista. In quegli anni la sezione contava 175 iscritti. Oltre a gestire questa attività, il dottor Sinigaglia viene ricordato per aver lavorato anche come batteriologo del Comune di Brescia e della Provincia, conseguendo numerosi attestati di merito dalle amministrazioni locali. Fu richiamato in servizio dalle Autorità Militari il 7 giugno 1935 con la qualifica di capitano medico per esigenze legate alla campagna di guerra dell’Africa Orientale, congedato poi nel 1937.


Le “Osservazioni sul cimurro” completano diverse sue ricerche sui virus filtrabili, nascondendo sotto modesto titolo un lavoro sperimentale davvero poderoso e importante, non solo per i tempi in cui venne condotto, ma sopratutto perché compiuto secondo rigorosi criteri scientifici. Infatti è un esempio di uno studio non circoscritto ad esclusive ricerche di biologia e di laboratorio, ma esteso al campo dell’anatomia patologica ed istologica in particolare, con riferimento al decorso clinico del male osservato nei cani d’esperimento e perfino con interessanti raffronti tra le lesioni presenti nei cani sperimentalmente contagiati di cimurro e quelle riscontrabili in altri animali e perfino nell’uomo, affetti da malattie varie, affini o similari (virali e batteriche). Il lavoro, riccamente illustrato a colori nei riguardi istologici, fu largamente recensito e citato dalla stampa medica anche straniera. Lo stesso Lustig nel 3° volume del classico trattato ricorda ed illustra le formazioni endocellulari descritte per la prima volta dal nostro e le battezza “corpuscoli del Sinigaglia”. L’altra pubblicazione “Un caso interessante di ermafroditismo” è il frutto di un esauriente studio, debitamente illustrato, di una complessa malformazione a carico esclusivo dei genitali di destra, con sviluppo e conformazioni regolari dei contro laterali, in un uomo sposato con prole. L’indagine anatomo-patologica e istologica permise di accertare la diagnosi di un assai raro ermafroditismo anatomico vero monolaterale, in un uomo sessualmente orientato in senso regolare, con caratteri morfologici, anche secondari mascolini e di normale “potentia coeundi et generandi”. Il lavoro infine “Un terreno di cultura aerobica per germi anaerobi” - redatto a conclusione di certi suoi studi sul carbonchio, sull’edema maligno, sul botulino e sul tetano è volto a risolvere il problema di poter disporre, per la cultura di germi anaerobi, di terreni i quali, come i similari usati per gli aerobi, siano fertili, di preparazione e conservazione facili, pronti per l’uso ed economici. Dopo diligenti indagini e sperimentazioni, risolve il problema addizionando ai tradizionali terreni per aerobi soltanto una giusta dose di pancreatina dal commercio. L’”habitus” del biologo lo dimostrò nelle stesse ordinarie manualità chirurgiche di sala operatoria e di medicazione, dimostrando una grande attenzione attribuita nel suo reparto al rispetto dell’asepsi che considerava irrinunciabile anche nell’esercizio della chirurgia settica: se non altro per ovviare ai danni delle superinfezioni o delle infezioni aggiunte. Criterio, questo, considerato allora almeno strano da coloro i quali , sbagliando, ritenevano ancora questa chirurgia di quasi esclusivo dominio dell’antisepsi e di una ardita sieroterapia. Con questi criteri affrontò in modo egregio tutta la chirurgia settica, intesa nel senso più lato, ad esclusione soltanto di quella addominale, escogitando e perfezionando metodi e tecniche anche personali, specie nel trattamento delle affezioni pleuropolmonari, linfoghiandolari, osteo-articolari e perianali. Si occupò di studiare e curare pure le forme cancrenose, le settiche primitive eseguendo arditi “sbigliamenti” operatori associati a sieroterapia intensa.I risultati e le operazioni inerenti al campo della chirurgia estetica si limitano alla pratica di innesti e trapianti autoplastici, arditi per i tempi, ottenendo soddisfacenti risultati. In questo campo, si deve a lui l’ideazione e la felice esecuzione di trapianti di frammenti di cartilagine costale su trachee di ex crouposi, sedi di fistole postracheotomiche considerate definitive per “malacia” delle trachee stesse da prolungata permanenza della cannula; trapianti che permisero la definitiva chiusura delle stomie senza disturbi secondari né respiratori né fonici. La reputazione conquistata in tanti anni dal reparto e gli eccellenti risultati conseguiti dal primario, anche in casi ritenuti disperati, sono da attribuire all’abilità dell’operatore e all’osservanza dei principi dottrinari di patologia in generale e chirurgica, in particolare all’adempimento dei precetti dell’igiene ospedaliera, specie nei riguardi della separazione dei malati secondo criteri nosologici, in gran parte attribuiti proprio ad un ragionevole rispetto dell’asepsi diretta ad escludere soprattutto temibili superinfezioni.