Utente:Mirkostangherlin/Sandbox

SIMEC

SIMEC S.p.A. è una società italina che produce macchine per la lavorazione della pietra. L'azienda ha sede a Castello di Godego in provicia di Treviso. Conta svariati punti di assistenza autorizzati nel Mondo, tra i quali la Simec do Brasil nello stato di Espirito Santo in Brasile.

Storia

E' stata fondata il 1° Febbraio 1969 da Ampelio Stangherlin, attuale Presidente della società.

Tra il 1968 e il 1969, appena prima della nascita di SIMEC, il panorama tecnologico delle macchine per la lucidatura delle lastre di marmo era costituito da due sole tipologie di prodotti: il manettone, una testa lucidante azionata da un motore elettrico e governata manualmente dall’operatore, che la spostava centimetro dopo centimetro su tutta la superficie del materiale, e la lucidatrice a ponte, un sistema più evoluto, costituito da un basamento in cemento, sul quale stazionavano le lastre, e da una struttura a ponte collocata su binari, sulla quale trovavano posto 1 o 2 teste lucidanti, azionate da motori elettrici. La dimensione delle lastre non superava di solito i 150 cm di larghezza e i 200 cm di lunghezza. Il movimento combinato longitudinale del ponte, quello trasversale dei mandrini e quello rotativo delle teste, permetteva nell’arco di alcune ore di lavoro, di levigare tutta la superficie della lastra.

Si trattava in entrambi i casi di soluzioni caratterizzate da produttività ridottissimeche raggiungevano, nella migliore delle ipotesi, le 2-3 lastre al giorno. Tra le aziende migliori dell’epoca, a detta di Ampelio, c’era la Minali di Bergamo, famosa per la qualità delle sue lucidatrici. Anche in quelle macchine, però, c’era il problema della mancanza di validi sistemi di regolazione della pressione dei piatti lucidanti. Qualche produttore aveva tentato di realizzare dei sistemi idraulici che mettevano in pressione la testa, ma con risultati non eccellenti. Si trattò dapprima di rudimentali sistemi con pesi e contrappesi che agivano sulle teste, più avanti di pistoni ad olio che, attraverso sistemi a molla, operavano sui piatti epicicloidali. Non c’era però alcun tipo di controllo della pressione e, in più, l’evidente svantaggio di non autoregolarsi durante il processo di lavorazione.

La risposta, ne era certo, era ideare una macchina completamente nuova, diversa da qualunque altra presente sul mercato, caratterizzata dalle migliori soluzioni ma economica e accessibile a tutti i laboratori. Pensò quindi di equipaggiare la lucidatrice SIMEC con un sistema a nastro trasportatore. In questo modo la lastra non avrebbe poggiato staticamente su un piano di cemento ma sarebbe stata trasportata longitudinalmente da un nastro gommato lungo il suo percorso di lavorazione. La regolazione delle velocità si sarebbe ottenuta con un sistema a cinghie, concettualmente simile a quello impiegati su alcuni trapani. Con questa soluzione il ponte non avrebbe avuto bisogno di traslare longitudinalmente e la macchina sarebbe risultata molto più precisa e robusta. Il movimento trasversale del ponte sarebbe invece avvenuto per mezzo di un sistema a biella e manovella, anche questo con regolazione della velocità a cinghie e possibilità di variare l’escursione di movimento modificando la posizione dell’eccentrico. Avrebbe impiegato 4 motori, di cui 3 per azionare a coppie 6 mandrini lucidanti e 1 per il mandrino calibratore, in modo da risultare particolarmente economica.

Dovendo escogitare una soluzione innovativa per regolare la pressione dei piatti lucidanti per la propria lucidatrice, Ampelio ne ipotizzò inizialmente una basata su molla a cricchetto, azionata manualmente da una leva per ogni mandrino. Con questo sistema l’operatore avrebbe potuto regolare, a determinati intervalli, ogni piatto porta abrasivi, abbassando la leva di un dente e regolando in questo modo la tensione della molla in relazione al consumo degli abrasivi. Benché laborioso, il sistema sarebbe risultato flessibile e avrebbe permesso all’operatore di aumentare a piacimento la pressione delle teste, facendo scattare uno, due o anche tre denti del sistema a cricchetto. A farlo desistere dal portare avanti questa soluzione fu la consapevolezza che si sarebbe trattato dell’ennesima soluzione empirica, nella quale non ci sarebbe stato modo di misurare il carico esercitato dalle teste lucidanti.

Cominciò allora a prendere in considerazione dei dispositivi che avevano appena iniziato ad affacciarsi sul mercato: i pistoni pneumatici. Si trattava di soluzioni che, seppur più molto più costose rispetto alle varianti meccaniche, offrivano vantaggi esclusivi, tra cui la precisione di regolazione della pressione alla quanto tanto teneva. Ampelio apprezzò da subito i sistemi Westinghouse che, a suo giudizio, rappresentavano la migliore e più affidabile soluzione disponibile sul mercato.

SIMEC fu tra le primissime aziende ad adottarli, introducendo anche il concetto dell’albero scorrevole all’interno del mandrino. Grazie a un pistone pneumatico, collocato al centro di ogni mandrino, risultava possibile impostare, con una certa precisione e in modo stabile, la pressione esercitata sui piatti lucidanti, senza necessità di eseguire continue regolazioni dovute al consumo degli abrasivi. Con grande caparbietà ed entusiasmo il giovane Ampelio superò, nell’arco di pochi mesi, le tante difficoltà tecniche ed economiche che avrebbero potuto impedire a una piccolissima officina di realizzare qualcosa di così straordinario da produrre un cambiamento epocale nel mondo della lucidatura.

Ampelio costruì, praticamente da solo, la prima lucidatrice SIMEC. Si trattava di una macchina stretta, in grado di operare su filagne di larghezza massima 400 mm, equipaggiata con piatti porta abrasivi da 300 mm, che, grazie alle numerose innovazioni adottate, vantava un produttività senza precedenti e un prezzo abbordabile. La prima fu venduta, non appena completata, al prezzo di 3.800.00 lire. Solo pochi giorni dopo la sua consegna, ne fu subito venduta una seconda al prezzo di 4.200.000 lire.


Collegamenti esterni

Sito ufficiale su simec.it.

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