CAMPANA, Giovanni Paolo di Domenico Caccamo - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 17 (1974)

Condividi CAMPANA (Campani, Campanus), Giovanni Paolo. - Nato a Reggio Emilia il 25 genn. 1540, entrò nella Compagnia di Gesù il 15 sett. 1563; studiò al Collegio romano dialettica, fisica e metafisica, per insegnarvi poi grammatica. Il 12 sett. 1568 fece la professione dei tre voti solenni, dedicandosi agli studi di teologia. Il 7 maggio 1570 fu destinato presso il collegio di Praga con le funzioni di maestro dei novizi, confessore del collegio, predicatore della colonia italiana. Tre anni più tardi, deciso dal provinciale d'Austria il trasferimento dei novizi da Praga a Brno, il C. si stabilì anch'egli in Moravia; il suo prestigio crebbe notevolmente, se il 7 nov. 1574 fu richiamato a Praga quale rettore del collegio. Seguirono anni di intensa attività: nel 1575 fu fondata la congregazione italiana di Praga; nel 1577 fu iniziata la costruzione della nuova chiesa di S. Salvatore, con il contributo di nobili benefattori, di alcuni membri della famiglia imperiale e dello stesso Rodolfo II; sempre nel 1577 fu introdotta la pratica degli esercizi spirituali. All'iniziativa del C., infine, la tradizione gesuitica attribuisce l'insegnamento della lingua ceca e del catechismo in ceco agli allievi del collegio praghese.

Ma l'espansione della Compagnia nella Boemia protestante continuava a urtare contro gravi ostacoli: "Coelum hoc valde sterile est, aut si quos profert, perpaucos ad maturitatem producit". Per rinsaldare la compagine dei gesuiti in Boemia era necessario far ricorso ai novizi della vicina provincia polacca, che si trovava, invece, in piena fioritura: "Etiamsi provincia illa sit ab hac nostra divisa, filiam tum se huius agnoscat et sterili matri turbam nepotum de sua fertilitate communicet" (il C. a E. Mercurian, Praga, 31 ott. 1576, in Arch. Romanum Soc. Iesu, Germania 137, ff. 387r-388v). Se scarseggiavano i novizi, il numero degli alunni era invece in aumento (allo stesso, Praga, 4 marzo 1577, Ibid., Germania 138, f. 128rv); anche il prestigio della Compagnia ed i progressi nell'opera di conversione apparivano soddisfacenti: "Contionibus proficitur non parum. Occupamur magis quam unquam antea sacris administrandis. Iam liberius ad carceres ire permittimur" (allo stesso, Praga, 5 genn. 1580, Ibid., Germania 158, ff. 16r-17v).

In questa situazione di difficoltà e contrastati successi, presero a verificarsi gravi disordini nella vita interna del collegio: alcuni studenti rifiutarono l'obbedienza, mentre analoghi incidenti si ripeterono, a qualche distanza di tempo, fra gli alunni pontifici. L'autorità del C. ne soffrì molto, tanto che il 25 apr. 1580 egli si dimise e abbandonò Praga, per tornare al suo precedente ufficio di istitutore dei novizi a Brno. Ma appena un anno più tardi nuove prospettive si aprirono alla sua attività. Nel marzo 1581 si trovava a Praga il padre Antonio Possevino, legato del pontefice in Moscovia; il C., fatta la professione dei quattro voti solenni, fu destinato, con altri fratelli chiamati da Brno, a coadiuvare il Possevino nella sua opera.

Nessuno di quei cinque gesuiti era polacco o lituano, poiché la presenza di un suddito del Báthory avrebbe urtato lo zar e compromesso ogni accordo. Nel luglio raggiunsero Polock, dov'era accampato il re di Polonia. Gli obiettivi della missione affidata al Possevino erano la conclusione di una tregua fra Polacchi e Moscoviti, ma anche l'avvio di trattative in vista dell'unione religiosa: al C. erano note le difficoltà dell'impresa e l'ostilità preconcetta dei Polacchi; ma il desiderio di pace, nutrito da entrambe le parti in lotta, gli sembrava di buon auspicio. Abbandonata il 2 agosto l'ultima fortezza del Báthory, i cinque religiosi entrarono senza alcuna scorta nel territorio al margine dei due eserciti in lotta; solo il 4 agosto s'incontrarono con un gruppo di cavalieri moscoviti, che li accompagnarono fino a Smolensk.

Nella sua relazione al generale dell'Ordine, C. Acquaviva, scritta immediatamente dopo il ritorno in Polonia, il C. alterna apprezzamenti positivi sulla vita severa del clero ortodosso, la quantità dei monasteri e la dignità dell'arte sacra, a giudizi critici sul livello generale di cultura, nonché sulla mancanza di consuetudine alla preghiera mentale e orale, che non sia mera invocazione. Vi sono anche cenni sulle dure condizioni di vita degli strati inferiori, il potere autocratico del sovrano, l'assoluta sottomissione della nobiltà. Sebbene l'opera di conversione gli sembri tutt'altro che facile, la prospettiva missionaria esercita sull'animo del C. un potente fascino; all'entusiasmo evangelizzatore per le regioni settentrionali si aggiunge la ricerca di una via terrestre per l'Estremo Oriente, dove già opera felicemente la Compagnia, più breve e sicura della navigazione oceanica.

Il 30 agosto i cinque religiosi furono ricevuti da Ivan IV. Fu quindi stabilito che Antonio Possevino avrebbe fatto da intermediario fra lo zar e Stefano Báthory, viaggiando fra Smolensk e Polock; che Stefan Drenocky, originario della diocesi di Zagabria e quindi in grado di intendere in qualche modo la lingua russa, sarebbe rimasto presso il Moscovita; che lo stesso C., "ut semper infirmus frigorumque horum impatiens", avrebbe riferito personalmente al pontefice i primi risultati della missione. Il 5 ott. 1581 il Possevino e il C. erano di ritorno a Polock. Ma qui giungeva inattesa la nomina di quest'ultimo a provinciale di Polonia; cessava la stretta collaborazione dei due confratelli e si apriva un nuovo campo di attività al gesuita emiliano.

La nomina del C. cadeva in un momento particolarmente favorevole per l'espansione dell'Ordine in Polonia e in Transilvania, dove Stefano Báthory era ben disposto verso i gesuiti e deciso a sfruttarne l'attività ai propri fini, per l'incremento del sistema scolastico e della cultura. Solo pochi anni prima il Báthory aveva elevato la scuola gesuitica di Vilna al rango di accademia, autorizzandovi l'insegnamento della teologia e della filosofia ed equiparando i gradi da essa conferiti a quelli dell'università di Cracovia; inoltre la Dieta di Transilvania - sebbene dominata da elementi protestanti - aveva approvato su richiesta del Báthory la fondazione di scuole gesuitiche nel principato, aprendo all'Ordine le città di Cluj e di Alba Iulia.

I primi anni del provincialato del C. furono ricchi di successi sul territorio della Corona polacca. L'Ordine si affacciò sul Baltico con il collegio di Riga e la residenza di Dorpat; inoltre prese possesso della chiesa di S. Barbara a Cracovia ed aprì i collegi di Lublino e di Kalisz. A questo punto le cure del provinciale si volsero alla Transilvania: nel dicembre 1583 egli si pose in viaggio per Alba Iulia e nel febbraio diramò le prime notizie sulle prospettive che si aprivano in quei luoghi.

Elementi siculi (szekelyek), cattolici, non avevano indugiato a porsi in contatto con lui, e altrettanto avevano fatto anche sudditi cristiani del Turco. Si poneva ora il dilemma se rafforzare le posizioni già acquisite, o lanciarsi verso nuovi obiettivi. "O Dio, quante dimande solenni mi vengono fatte fin da Turchia, nonché da sette o otto luoghi di qua! Ma uomini non tengo, se non voglio lasciare il proprio per lo appellativo". Contemporaneamente il provinciale avviò una sottile opera di persuasione nell'ambiente degli italiani esuli per motivi di coscienza, rifugiati alla corte transilvana, ormai delusi e vacillanti nelle loro convinzioni: "Ho cominciato una tresca spirituale col Squarcialupi... Non sta lontano dal bene. Il Biandrata, poi, si mostra più amico di noi che di Cristo... Non si lascia peranco toccare il polso interiore" (il C. ad A. Bolognetti, Alba Iulia, 10 febbr. 1584, Docc. Romana Hist. S. I., III, pp. 383-384).Anche al Possevino comunicava di aver ricevuto visitatori dalla Transilvania stessa, dalla Valacchia, dalle regioni ungheresi sottoposte al Turco, latori di notizie incoraggianti perfino dalla Bulgaria e dalla Serbia, "Quid opus est" - esclamava - "quaerere Indias!" (Alba Iulia, 7febbr. 1584, ibid., pp. 374-377).

Frattanto il C. coltivava i buoni rapporti col nunzio apostolico, a differenza del Possevino che era entrato con lui in aperto contrasto. Il C. poté invocare la mediazione del Bolognetti presso re Stefano, che pretendeva la fondazione di più collegi, mentre il generale Acquaviva - come del resto egli stesso - era contrario ad una pericolosa dispersione di forze (Mon. Poloniae Vat., VII, pp. 281-283, 506-508, 672: vedi anche la memoria del C., Quid regi Poloniae pro iuvanda domo probationis Cracoviensi propositum sit, 26 giugno 1586, in Arch. Romanum Soc. Iesu, Germania 166, f. 371r). Dal canto suo, il nunzio sembrava persuaso di poter contare sul provinciale nel suo contrasto col Possevino, la cui attività si faceva sempre più personale e difficilmente controllabile (vedi la memoria del Bolognetti Conti privati contro il padre Possevino, Mon. Poloniae Vat., VII, p. 752). La morte di Stefano Báthory chiuse il periodo più felice dell'attività del C. in Polonia e in Transilvania. Egli non tardò ad esprimere perplessità e timori per l'estinzione della linea di successione e per l'interregno che si era aperto; paragonata la situazione della Polonia a quella del Belgio, egli prevedeva un momento difficile per la Compagnia (il C. a C. Acquaviva, Vilna, 15 dic. 1586, in Arch. Romanum Soc. Iesu, Germania 168, f. 68r). Comunque, partecipò alle vicende per l'elezione del nuovo sovrano, assumendo lo stesso atteggiamento filoasburgico del nunzio Annibale da Capua e, quindi, differenziandosi ancora una volta nettamente dall'amico e collaboratore Possevino (il C. a C. Acquaviva, Jarosław, 4 ott. 1587, ibid., f. 1rv). Più tardi, salito al trono Sigismondo III Vasa nonostante gli sforzi del partito asburgico e del legato, egli trovò il modo di conciliarsi il nuovo sovrano, di salda fede cattolica: anzi elaborò un progetto, approvato dal re ma poi non realizzato, per la fondazione di un'accademia poliglotta a Dorpat, intesa all'espansione missionaria nell'Europa settentrionale (Livonia, Estonia, Curlandia, Svezia e Danimarca).

Dopo un'attività così intensa, rimane oscuro il motivo dell'improvviso richiamò del Campana. Bisogna considerare, però, che le fortune dell'Ordine in Transilvania erano state troncate negli ultimi tempi, con il decreto di espulsione del 1588. Un'ondata di reazione contro l'attività dell'Ordine si era prodotta anche in Polonia: tra i suoi frutti fu la pubblicazione, nel 1590, dell'anonima Equitis Poloni in Iesuitas actio prima. L'anno seguente, tra la fine di maggio e il principio di giugno, gravi episodi di violenza sconvolsero la tregua religiosa: studenti delle accademie gesuitiche furono implicati nella distruzione dei templi acattolici di Cracovia e di Vilna. Il richiamo improvviso del provinciale cade in queste circostanze, nel settembre 1591.

Acuto conoscitore dei suoi collaboratori, ma non sempre generoso nel giudizio (Docc. Romana Hist. S. I., III, p. 163; Arch. Romanum Soc. Iesu, Germania 160, ff. 68r, 95rv; Germania 167, f. 359v), severo organizzatore degli studi nelle scuole dell'Ordine, tanto che Stefano Báthory giudicava opportuno raccomandargli la "lenitas" verso gli studenti (Załęski, IV, 1, p. 240), il C. si era distinto per la sicura intuizione della realtà ed il prudente comportamento. Aveva previsto fin dall'inizio il malcontento che la fondazione di un'accademia a Cracovia avrebbe sollevato in tutta la Polonia colta, e cercato i mezzi opportuni per evitarlo (il C. a C. Acquaviva, Braunsberg, 15 luglio 1582, Arch. Romanum Soc. Iesu, Germania 160, ff. 102r-103v; allo stesso, novembre 1583. Ibid., Germania 161, f. 304r); aveva sempre preferito concentrare le risorse disponibili sulle posizioni già acquisite, anziché disperderle inutilmente.

Richiamato dalla Polonia, il C. esercitò per breve tempo le funzioni di assistente di Germania, fino all'arrivo del nuovo titolare dell'ufficio. Certamente già logorato nelle forze, raggiunse Roma dove morì a distanza di pochi mesi, il 27 apr. 1592, nella casa dei professori.

Fonti e Bibl.: Il carteggio del C. è stato pubblicato frammentariamente: vedi Báthory et Possevino. Documents inédits sur les rapports du Saint-Siège avec les Slaves, a cura di P. Pierling, Paris 1887, pp. 107-109; Epistolae et acta Iesuitarum Transylvaniae temporibus principum Báthory (1571-1613), II, in Fontes Rerum Transylvanicarum, II, Koloszvár-Budapest 1913, ad Ind.; Alberti Bolognetti Epistolae et acta 1581-1585, a cura di E. Kuntze-C. Nanke, in Monumenta Poloniae Vaticana, V-VII, Cracoviae 1923-50, passim; I. P. Campani Relatio de itinere Moscovitico, a cura di A. M. Ammann, in Antemurale, VI (1960-61), pp. 1-85 (è una lettera del C. a Claudio Acquaviva, Polock, 11 ott. 1581). La descrizione della Moscovia inserita nelle Annuae litterae del 1582, più tardi ripubblicata in Antonii Possevini Missio Moscovitica ex annuis litteris Societatis Iesu excerpta, a cura di P. Pierling, Parisiis 1882, pp. 59-87, non è altro che un estratto delle notizie di carattere etnologico e politico sparse in questa relazione del C., concepito e ordinato in modo tale da porre in rilievo il dispotismo dei granduchi moscoviti, la condizione servile della nobiltà, il carattere strumentale della religione ai fini dell'autorità politica; A. M. Ammann, Ein russischer Reisebericht aus dem Jahre 1581, in Ostkirchliche Studien, X (1961), pp. 156-195, 283-300 (traduzione tedesca della relazione sopra citata); Documenta Romana historiae Societatis Iesu in regnis olim corona Hungarica unitis, a cura di L. Lukcás-L. Polgár, III, Romae 1965, ad Ind. Un elenco delle lettere, ancora in buona parte inedite, del C. ai generali dell'Ordine Everardo Mercurian e Claudio Acquaviva, soprattutto dalla Boemia e dalla Polonia (1570-91), si trova in Archivum Historicum Societatis Iesu, catalogo Hafner. Per la biografia del C., oltre alle fonti già citate, vedi Historica Russiae Monumerita. Supplementum, Petropoli 1848, pp. 388-403; Epistolae et acta Iesuitarum Transylvaniae, I, Koloszvár-Budapest 1911, ad Ind.; A. Possevino, Transilvania (1584), a cura di A. Veress, in Fontes Rerum Transylvanicarum, III, Koloszvár-Budapest 1915, pp. 198-199, 208; I. A. Caligarii Epistolae et acta 1578-1581, a cura di L. Boratyński, Cracoviae 1915, pp. 725, 843; Documenta Romana Historiae Societatis Iesu, II, Romae 1965, p. 119; Monumenta antiquae Hungariae, a cura di L. Lukács, in Monumenta historica Societatis Iesu, CI, Romae 1969, pp. 621 s. Ma dati essenziali e più numerosi sono contenuti nei fondi dell'archivio romano della Compagnia, elencati in Arch. Romanum Societatis Iesu, schedario "curricula vitae" (note di L. Lukács, J. Teschitel, P. Fejér). Per la letteratura sul C., vedi Ibid., Sacchini Historia Societatis, 85, I, ff. 98v-99r (breve necrologio del C.); F. Sacchini, Historia Societatis Iesu, IV, Romae 1652, pp. 13, 224; V, ibid. 1661, pp. 20, 24-25, 180-186, 246, 514 s.;A. Socher, Historia Provinciae Austriae Societatis Iesu, I, Viennae 1740, pp. 188, 262-265; J. Schmidl, Historia Soc. Iesu Provinciae Bohemiae, I, Pragae 1747, passim;S.Rostowski, Lituanicarum Societatis Iesu historiarum libri decem, a cura di J. Martinov, Parisiis-Bruxellis 1877, pp. 90-92, 109-110, 115-120 e passim;P. Pierling, La Russie et le Saint-Siège, II, Paris 1897, pp. 68 s. e passim;S.Zaleski, Jezuici w Polsce (I gesuiti in Polonia), I, Lwów 1900, pp. 366, 371-373, 690-691; IV, 1, ibid. 1905, pp. 240, 258-260, 380, 426, 563; B. Duhr, Geschichte der Jesuiten in den Ländern deutscher Zunge im XVI. Jahrhundert, Freiburg im, Br. 1907, pp. 436 s.; A. Kroess, Geschichte der Böhmischen Provinz der Gesellschaft Jesu, I, Wien 1910, passim; V. Biró, La politique religieuse et scolaire d'Etienne Báthory en Transylvanie, in Etienne Batory roi de Pologne prince de Transylvanie, a cura delle Accademie polacca e ungherese, Cracovie 1935, pp. 47-70; T. Glemma, Le catholicisme en Pologne à l'époque d'Etienne Batory, ibid., pp. 335-374; S. Bednarski, Campani Jan Pawel, in Polski Słownik Biograficzny (Dizionario biografico polacco), III, Kraków 1937, pp. 196 s.; J. Ostrowski, Campani, Jean Paul, in Dictionnaire d'Histoire et de Géographie Ecclésiastique, XI, Paris 1949, coll. 627 s.; S. Polčin, Une tentative d'union au XVIe siècle: la mission religieuse du père Antoine Possevin S. J. en Moscovie (1581-82), Roma 1957, pp. 13, 17, 18; L. Szilas, Der Jesuit Alfonso Carrillo in Siebenbürgen 1591-1599, Roma 1966, pp. 6, 13, 14, 153; M. Scaduto, Catalogo dei gesuiti d'Italia 1540-1565, Roma 1968, p. 25.