Traduzione giuridica modifica

Secondo la definizione di Deborah Cao (2010), la traduzione giuridica è un tipo di traduzione specializzata o tecnica che richiede l’uso di un linguaggio specifico, in questo caso proveniente dall’ambito giuridico e legale. Si occupa di tradurre testi legali da una SL (Source Language o lingua di partenza) ad una TL (Target Language o lingua di arrivo) e in particolare prende in considerazione la traduzione di statuti nazionali, trattati internazionali, documenti legali privati, opere di studiosi del diritto e di giurisprudenza. La funzione del testo di partenza può essere prescrittiva (es. leggi, regolamenti, codici, contratti ecc.), sia prescrittiva che descrittiva (es. decisioni giudiziarie), oppure esclusivamente descrittiva (es. opere degli studiosi). Lo scopo del testo di arrivo può essere normativo, informativo, legale o giudiziario.

La traduzione giuridica è una grande sfida per i traduttori in quanto la lingua giuridica non è universale, ma fortemente caratterizzata da aspetti culturali. Deborah Cao (2010) afferma, infatti, che le maggiori difficoltà della traduzione legale nascono proprio dall'assenza di equivalenze nella terminologia giuridica in quanto è legata al diritto vigente nelle rispettive società.[1] Il traduttore, quindi, prima di tradurre un testo giuridico è portato a svolgere delle ricerche e degli studi facendo attenzione alla terminologia e ai fondamenti dell'ordinamento giuridico vigente nella società della lingua di partenza e di quella di arrivo.[2] Quindi, non si tratta solo di saper tradurre adeguatamente i termini giuridici in un'altra lingua, ma vengono richieste altre specifiche conoscenze.[3] Maurizio Viezzi[4] afferma, infatti, che durante la traduzione di testi legali, il traduttore debba adottare un approccio multidisciplinare, cioè che si interessi non solo dell'aspetto linguistico, ma anche storico e sociale del testo. Di fondamentale importanza è per cui una dettagliata analisi preliminare dei testi e della terminologia giuridica.

Giuliana Garzone riporta la divisione fatta da E. Phillips Oppenheim che distingue i testi giuridici in due categorie. La prima categoria riguarda gli enunciati del diritto (sentences of law) che hanno validità giuridica, cioè danno luogo al diritto. In questa categoria sono compresi i testi giuridici e legislativi. Nella seconda categoria rientrano invece tutte le cosiddette semplici affermazioni sugli enunciati del diritto (statements about sentences of law), ovvero tutti i metatesti che hanno come oggetto il diritto o ne propongono un’illustrazione o un commento. Tra questi vi sono i testi accademici, ovvero pubblicazioni specializzate (come saggi e manuali), e pubblicazioni non specializzate (come, per esempio, la stampa)[5].

Inizialmente, la traduzione di documenti e testi giuridici non prevedeva l’adattazione del testo di arrivo, bensì il risultato che si otteneva era più quello di un glossario nella lingua di arrivo del testo di origine. Tuttavia, tra il XIX e XX secolo fu introdotto il cosiddetto “co-drafting” che consisteva nella scrittura simultanea di testi paralleli che avessero lo stesso contenuto, scopo ed effetti. Il concetto dell’equivalenza giuridica (legal equivalence) fu dunque preso in considerazione, portando finalmente alla scrittura di testi giuridici che tenessero conto della specificità della lingua del diritto e dei suoi aspetti pragmatici.

A partire dal 1980, grazie agli approcci descrittivisti e funzionalisti che vedevano il testo tradotto come un fatto della cultura d'arrivo, le cose iniziarono a cambiare e la cultura del testo di arrivo iniziò ad essere presa in considerazione. Secondo Garzone, si può affermare che il principio dell’equivalenza giuridica è applicabile in quei casi in cui i testi che hanno validità giuridica debbano essere tradotti in un’altra lingua, ottenendo un testo altrettanto autentico. Quando invece la traduzione non ha l’intento di preservare la forza giuridica del testo fonte, allora il traduttore non è fortemente vincolato a rispettare l’equivalenza giuridica.[5]

La traduzione di testi giuridici può risultare molto complessa considerando che non solo è necessario produrre un testo di arrivo che sia giuridicamente equivalente al testo originale sia dal punto di vista degli effetti che dello scopo, ma è anche presente una necessità di ottenere un testo che sia comprensibile dal punto di vista della concordanza interlinguistica. Garzone richiama le parole del traduttore e linguista Gideon Toury, sottolineando che per diventare degli ottimi traduttori, gli studenti devono imparare dai loro errori e continuare ad esercitarsi e leggere testi giuridici per avere sempre più familiarità con i testi e saperli tradurre appropriatamente.[5]

Per elencare alcune difficoltà, Viezzi prende come esempio la traduzione dall'inglese all'italiano e afferma che, se da un lato esistono termini che hanno un'esatta corrispondenza tra la lingua di partenza e quella di arrivo, altri termini, invece, non hanno nessuna corrispondenza, per cui subentra la necessità di interpretazione dei termini. Ciò che un traduttore deve fare nel caso in cui debba tradurre testi giuridici è capire cosa l'autore del testo di partenza intende comunicare e riformulare il contenuto nella lingua e per il pubblico di arrivo; guardare cioè non troppo all'aspetto semantico, ma piuttosto alle reali finalità del testo, in modo tale che entrambi i testi comunichino lo stesso oggetto sia nella lingua di partenza che in quella di arrivo.[6]

Giuliana Garzone, invece, ritiene più utile dal punto di vista accademico concentrarsi inizialmente sugli aspetti strettamente linguistici, pragmatici e comunicativi della traduzione giuridica, adottando un approccio comparativo. Gli studenti si concentreranno quindi sull’analisi di testi autentici già tradotti e pubblicati, partendo prima dai testi giuridici internazionali, per arrivare infine ai testi generati all’interno di uno specifico sistema giuridico, di complessità maggiore. Secondo Garzone infatti, nel caso in cui un testo sia stato redatto in sede sovranazionale è più probabile si originino neologismi o esempi di equivalenza perfetta, mentre al di fuori di questa casistica è più facile trovare casi di “equivalenza parziale”, in cui i concetti giuridici nelle diverse lingue si sovrappongono solo parzialmente.

  1. ^ (EN) Deborah Cao, Legal Translation, collana Handbook of Translation Studies, vol. 1, John Benjamins Publishing Company, 2010, p. 191.
  2. ^ Giuliana Garzone, Osservazioni sulla didattica della traduzione giuridico, in Tradurre le microlingue scientifico-professionali: riflessioni teoriche e proposte didattiche, Torino, UTET, 2007, p. 227.
  3. ^ Maurizio Viezzi, Introduzione alle problematiche della traduzione giuridica con particolare riferimento alla traduzione di testi in lingua inglese, Trieste, Edizioni LINT, 1994, p. 44, OCLC 499397386.
  4. ^ Maurizio Viezzi, Introduzione alle problematiche della traduzione giuridica con particolare riferimento alla traduzione di testi in lingua inglese, Edizioni LINT, 1994, pp. 16-17, OCLC 499397386.
  5. ^ a b c Giuliana Garzone, Osservazioni sulla didattica della traduzione giuridica, in Mazzotta Patrizia e Salmon Laura (a cura di), Tradurre le microlingue scientifico-professionali, UTET Università, 2007, p. 196-209, ISBN 9788860081407.
  6. ^ Maurizio Viezzi, Introduzione alle problematiche della traduzione giuridica con particolare riferimento alla traduzione di testi in lingua inglese, Edizioni LINT, 1994, pp. 35-38, OCLC 499397386.