(BOZZA) Linee guida / Toponimi italiani

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(1) Sono sempre da preferire i toponimi italiani laddove ufficialmente riconosciuti, indipendentemente dalla consistenza numerica della locale popolazione italofona.

La regola parte dal presupposto che laddove i toponimi italiani godono di ufficialità gli stessi sono sempre stati (o per effetto di tale ufficialità sono per forza diventati) di uso corrente nell'ambito della lingua italiana[1]. Il vantaggio di questa regola è che evita complesse analisi sulla composizione linguistica, combinando in un colpo solo i toponimi d'Italia, della Svizzera, della Slovenia e della Croazia in cui l'italiano - oltre che ufficiale - è tradizionalmente la lingua autoctona con quelli in cui l'italiano è (co-)ufficiale nonostante vi sia una presenza (piccola o grande che sia) di locutori di altre lingue.

(2) Sono sempre da preferire i toponimi italiani anche laddove non ufficialmente riconosciuti, qualora sia attualmente attestata una popolazione italofona autoctona (anche se minoritaria).

La regola vuole dare preferenza ai toponimi italiani autoctoni purché vi sia una attuale e comprovata residua presenza di parlanti italiano. L'aggettivo "autoctono" serve per escludere dal campo di applicazione di questo punto il caso dei luoghi di recente emigrazione italofona nel mondo. Il campo di applicazione è quello delle località dove non vige il bilinguismo, pur in presenza di un'apprezzabile presenza di locutori italiani (es. alcune località delle regioni costiere della Croazia, la cui presenza italofona può essere evinta dai dati di dettaglio del censimento croato del 2001).

(3) Nei rimanenti casi i toponimi italiani sono da utilizzare solo se tradizionalmente presenti e notevolmente stabilizzati nell'uso della lingua italiana e sempreché non siano da considerarsi desueti.

La regola classica della non desuetudine.

  1. ^ non necessariamente degli abitanti stessi, che per assurdo potrebbero essere anche 100% alloglotti, si pensi a certe località altoatesine