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Tweet come abuso amministrativo e paralleli wikipediani


Un "tweet" può essere considerato un atto amministrativo? di Morena Ragone mi ha fatto scoprire la succosa sentenza 00769/2015 (12 febbraio 2015) del Consiglio di Stato, alcuni passaggi apparentemente surreali della quale mi hanno fatto molto pensare alle dinamiche wikipediane.

Una dichiarazione pubblica di un ministro porta un comune a mettere in dubbio la correttezza/imparzialità/razionalità sua e dei suoi sottoposti, ma l'augusto organo abilmente si rifiuta di esprimersi sulla stessa, avendo già trovato altre ragioni per soddisfare il comune:

«in relazione alla parte di sentenza cha ha accolto il ricorso per eccesso di potere a seguito del “tweet” del Ministro, si deduce [...] che la comunicazione del Ministro sia di soli due giorni precedente rispetto ai provvedimenti di sospensione significa solo che il Ministro era a conoscenza della istruttoria [...] In realtà il Comune ha proposto appello incidentale senza qualificarlo oltremodo, chiedendo la riforma della sentenza nel punto in cui essa non ha ritenuto di annullare il “tweet” o “cinguettio” del Ministro, ma ne ha solo dedotto una spia di eccesso di potere, avendo gli organi statali avuto un ripensamento rispetto alle precedenti valutazioni soprattutto, o addirittura solo, per compiacere o per non discostarsi da posizioni pubblicamente assunte dall’autorità politica. La pretesa svolta nell’appello incidentale, ad opinione del Collegio, deve ritenersi pienamente assorbita dal confermato accoglimento della domanda di annullamento del ricorso originario, sicché è superflua [...]»

Questo mi ricorda le eterne discussioni sul valore in Wikipedia delle dichiarazioni/intenzioni/azioni avvenute altrove (ad esempio su un sito personale o social network), anche dette "off-wiki", e sulla punibilità delle medesime. L'argomentazione del comune è l'equivalente del sostenere che non si può "essere fessi" e presumere la buona fede anche laddove si hanno fondate ragioni di dubitare di tale buona fede.

Risulterà poi familiare a ogni wikipediano anche questo (grassetto mio):

«Risulta decisivo, al fine di ritenere che nessun reale travisamento vi sia stato né alcuna induzione in errore decisivo, il passaggio successivo in cui si sostiene «[...] anche in quanto privi del requisito dei settant’anni indispensabile per la sottoposizione a tutela ai sensi della parte II del d. lgs. 42/2004 e s.m.i.». Pertanto, la ragione [...] è assunta ad argomento ulteriore (“anche”), ma non già decisivo e quindi in grado di rilevare quale errore, della valutazione, come noto di regola insindacabile e rimessa alla sua discrezionalità tecnica, propria dell’amministrazione preposta a tutela.»

Mi riferisco a quei voti che ricordano il vecchio trucco della preterizione, voti che adducono una motivazione principale formalmente corretta ma di dubbia rilevanza ("Tizio abusò il tastino X quel giorno di dieci anni fa") e poi citano incidentalmente opinioni piú profonde ma teoricamente non valide come motivazione, insinuando però il dubbio che siano proprio quelle le vere motivazioni ("peraltro, Tizio nelle voci Y continua a cambiare l'aggettivo A nel suo contrario B").

Scherzava Jaqen qualche giorno fa che dovremmo infine dire che Wikipedia è una burocrazia: potremmo forse piú modestamente concludere, e avvisare gli utenti, che assomiglia molto a una burocrazia, colla sostanziale differenza che non c'è una gerarchia delle fonti o delle corti a cui fare ricorso contro una qualche decisione; e che si può capire molto del funzionamento di questa comunità leggendo le sentenze del Consiglio di stato, molto piú che in tanti studi sociologici che lasciano il tempo che trovano. :-) Nemo 11:42, 15 ago 2016 (CEST)[rispondi]

Una riflessione davvero profonda e concreta, alla quale mi sento di aggiungere solo "e i tablet nelle scuole dell'obbligo? Nessuno pensa ai tablet nelle scuole dell'obbligo?" --91.253.228.3 (msg) 12:40, 15 ago 2016 (CEST)[rispondi]