Il conclave del 1963 venne convocato a seguito della morte di papa Giovanni XXIII, avvenuta in Vaticano il 3 giugno dello stesso anno. Si svolse nella Cappella Sistina dal 19 al 21 giugno, e, dopo sei scrutini, venne eletto papa il cardinale Giovanni Battista Montini, arcivescovo di Milano, che assunse il nome di Paolo VI. L'elezione venne annunciata dal cardinale protodiaconoAlfredo Ottaviani.
Secondo l'opinione dei presenti, il conclave che si sarebbe aperto di lì a breve sarebbe stato un conclave duro a causa del Concilio Vaticano II, rimasto aperto e senza conclusione dopo la morte di papa Roncalli. Il concilio, infatti, apparve subito la vera discriminante per l'elezione. Per l'opposta ala conservatrice, guidata principalmente dai cardinali Giuseppe Siri, Alfredo Ottaviani e Giuseppe Pizzardo, infatti, il conclave poteva rappresentare l'ultima possibilità di invertire la strada innovatrice che il concilio stesso aveva intrapreso.
Dalla riunione di Frascati l'ala progressista - su impulso dei cardinali Frings e Liénart - decise di candidare Montini, ritenuto l'erede naturale del papa deceduto per le sue ferme convinzioni "conciliatrici",[2] ma che poteva anche essere un ponte con le esigenze dell'ala conservatrice all'interno del concilio, non essendo egli favorevole alle spinte innovatrici più estreme. Tale piano, tuttavia, fu contrastato dal cardinale iraqenoTappouni, il quale, d'intesa con i cardinali francesi, pensava di opporgli la candidatura dell'arcivescovo di GenovaGiuseppe Siri, che però, giunto a Roma a cose fatte, declinò l'invito, come da lui stesso dichiarato in una successiva intervista del 25 novembre 1987.[3]
Sulla persona del cardinale Montini in piena guerra fredda, peraltro, persistevano alcune "riserve politiche" espresse dal cancelliere tedescoKonrad Adenauer, per l'adesione dell'arcivescovo di Milano alla linea "giovannea" nei rapporti con il mondo comunista;[4] contrario era anche il dittatore spagnolo Francisco Franco, che sembra pregasse nella sua cappella privata affinché Montini non fosse eletto.[4] Tramite Luigi Gedda, anche il Presidente della Repubblica ItalianaAntonio Segni aveva fatto pervenire ai cardinali il suo dissenso alla candidatura Montini.[4]
La candidatura del cardinale armeno Gregorio Pietro Agagianian, già concorrente a quella di Roncalli nel conclave del 1958, sarebbe stata ostacolata dai servizi segreti italiani (il SIFAR), che ritenevano anch'egli troppo filo-russo. Secondo la rivista Trenta Giorni, infatti, il SIFAR, nell'imminenza del conclave, avrebbe trasmesso ai cardinali un dossier concernente i presunti legami tra la sorella del porporato, la settantenne Elizabeta Papikova, con il KGB, il servizio segreto sovietico, e un contatto da questa stretto con l'ambasciata sovietica durante una visita al fratello a Roma. Ciò sarebbe bastato a eliminare anche Agagianian dalla corsa al papato.[5][6]
La sera del 19 giugno 1963 gli ottanta cardinali entrarono nel conclave più numeroso fino ad allora mai convocato. Per essere eletti erano necessari 54 voti, pari ai due terzi del numero dei componenti il Sacro Collegio. Il blocco dei cardinali conservatori, guidati da Ottaviani e Siri, oppose una strenua resistenza all'elezione di Montini, tanto che le due fazioni si affrontarono per tutto il conclave, impossibilitati a scendere a un compromesso.
Secondo la ricostruzione del vaticanistaGiancarlo Zizola,[7] nelle prime due votazioni, la mattina del 20 giugno, Montini ottenne circa 30 voti; il candidato dei conservatori, Ildebrando Antoniutti, arrivò a circa 20, così come Giacomo Lercaro, candidato di rincalzo dell'ala progressista. Nella terza votazione, la prima del pomeriggio, i voti di Lercaro confluirono su Montini, che arrivò a 50, a soli 4 voti dalla maggioranza richiesta. Alcuni voti andarono anche al curiale Francesco Roberti.
Il partito conservatore, tuttavia, continuava a non essere intenzionato a far confluire su Montini i voti che gli mancavano per l'elezione e la fazione montiniana sapeva che sarebbe stato estremamente difficile guadagnarne di ulteriori. Poiché, oltre Montini, non era stato proposto nessun altro candidato in maniera seria, restava da insistere su di lui o metterlo da parte per cercare un nuovo candidato, forse proprio il cardinale Roberti, che sembrava il solo a poter rivestire il ruolo di candidato di compromesso.
Durante la pausa fra la terza e la quarta votazione del 20 giugno il cardinale Gustavo Testa si alzò in piedi, si avvicinò ai cardinali Carlo Confalonieri e Alberto di Jorio e, con voce abbastanza forte affinché tutti sentissero, chiese loro di adoperarsi in modo che le logiche dei blocchi fossero superate, votando per Montini.[8] La reazione dei cardinali variò dallo stupore, alla solidarietà, allo sdegno.[9] Dopo la quarta e la quinta votazione, Montini aveva guadagnato qualche voto, ma non aveva ancora raggiunto la quota necessaria per la sua elezione.
La mattina successiva, 21 giugno, dopo tre giorni di conclave, Giovanni Battista Montini venne eletto papa al sesto scrutinio, con 60 voti, e assunse il nome di Paolo VI. Un gruppo di 19 cardinali, fra cui Giuseppe Siri e Alfredo Ottaviani, mantenne fino all'ultimo il proprio rifiuto.
Nonostante tutto, l'elezione di Montini fu una delle più scontate del XX secolo, essendo stata prevista dalla maggior parte dei vaticanisti.
Cardinali alla morte di papa Giovanni XXIIImodifica